Cori ricorda il suo illustre poeta nel venticinquennale della scomparsa, avvenuta l’11 marzo del 1996. Pur non essendo possibile, data l’emergenza igienico-sanitaria che stiamo vivendo, organizzare eventi che coinvolgano la popolazione, l’amministrazione comunale di Cori ha comunque voluto celebrare ufficialmente questa giornata e la figura di Elio Filippo Accrocca (Cori 1923 -Roma 1996), che l’enciclopedia Treccani definisce “uno dei maggiori interpreti della poesia italiana del secondo dopoguerra”.
Il sindaco di Cori Mauro De Lillis, l’ex sindaco Pietro Vitelli – amico personale e grande estimatore di Accrocca, che durante la sua sindacatura intitolò a lui la biblioteca civica ed istituì un premio nazionale di poesia a lui dedicato – e l’assessore alla Cultura Paolo Fantini si sono recati in visita presso il cimitero cittadino ed hanno deposto un mazzo di fiori sulla tomba (ai cui piedi sono incise le parole: “È là che tornerò… dove rami germogliano frutta con foglie d’olivo”) dove il poeta riposa per omaggiarne il ricordo e il rapporto, sempre vivo, con la sua Cori.
«In modo semplice ma sentito – hanno commentato De Lillis, Vitelli e Fantini – abbiamo voluto commemorare un concittadinoillustre, sempre legato alla terra natia, dove spesso tornava e che cantò nelle sue opere. Poeta da rileggere e studiare ancor oggi, intellettuale a tutto tondo che seppe vivere intensamente la sua epoca».
Un legame forte, quello tra tra E.F.Accrocca e Cori, testimoniato, non da ultimo, dalla presenza, nella biblioteca comunale che porta il suo nome, del Fondo Accrocca, una raccolta di circa 8.000 volumi di narrativa e poesia appartenuti al poeta e donati dagli eredi, tra i quali molte prime stampe, alcune con dediche di autorevoli letterati, come Ungaretti, di cui Elio fu allievo ed amico.
Capostipite del Gruppo di Portonaccio, le poesie di E.F.Accrocca sono state tradotte in tantissime lingue ed alcune sono state anche musicate. Egli conobbe subito il dolore crudele del distacco. A soli sei anni perse la madre. Altri dolori sarebbero venuti in futuro con la perdita di familiari carissimi.
Giovanissimo, visse l’esperienza dei bombardamenti con la distruzione della sua casa a Roma nel quartiere San Lorenzo: questa esperienza gli ispirerà il suo primo straordinario libro di versi: “Portonaccio”, pubblicato nel 1949. Il libro sarà riferimento per generazioni di nostri poeti del ‘900. In questo primo libro è viva anche la presenza di Cori dove egli spesso tornava nei periodi di vacanza, solo o con il fratello Aldo, con i suoi ulivi, i suoi vigneti, i vetturali, i pastori, i bottai, i contadini, le “pietre di millenni”.
Si laureò in lettere moderne e contemporanee nel 1947 con una tesi sulla “poesia italiana della Resistenza”, relatore Giuseppe Ungaretti, suo professore e poi amico, tanto da essere testimone di nozze. Sarà successivamente sua la cattedra di Storia dell’Arte all’Accademia Statale di Belle Arti di Foggia, della quale sarà poi direttore dal 1973 al 1977.
Nel 1973 venne chiamato a un’altra durissima prova: Stefano, suo unico figlio, morì in un incidente motociclistico. Sarà la poesia a confortare il poeta che scriverà versi tra i più intensi e alti della poesia italiana del Novecento raccolti nel poemetto “Non ti accadrà più nulla”, anticipato sulla “Fiera Letteraria” e poi inserito nella raccolta “Siamo non siamo” del 1974. Altre straordinarie raccolte di versi e numerosi viaggi attraverso il vecchio continente seguiranno, fino alla morte nel ’96, per questo promotore culturale di primordine e Poeta al tempo stesso corese, romano ed europeo.
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