lunedì 25 Novembre 2024,

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Cori. In ricordo di Gabriella Sobrino e Tullio De Mauro

scritto da Redazione
Cori. In ricordo di Gabriella Sobrino e Tullio De Mauro

La poetessa e il grande linguista italiano recentemente scomparsi erano legati alla città di Cori. Il cordoglio dell’Amministrazione comunale.

L’amministrazione comunale di Cori esprime il suo cordoglio per due illustri personaggi legati alla Città d’Arte che ci hanno lasciato a cavallo dell’anno. La prima ad andarsene, il 26 Dicembre 2016, è stata la poetessa Gabriella Sobrino, nata a Cori il 26 Gennaio 1925, in via Giovanni Maggi, dove la mamma abitava da nubile, e registrata dal padre all’anagrafe di Roma dove la famiglia risiedeva.

Traduttrice, sceneggiatrice e autrice di programmi culturali per la Rai, la Sobrino pubblicò 6 raccolte di poesie dal 1970 al 2006  presenti in numerose antologie italiane e di paesi europei e d’oltreoceano, scritte anche in inglese. Scrisse molte novelle e tradusse Dickinson, Mansfield, Joyce, Carrière, Flaubert. Per 40 anni fu segretaria del Premio Letterario “Viareggio-Rèpaci” e nel 1983 creò il Premio Letterario “Donna Città di Roma”. L’ultima pubblicazione nel 2008, “Storie del Premio Viareggio”. Operò nella giuria del Premio Circe Sabaudia.

A Cori, dal 1986 al 1990, stimolò la manifestazione “Lettura di Poesia”, alla quale grazie a lei parteciparono autori come Luciano Luisi, Giuliano Manacorda, Rodolfo Di Biasio, Giorgio Caproni, Antonio Barbuti, Mario Luzi, Giuseppe Neri, Giovanni Giudici, Alfonso Beraldinelli. Incoraggiò le due edizioni 1997 e 1998 del Premio Letterario  Elio Filippo Accrocca. Successivamente fu premiata nell’ambito del Premio dei Monti Lepini. La Sobrino ha lasciato alla Biblioteca Comunale di Cori una cospicua donazione di libri.

Il 5 Gennaio, invece, se n’è andato Tullio De Mauro. Il più grande linguista italiano firmò l’introduzione alla raccolta di poesie di Cesare Chiominto ‘Lo Parlà forte della pora ggente’, con una nota di pronunzia e grafia del dialetto di Cori, per De Mauro una variante di volgare marcata dall’arcaicità la cui persistenza sarebbe stata favorita dalla ‘retrazione urbanistica medievale’ e cioè il rinserrarsi degli abitanti nella cerchia più interna, al riparo dalla palude e dalle scorrerie.

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