Quella che segue è una piccola considerazione su quanto è successo nella fase del ballottaggio, che ha visto contrapposti per la fascia di sindaco di Terracina Corradini e Procaccini.
In apertura una piccola ma necessaria valutazione: circa 12 mesi orsono il Pd fu tra i protagonisti della sfiducia al sindaco di Fratelli d’Italia.
Nella speranza di poter ottenere almeno la possibilità di andare al ballottaggio, ha costruito una campagna elettorale soft, pubblicizzando esclusivamente il suo articolato programma.
Con il mancato accesso al ballottaggio il pensiero unico dei vertici locali del Pd è stato quello di dichiarare subito di non “avere alcun parente da sostenere” tra i contendenti rimasti a giocarsi la partita.
Ma evidentemente così non è stato.
Infatti, i numeri totalizzati da Procaccini ci consegnano un’anomalia tangibile: sono troppi per essere tutti di area centro destra e troppi anche quelli provenienti dall’operazione d’immagine e simpatia verso il candidato caro alla Meloni, troppi anche per eventuali voltagabbana corradiniani dell’ultima ora.
E’ allora di tutta evidenza che una parte importante degli elettori del globo terraqueo della sinistra terracinese e suoi simpatizzanti si è turato il naso e ha votato Procaccini.
Forse anche giustamente perché i vertici del PD terracinese potrebbero aver ragionato in questi termini: se votiamo Corradini in Comune ci rimane 10 anni.
Un’eternità per quelli che oggi sono i tempi della politica.
Se sosteniamo Procaccini invece potrà starci soltanto 5 di anni e noi (PD) potremmo rientrare nella possibilità di giocarci la partita e vincerla.
La controprova di tale iter non è facile rintracciarla tra gli adepti della sinistra andati a votare, basta però ricordare i fatti del 2001, quando al ballottaggio tra Procaccini (padre) e Nardi non ci fu partita.
Proprio come l’altro giorno.
Oppure riportare alla mente il ballottaggio del 2011 tra Procaccini (figlio) e Sciscione, quando quest’ultimo sommava oltre 11 mila preferenze.
Proprio come l’altro giorno.
La storia si è dunque ripetuta e quello che rimane agli atti è l’incapacità della sinistra terracinese di avere il coraggio di compiere azioni politiche chiare e utili alla comunità locale e ai suoi sostenitori.
Anche superando i residuali ostacoli ideologici.
Nell’ultima chiamata alle urne il PD e il suo candidato a sindaco hanno confezionato un “bellissimo cappello”, non rendendosi conto però che gli “indigeni stanno nascendo da qualche tempo senza testa”.
Vorrei infine augurare al sindaco eletto e all’intera sua coalizione di sviluppare un proficuo lavoro nell’interesse di tutti i terracinesi. Nessuno escluso.
Gina Cetrone