Non per sentito dire, ma perché direttamente testimone dei fatti, vi racconterò un breve aneddoto sul ragazzo di Kinshasa: Cristian Kampamy Kanyengele, il calciatore di “colore” giunto in riva al Tirreno in un’assolata mattinata di primavera.
Cristian stava arrivando da Roma con il sig. Ricci, un procuratore di giovani calciatori, nome a me sconosciuto fino a quel momento, e ad attenderlo presso il Ristorante “La Lanterna” di Piazza della Repubblica, oltre al presidente della società biancoceleste, Gianfranco Sciscione, alcuni uomini del suo staff operativo.
Espletata la fase delle presentazioni, la riunione si spostò all’interno del ristorante dei fratelli Cencia, dove era stato previsto anche un veloce pranzo di benvenuto.
Bruno Cencia, splendido anfitrione e tifoso biancoceleste, appena seduti fece giungere una “spasella” rigonfia di spaghetti da dividere tra tutti i commensali, che proprio a tutti non arrivarono, perché il giovane zairese ne divorò oltre la metà con straordinario appetito.
Dalla città eterna Cristian era arrivato a Terracina con una busta di plastica della ditta “Despar”, con all’interno alcuni effetti personali e due cassette Vhs, con incise sopra due partite della nazionale del suo paese.
Cassette che visionammo una volta giunti presso la sede di Tele Montegiove, della quale testata giornalistica ero il direttore responsabile.
La prima cassetta Vhs si aprì con un boato di migliaia di tifosi in festa per una rete di un giovane, che il cronista televisivo identificava come Cristian Kampamy Kanyengele. Ed era proprio lui!
Da quel momento per Cristian fu subito “ritiro”: con “lavatura, stiratura, pranzo e cena” presso una delle dimore del presidente.
Dopo qualche mese, a trasfert raggiunto per giocare in Italia, il viaggio a Norcia per la preparazione alla sua prima stagione calcistica italiana: in Serie D con il Terracina calcio.
Con quel tesseramento si aprì, di fatto, la strada per far giocare in Italia tanti calciatori extracomunitari.
di Everardo Longarini
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