La brutta pagina istituzionale andata in scena questo pomeriggio nella sala De Pasquale testimonia i nervi scoperti su un tema che rischia di pesare come un macigno sul futuro dell’amministrazione Coletta.
Da una parte l’amministrazione comunale, che in virtù delle nuove normative, ritiene non più rinnovabili le convenzioni con le congregazione religiose che finora hanno gestito le scuole paritarie comunali (badate bene paritarie COMUNALI e non paritarie RELIGIOSE); dall’altro i genitori, o meglio le mamme, che chiedono certezze sulla continuità didattica e pedagogica per i propri bimbi e allo stesso tempo sposano la causa della permanenza, nelle paritarie comunali, delle suore che fin dalla fondazione della città hanno gestito quelle scuole: al centro come nei borghi.
Sbaglia dunque chi ne vuole fare una guerra religiosa. Sbaglia chi insinua che il comune finora si è fatto carico di spese non sue, pagando le rette alle famiglie che sceglievano di mandare i propri bimbi all’asilo dalle suore.
Sbaglia in primo luogo perché in molti borghi forse senza la presenza delle suore quegli asili comunali non ci sarebbero stati; in secondo luogo perché le suore con la loro presenza nelle scuole comunali paritarie hanno abbattuto i costi sostenuti dal comune, dal momento che le loro retribuzioni erano poco più di un rimborso spese senza alcuna copertura previdenziale: insomma il loro era (e speriamo vivamente possa essere ancora) un servizio alla comunità, non un business illegale come parte della maggioranza tenta di far credere e nemmeno il far west evocato dal primo cittadino.
Dunque, oggi parliamo del futuro delle scuole paritarie comunali che il comune ritiene non possano più essere gestite tramite convenzione dalla varie congregazioni religiose. Non di scuole paritarie religiose di cui il comune non vuole più pagare le rette per genitori capricciosi che pretendono di scaricare il costo dell’educazione dei propri figli sul resto della comunità!
Fatta questa doverosa premessa, oggi il comune si trova in difficoltà perché poco più di un mese fa, senza prima impostare e attivare un percorso condiviso, ha disdetto le convenzioni e si è avventurato in una affannosa corsa contro il tempo per trovare una soluzione che potesse permettere la permanenza delle suore.
Quello che però il comune non dice, è che ognuna delle tre proposte inviate alle congregazioni religiose, con modalità che oseremo definire quasi intimidatorie (il termine perentorio dei dieci giorni lo danno le agenzie di recupero crediti o gli avvocati che hanno già scelto di portarti in tribunale ndr), spazzava via la scuola paritaria comunale cosi come l’abbiamo conosciuta finora: ossia democratica, gratuita per tutti i cittadini e libera nella scelta, con alunni, di fede cattolica e non, che convivono nelle stesse classi.
Per questo le congregazioni non hanno accettato: non hanno accettato perché il loro, finora, è sempre stato un servizio alla città e alla gente di Latina. Oggi se l’amministrazione ritiene di non potersi più avvalere del loro contributo sono pronte a prenderne atto, senza nessuna guerra di religione per restare e senza alcuna intenzione di dar vita a scuole paritarie religiose.
Ecco perché chi propone la trasformazione di scuole comunali in scuole religiose, lo fa pro domo sua. La Curia, che lo ha suggerito in sede di mediazione, perché é nel suo oggetto sociale: quello dell’evangelizzazione della società; il comune perché sarebbe la soluzione più semplice, caricando sulle spalle delle congregazioni l’onere della gestione e sulle famiglie l’onore delle rette.
Alcune famiglie sarebbero anche pronte a farsi carico di questo onere, ma cosi verrebbe meno il senso democratico della scuola comunale e il sindaco di questo deve assolutamente tenerne conto. Cosi come dovrebbe tener conto del fatto che non dovrebbe essere nelle priorità di un’amministrazione comunale la disponibilità a contribuire alle rette e al sostegno di una scuola paritaria religiosa privata. A questo punto statalizziamole.
È vero Latina, fin dalla sua fondazione, è spesso stata terra di frontiera ma definire il far west la gestione delle scuole comunali da parte delle congregazioni religiose appare quantomeno ingeneroso.
Guardiamo tutti con fiducia e speranza al tavolo di confronto che partirà il 2 gennaio, ma il comune dica anche alle mamme cosa intende fare di queste scuole nel caso non riesca a trarsi fuori da questo impiccio in cui si è cacciato con le sue mani.
Se le congregazioni dovessero lasciare, l’amministrazione intende continuare a garantire il servizio senza rette? Oppure intende introdurre le rette nelle scuole comunali affidandole magari alle cooperative?
Le mamme e i papà hanno il diritto di saperlo, così come hanno il diritto di spendersi fino al fischio finale per la permanenza delle suore in quelle scuole.