Zingaretti, com’è solito fare, giunge con puntuale ritardo sulle vicende interne alla Regione Lazio e quando si spinge sul dibattito politico nazionale, non fa altro (in ritardo) che copiare le idee dei suoi amici di partito.
Sull’ideona, tutta di sinistra, di accorpare le regioni italiane in macro regioni, Zingaretti fa il copia e incolla di una utopia del sindaco di Torino, Chiamparino, che in tempi non sospetti lo aveva annunciato al popolo bue.
Per conseguenza logica Zingaretti, da buon riciclatore d’idee altrui, tuona ieri dalle colonne de la Repubblica: “Per iniziare questo percorso si dovrebbe prima passare attraverso la possibilità di mettere in comune i mestieri che fanno di ciascuna solo per sé”.
In buona sostanza voleva dire che le regioni dovrebbero concorrere al primo passo verso l’unione con il mettere insieme “L’attività di profilassi, l’inglobamento dei servizi sanitari specialistici in centri di eccellenza, la tutela del territorio per evitare il dissesto idrogeologico, i trasporti e le agenzie regionali per l’ambiente”.
Questo il collant, l’humus, che produrrebbe grandiosi risparmi e porrebbe le basi per una fusione indolore e produttiva tra la Regione Lazio e la Campania, ad esempio.
Adesso io dico: con tutti i problemi che attanagliano gli italiani da qualche anno a questa parte e invece di pensare a risolverli con cognizione di causa e con risultati tangibili, il Partito Democratico, con Zingaretti in coda, apre un’inutile quanto irrealizzabile prospettiva per l’unione delle regioni unicamente perché si sono accorti che la geografia politica è divenuta obsoleta perchè elaborata in tempi preistorici.
La regione Lazio, stante gli strateghi del risparmio e dell’ottimizzazione delle risorse, anche umane, dovrà stare “vicino vicino” alla Campania, entità storicamente e antropologicamente diversa per mille è più ordini di fattori.
Pensare poi al gran risparmio economico che si otterrebbe da tale operazione, mi porta alla memoria la cancellazione delle province, un’altra strategica azione che avrebbe dovuto produrre risparmi in quantità colossali e un eccellente riassetto dei servizi pubblici sui territori.
Una grande sòla che sta producendo spese in più rispetto ai risparmi preventivati ma anche caos istituzionale: con prestazioni che prima erano di competenza delle province e oggi non si comprende bene chi li dovrà dispensare e migliaia di dipendenti con il terrore (entro il 2017) di perdere il posto di lavoro se non ricollocati in altri enti.
Gli strambi piani della sinistra tesi a ottimizzare gli enti pubblici sul territorio nazionale, fino ad oggi non hanno permesso l’abolizione delle province, mentre si persiste nel voler accorpare le regioni, che dovrebbero invece essere cancellare con un colpo di spugna perché veri e improduttivi centri di spesa.
Nel frattempo si lasciano in piedi migliaia di enti inutili, che spendono ogni anno milioni di euro senza portare alcun beneficio alla collettività.
Dunque, questo pour parler natalizio è riconducibile alla sola propaganda politica della sinistra regionale e nazionale, o c’è un filo logico complessivo?
Direi che ancora una volta non c’è nessuna logicità o programma in nuce, ravviso invece solo propaganda politica, in conto spese però ai cittadini laziali e italiani.
Gina Cetrone