Come già deciso nell’ufficio di presidenza, gli unici ad astenersi sono stati i Comuni di Latina e Terracina, amministrati da Fratelli d’Italia e Lega. Gli altri comuni dell’Ato4, invece, hanno votato l’aumento del 3,5% per la bolletta della tariffa idrica. Ad essere contrari i Comuni di Sperlonga, Maenza, Norma, Ponza e Ventotene, gli enti più interessati ai fondi Pnrr e timorosi di perderli, avendo opere in corso, nel caso in cui Acqualatina non ce la faccia ad essere sostenibile per i prossimi anni.
Un voto, quello della delibera di oggi, 2 dicembre, che è arrivato dopo una discussione durata circa 3 ore, in cui i Comuni di Latina e Terracina hanno ribadito la volontà di astenersi e allo stesso tempo di mettere in guardia sulla circostanza per cui, in questo modo, Acqualatina dovrà correre in banca a finanziarsi, con lo scotto di interessi passivi che, secondo i loro calcoli, sarebbero tra il 5 e il 6%. Interessi passivi che ricadrebbero sulle tasche dei cittadini.
Latina e Terracina spiegano che sarebbe meglio aumentare ora la bolletta al 6% ad Acqualatina, invece di costringere la società a recarsi in banca in un giro di conto che comunque vedrebbe penalizzati gli utenti. Rassicurazioni, invece, che sono arrivate dal Presidente dell’Ato4, Gerardo Stefanelli, il quale ha sbandierato gli utili della società sui 7 milioni annui che rende Acqualatina sostenibile e non a rischio default. Favorevoli nei loro interventi anche i sindaci di Fondi e Roccagorga.
Respinta, quindi, l’ultima proposta di Acqualatina Spa – leggasi del socio privato Italgas – che avrebbe voluto un aumento del 6%, il che significava circa 300 euro all’anno in più a famiglia. Adottata, quindi, la delibera per adottare la tariffa idrica al 3,5%, così come votato dai sindaci nell’ufficio di presidenza dello scorso 18 novembre.
ECCO COSA È SUCCESSO NELLE SCORSE SETTIMANE – La votazione del 18 novembre, uscita dall’ufficio di presidenza, è figlia di ciò che è accaduto nella scorsa assemblea dei soci che si è tenuta lo scorso 30 ottobre. Per capire che cosa c’era in ballo, è bene fare qualche passo indietro. Settimane in cui ci sono state diverse indiscrezioni, lettere a mezzo stampa e dichiarazioni di diverso genere. A riassumere cosa è successo, è stato il Presidente dell’Egato 4 e della Provincia di Latina, Gerardo Stefanelli.
All’inizio, il gestore Acqualatina – società mista pubblico-privata -, spinto dal nuovo socio privato, Italgas, presenta un piano di investimenti da 350 milioni di euro, che prevede, per supportarlo, un aumento del 9,5% della tariffa per i prossimi tre anni. Un vero salasso per i cittadini della provincia di Latina e per quelli degli altri comuni che vengono serviti da Acqualatina. La società mista, infatti, non è proprio popolare (tanto per utilizzare un eufemismo): da decenni le bollette sono alte e il servizio è critico, se non disastroso, sotto diversi punti di vista. Senza contare questioni di natura giudiziaria e ambientale, ultima delle quali emersa con l’inquinamento del “Fosso Paoloni” a Latina.
I sindaci, da subito, ritengono che l’aumento del 9,5% per tre anni non è sostenibile e quindi chiedono al gestore di elaborare un piano di investimenti che tenga conto di un amento tariffario del 3,5%, ossia in linea con i criteri della regolazione di Arera, l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente. Tali criteri tengono conto di inflazione, costo della vita eccetera. E già un aumento del 3,5% è mal visto dalla popolazione.
Il gestore, alla sollecitazione dei sindaci avvenuto tramite una deliberazione ufficiale, non risponde con un piano investimenti. Al che seguono uffici di presidenza dell’Egato4 e incontri con il cda di Acqualatina, imposto dal centrodestra di Fratelli d’Italia e Lega che la fanno da padrone in provincia di Latina, amministrando Latina e Aprilia (almeno fino all’arresto avvenuto a luglio del sindaco Lanfranco Principi).
A seguito di questi difficili confronti, viene chiesto al gestore di fare un passo verso gli amministratori dell’Egato 4. Il rischio conclamato, se non si trovasse un accordo tra sindaci e gestore, è quello di presentare due proposte diverse all’autorità di regolazione: da una parte quella di Acqualatina con l’aumento delle bolleta al 9,5% (l’aumento andrebbe calcolato dal primo gennaio del 2024) e dall’altra quella d’ufficio dei Sindaci. In realtà, l’Egato 4 ha le mani legate: può respingere la tariffa aumentata, ma non può fare proposte se dal gestore non vengono forniti i dati su cui lavorare e formulare una contro-deduzione. Eppure dal cda di Acqualatina, la collaborazione, come ribadito in assemblea dal sindaco di Roccagorga, Carla Amici, è assente, tanto che la prima cittadina ne chiede le dimissioni.
Nel penultimo ultimo ufficio di presidenza, in mancanza di una nuova proposta del gestore, è stato deciso di convocare l’assemblea dei soci (sindaci), portando l’applicazione della tariffa minima, ossia una bolletta che avrebbe addirittura il 10% in meno della tariffa attuale. Una situazione estrema che farebbe la gioia dei contribuenti, salassati da anni, ma che porterebbe in pochi mesi al crac di Acqualatina. In gioco c’è la sopravvivenza economica della società che gestisce l’acqua.
Quasi fuori tempo massimo, arriva la proposta del gestore per un piano investimenti ridotto e con una tariffa aumentata non più del 9,5% ma del 6%. Questa richiesta comporta due effetti: viene meno la proposta dei sindaci di chiedere una tariffa minima (quella che prevede una bolletta del 10% in meno rispetto a quella attuale); gli amministratori non possono più approvare oggi il punto all’ordine del giorno così presentato. Il problema è che sulla nuova proposta del gestore, la segreteria tecnica operativa, rappresentata dall’ingegnere Umberto Bernola, spiega che occorre lavorarci così da poter tirare fuori i nuovi scenari della tariffa. Nel meccanismo regolatorio della tariffa, infatti, il piano investimenti può reggersi anche con altro tipo di tariffe. Il presidente Stefanelli chiede di trovare una proposta concordata: “Abbiamo dimostrato che la società non fallisce”.
Oggi, il voto dei sindaci per un aumento che comporterà il “mini” aumento. Mini rispetto a ciò che si era prospettato all’origine.