Ospedale Fiorini di Terracina, un giorno qualunque, in coda ad una fila a due teste incredibilmente lunga del Cup, nella speranza di arrivare prima del calar della sera ad uno dei due sportelli aperti per prenotare (forse) una visita medica.
Mentre chi deve vedere non vede, chi deve provvedere non provvede e il problema si incancrenisce ogni giorno di più.
Più che la fila, con il passare delle ore, diventa un girone dantesco aggiunto, dove confluiscono varie umanità: il disoccupato, la casalinga, l’operaio e l’impiegato comunale, tanti, tantissimi pensionati, quelli per intenderci che fanno diligentemente e regolarmente tre check – up completi ogni mese.
Pazienti seguiti da medici che evidentemente hanno a cuore la loro esistenza in vita, che in molti casi prescrivono esami clinici inutili ma estremamente gravosi per l’enorme fila che ingrossano e soprattutto a danno del disastrato bilancio sanitario regionale.
Ci sono poi decine e decine di extracomunitari, soprattutto donne indiane dai cognomi in fotocopia: Singh o Kaur, avvolte in variopinte mise, tutte regolarmente in stato interessante o bisognose di cure per le più svariate patologie.
Tutto bene dunque. Tutto regolare, ma non nella media nazionale della lunghezza della fila che ormai da settimane, da quando è entrata in vigore la spending reviw, una sorta di malattia al momento incurabile, che ha come mission quella di rimettere a posto il bilancio della sanità pubblica e dello Stato italiano.
L’ospedale Fiorini, quindi, da tempo oltre ad avere problemi con le attrezzature tecniche obsolete, la cronaca mancanza di medici e paramedici, con un non meglio identificato progetto politico che i maligni dicono giungerebbe da determinati individui deambulanti nelle stanze del potere poste a sud della Provincia di Latina, soffre anche di una chiara incapacità organizzativa per le estenuanti e traumatizzanti file ai due sportelli del Cup.
Sono ormai giorni che il personale addetto agli sportelli si sentono come asserragliati in una sorta di Fort Apache, circondati da un’orda di “indiani in fila” che improvvisamente danno di testa insultandoli pesantemente e chiedendo loro i motivi di un simile e inumano trattamento.
Quelli in fila hanno ragione, come però dare torto a chi è ormai asserragliato senza speranza dietro un vetro, neanche temperato, dagli insulti da un’orda d’incazzati neri che non trovano di meglio che sfogare, con chi non c’entra nulla, la loro frustrazione di cittadini vilipesi.
Se solo sapessero, quelli che fanno l’odiosa fila, che questi operatori vengono retribuiti con la bellezza di 5 euro l’ora, tasse escluse.
Che sono tutti precari stabili all’interno di una cooperativa sociale che, qualcuno azzarda, ha perso ogni riferimento con il sociale, percorrendo soltanto la strada degli utili di gestione.
Però chi deve vedere continua a non vedere, chi dovrebbe porre rimedio non provvede e la fila si ingigantisce sempre più, nell’attesa, forse, che accada un irreparabile gesto da parte di qualche testa vuota.
Qualcuno pensa che stiano svuotando delle interiora l’ospedale Fiorini di Terracina, che lo stanno riducendo alla stregua di uno zombie.
Forse quel qualcuno, ponendo questo tema in pasto alla discussione sbaglia, ma come affermava un grande democristiano della Prima Repubblica: “a parlare male si fa peccato ma spesso volta ci s’indovina”.
Rimane in ogni modo il problema della fila agli sportelli del Cup dell’ospedale: nei mesi scorsi per la spending reviw la Regione Lazio dell’illuminata ex governatrice Polverini ha ridotto il budget per il funzionamento del servizio del Centro di Prenotazione Unico del 5%.
Ma nella gestione della sanità pubblica laziale le sorprese sono come le ciliegie, una tira l’altra.
Da gennaio 2013, infatti, è prevista un’altra grave amputazione economica del 10%, al servizio che probabilmente farà chiudere un altro sportello del Cup. A Terracina?
Agli utenti delle chilometriche file due spassionati e gratuiti consigli: 1. prepararsi psicologicamente per evitare di essere raggiunti inopinatamente da una grave crisi di nervi; 2. ricordarsi che gli operatori del Cup, del bailamme in corso, non c’entrano niente.
I responsabili risiedono tutti a Roma, con qualche autorevole addentellamento anche in Città e in Provincia di Latina.
“Riflessioni di un cittadino in fila al Cup”