Cosa vuole dimostrare l’Azzolina approvando la somministrazione delle prove invalsi per il prossimo fine anno scolastico? Una normalità che non esiste? Forse la ministra fatica a rendersi conto del fatto che la scuola ha vissuto e sta vivendo un momento storico tragico che l’ha messa e la mette a dura prova sotto il profilo educativo e didattico. O forse vi è la consapevole volontà di mascherare dietro alle prove invalsi il fallimento di una malagestione di un ruolo così importante come il suo. Scuole chiuse dall”8 marzo scorso fino a tutto settembre, e in alcune regioni inizi di ottobre. Organici ridotti, strumenti didattici indispensabili assenti, alunni in didattica a distanza e alunni in presenza spesso in quarantena, e a volte ripetuta. A questo si aggiungono gli effetti del Covid con ripercussioni psicologiche importanti sui discenti e docenti, come segnalato da vari esperti. Una condizione generale che non si può certo dire superata e che si prospetta con un futuro incerto. Uno scenario ovviamente impreparato alle prove Invalsi, l’Ente, pagato 22 milioni di euro circa, per misurare le competenze apprese durante l’anno scolastico. Una macchina costosa che ha scaricato in modo illegittimo tutte le incombenze relative alla somministrazione, correzione e tabulazione al personale scolastico che lavora gratis per attività che non gli competono. 22 milioni di euro a carico dello Stato per somministrare prove che un Ministro dell’istruzione e oltremodo docente dovrebbe sapere essere inopportune e inefficaci a causa dell’emergenza che tuttora si vive. Uno strumento costoso, inutile e frustrante per alunni e docenti. L’Azzolina provi ad investire i 22 milioni di euro in cose più urgenti, come l’edilizia scolastica, e farà certamente cosa buona e giusta.
Responsabile Dipartimento Scuola Lega Cinzia Romano