La città è un’idea antica che ha attraversato il tempo. E s’è davanti al mare, con un porto, è necessaria.
Sul mare nel corso dei secoli sono transitate armate, merci e genti, con una lingua, una cultura.
Il Mediterraneo ha contribuito alla realizzazione dell’Occidente, dell’Europa. Come della scienza e dell’arte.
Terracina, come le città greche, era davanti al mare, non sul mare. La sua vera porta (come ci dice anche l’etimologia della parola) era il porto. Di quelle che piuttosto che escludere interagiscono con il mondo.
Se torniamo a parlarne va bene, perché significa che non vogliamo continuare a guardarci l’ombelico. Vuol dire che torniamo a parlare di una visione di città, che non è più solo davanti al mare ma aperta ad un’area più vasta. Una città dove non c’è differenza tra urbano e rurale, centro e periferia.
Per due volte la proposta del nuovo Piano Regolatore del Porto è passata nelle Commissioni consiliari. Prima della discussione nel Consiglio comunale dovrebbe essere presentata alla città, alle forze sociali ed economiche, alle associazioni di cittadini.
E’ una opportunità da cogliere e che non possiamo mancare.
Non si tratta di definire ora dettagli e progetti. Si tratta, però, di individuare i problemi e indicare alcune linee strategiche, che a mio parere possono essere sintetizzate in un miglioramento della logistica e delle funzioni proprie del porto; la realizzazione di una nuova darsena, per liberare il canale di navigazione; la creazione di un polmone verde e di spazi per attività “diverse”; la costruzione di un nuovo ponte, per migliorare la mobilità tra le sponde del canale.
Il nostro porto, per una serie di concause, risulta essere, oggi, quasi una appendice: un paesaggio a metà, dove l’elemento naturalistico-geografico è vissuto come separazione. A questo c’è da trovare una risposta strategica, la connessione di acqua e di urbano.
Dove l’acqua significa ricostruire la navigabilità dei canali (i quali possono dare una nuova risposta alle questioni aperte di una mobilità sostenibile) e perseguire la connessione dell’urbano alle zone più esterne.
Dove il Parco del Montuno collegato all’Area del Molo (che deve aprirsi e realizzare un solo spazio con la Pineta) diventi l’anello di congiunzione, tra l’area del porto e il centro storico in declivio (la Marina).
Un’unica città fatta di reti e idee – progetti di rigenerazione, trasporti pubblici e vie d’acqua, piste ciclabili…
Un paesaggio continuo e diverso, vissuto e civile, costituito di mare, di quartieri, di campagna e borghi, di collina, di canali, di ponti… come dice Renzo Piano “… una città diffusa dove tutto, in un modo o nell’altro, è fertile”.
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