L’attuale regolamentazione – sostiene l’Antitrust – ha portato, nel Lazio, ad un ricorso eccessivo allo smaltimento in discarica, destinazione finale del 71% dei rifiuti urbani. Secondo il Garante, la scelta di favorire, negli anni, il ricorso allo smaltimento in discarica rispetto ad interventi di recupero di materia dalla raccolta differenziata e di energia dai rifiuti indifferenziati, ha ostacolato il raggiungimento di un assetto integrato di gestione dei rifiuti urbani efficiente, nel quale le diverse modalità di gestione venissero poste, laddove possibile, in concorrenza tra loro. Ne deriva che la tariffa a carico dei cittadini del Comune di Roma per la gestione dei rifiuti è tra le più alte di Italia e seconda, fra le grandi città, solo a quella di Napoli.
La raccolta differenziata nel Lazio, si legge ancora, non è stata adeguatamente promossa, ed è stato al contrario avallato un assetto impiantistico caratterizzato da una grande capacità di lavorazione di rifiuti indifferenziati. Al tempo stesso, il sistema di autorizzazioni dei termovalorizzatori, che non consente di bruciare direttamente i rifiuti indifferenziati, non ha permesso a tali impianti di svolgere nel Lazio il ruolo di vincolo concorrenziale all’attività di smaltimento in discarica che è stato invece riscontrato in altre Regioni italiane. A ciò si aggiunga che sia gli impianti in grado di trasformare i rifiuti indifferenziati in combustibile da rifiuto, sia gli stessi impianti di termovalorizzazione vengono utilizzati a tassi ridotti, con ciò favorendo ulteriormente lo smaltimento in discarica dei rifiuti indifferenziati. Lo smaltimento in discarica dei rifiuti indifferenziati, nonché il loro conferimento in impianti di trattamento meccanico-biologico, spiega l’Autorità, avviene dietro pagamento, da parte dei Comuni conferitori, di una tariffa definita dalla Regione, sulla base della dichiarazione dei costi (a preventivo e a consuntivo) presentata dalla società che gestisce l’impianto. Anche questa attività di regolazione, tuttavia, ”viene svolta con esiti che in alcuni casi producono discriminazioni e restrizioni concorrenziali”.