Nel corso del procedimento la persona offesa ha ribadito le conseguenze lesive dell’onore che ha subito a causa del post Facebook in contestazione. L’imputato, assistito dall’Avvocato Claudia Magliuzzi, è riuscito a dimostrare, anche mediante il deposito di copiosa documentazione, che non vi era nei confronti di Leccese alcun intento diffamatorio, se non la sola intenzione di informare l’opinione pubblica sull’attività del Coifal, attenzionata dalla Dia, dall’antitrust e dall’Associazione Caponnetto, sottolineando il discutibile coinvolgimento del Leccese nella sua creazione.
Chiappari, secondo la decisione del Giudice Monocratico del Tribunale di Cassino, Claudio Marcopido, si è limitato, quale componente del gruppo di comunicazione dei 5 stelle, a diffondere notizie già riportate dalla stampa anche a livello regionale.