Ha fatto bene il presidente della Regione Lazio, Zingaretti, ad emanare l’ordinanza che in otto direttive e per 15 giorni tenterà di arginare l’ascesa della pandemia da Coronavirus in Provincia di Latina.
Una decisione che giunge dopo aver constatato l’incremento degli infettati che dal 4 ottobre è passato a un +155%.
Per rimanere in ambito della sanità pubblica in Provincia di Latina, adeguato ci pare il provvedimento posto al punto 6, quello cioè di limitare l’accesso alle strutture sanitarie, socio – sanitarie e assistenziali ai parenti e agli amici ricoverati.
I restanti 7 punti dell’ordinanza di Zingaretti riprendono poi i temi conosciuti nel corso del primo lockdown nazionale.
Quello che ci preme però sottolineare, visto che siamo accaniti frequentatori degli ospedali provinciali (per motivi seri), nulla è stato disciplinato per l’accesso dei cittadini – utenti ai CUP: i centri unici di prenotazione per visite e analisi cliniche, dove poco o niente si trova in fatto di presidi anti-pandemia (almeno per quanto riguarda il Fiorini).
E’ da molto che a noi utenti ci sembra che nei CUP provinciali ci siano lavoratori di serie C, lasciati, come sono, a combattere una battaglia, che stante alla grande massa di utenti giornalieri, è persa in partenza.
Operatori, che dalle 7 del mattino devono fronteggiare una vociante e non sempre disciplinata folla di richiedenti prestazioni sanitarie, senza che questa abbia ricevuto all’ingresso dell’ospedale le giuste indicazioni comportamentali per lo stazionamento in sala d’aspetto e l’approccio senza rischi infettivi al front office dei CUP (vedere quanto succede al Fiorini).
Da oltre 7 mesi di pandemia e soprattutto in questi ultimi pericolosi giorni, nessuno al sommo presidente Zingaretti ha rappresentato le mancate tutele sanitarie dei lavoratori e utenti in fila ai CUP della Provincia di Latina.
Per questo, seppur in ritardo, ci permettiamo di farlo noi, fruitori di una sanità pubblica dal volto – qualche volta – di bronzo.
*Un fruitore della sanità pubblica provinciale.