domenica 24 Novembre 2024,

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Debito USA: l’America può andare in default?

scritto da Redazione
Debito USA: l’America può andare in default?

Al di là dei venti di guerra che spirano da più parti al mondo, i riflettori sono puntati sulla questione del debito degli Stati Uniti che, come già successe anni fa, sta per superare i limiti di legge, il cosiddetto “tetto al debito pubblico”. Entro il 1° giugno il Congresso dovrà approvare l’innalzamento della soglia massima con una legge ad hoc, come già successo un’ottantina di volte tra il 1960 ed oggi (di cui tre solo sotto la presidenza Trump), per evitare lo stato di insolvenza americano e il conseguente default del debito.

Il segretario al Tesoro Janet Yellen, a tal proposito e auspicando un accordo tra democratici (in maggioranza alla Camera) e repubblicani (che controllano il Senato), ha dichiarato, a latere della riunione dei ministri delle finanze e dei banchieri centrali degli stati del G7, che un eventuale default degli USA “minaccerebbe i guadagni per i quali abbiamo lavorato così duramente negli ultimi anni per riprenderci dalla pandemia e scatenerebbe una recessione globale che ci riporterebbe molto indietro”. E non ha tutti i torti!

Anche se, soprattutto sui social, molti parlano di uno spostamento dell’asse economico verso altri gruppi non si considera che gli USA da soli rappresentano il 20% circa del PIL mondiale e che le “nuove potenze” come la Cina tutt’oggi crescono e prosperano sulla capacità di spesa e di assorbimento della produzione degli Stati Uniti e dei paesi del G7 dove quello con un PIL pro-capite inferiore ha un valore di poco più bassi di quello aggregato di tutto il gruppo dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa), fin troppo mitizzato dall’antiamericanismo trasversale che si incontra nei discorsi da bar.

Il default di Washington farebbe scattare quel processo automatico chiamato fiscal cliff che provocherebbe un taglio immediato delle spese, lasciando in essere solo quelle indispensabili, e a un aumento delle imposte per innescare un rientro repentino nel limite di indebitamento sforato. Il crollo di spesa e di investimenti americano che ne deriverebbe andrebbe a incidere su tutto il sistema economico mondiale, facendo crollare gli ordinativi e i flussi finanziari ovunque, innescando una recessione globale.

Ecco perché diventa necessario l’accordo tra i due principali schieramenti in Congresso e una modifica della legge sul tetto al debito pubblico. Semplice, vero? Beh non è così. Mentre la Camera ha già approvato il disegno di legge il 27 aprile, in Senato questo è stato bloccato dalla maggioranza repubblicana che sta usando l’avvicinarsi della scadenza ultima per l’approvazione per dettare le proprie condizioni e dare una prova di forza in vista delle elezioni presidenziali e legislative del prossimo anno che, certamente, non vedono l’attuale presidente molto avvantaggiato rispetto all’avversario che uscirà dalle primarie del GOP.

Ma guardiamo un po’ le cifre, per capire meglio di cosa si stia parlando. Il tetto all’indebitamento è fissato, oggi, in 31’400 milioni di dollari, pari a circa il 135% del PIL Usa; ora la richiesta sarebbe quella di autorizzare un innalzamento di 1’500 miliardi di questo limite ma la maggioranza repubblicana al Senato si dice disposta ad approvare la legge solo se, contemporaneamente, si accetti una riduzione di spesa pari a 4’500 miliardi in 10 anni. Spending review, rientro dall’esposizione debitoria, consolidamento della finanza pubblica, cosa ci potrebbe essere di inaccettabile per l’amministrazione Biden, quindi?

Il fatto che accettare le condizioni degli avversari significherebbe ridimensionare tutto il programma di governo, dal welfare alle politiche ambientali (soprattutto la transizione alle energie rinnovabili) ma anche gli aumenti delle imposte sui grandi patrimoni e le aziende, in ottica redistributiva; in pratica si andrebbe ad accettare quello che vorrebbe essere il futuro programma repubblicano per le prossime elezioni volto al contenimento della spesa, all’abbattimento delle imposte e a una politica energetica più pragmatica e meno ideologica, per esempio.

Se in tempi “normali” questo diktat politico sarebbe inaccettabile, oggi la questione diventa cruciale tanto che il Presidente Biden stia pensando di ricorrere al XIV Emendamento. Alt… molti ricorderanno che questo, inserito in Costituzione nel 1868, sia stata la pietra tombale della schiavitù andando a stabilire l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e ponendo dei limiti invalicabili alla potestà legislativa dei singoli stati dell’Unione e, quindi, cosa c’entra? Il punto è che l’emendamento è ben più ampio e si compone di più sezioni, quando solitamente si ricorda solo la prima, e scendendo fino alla quarta si legge “Non potrà essere posta in questione la validità del debito pubblico degli Stati Uniti, autorizzato con legge, […]”

Ecco il punto… un’interpretazione estensiva di questo paragrafo permetterebbe al Presidente di continuare a emettere debito senza che toccare il tetto a quest’ultimo ma, nei fatti, potrebbe provocare una “crisi costituzionale” come ammesso dalla stessa Janet Yellen in un intervento su ABC Network il 7 maggio. Cosa succederà adesso?

È evidente che nessuno abbia alcun interesse in un default USA e che nei prossimi giorni si arriverà a un accordo anche se, evidentemente, sarà politicamente penalizzante per Joe Biden che è la persona che abbia più da perdere se non si giunga all’innalzamento del tetto sul debito, sia in caso di default sia in caso di invocazione del XIV Emendamento.

Ciononostante il Dow Jones resta sui massimi degli ultimi 15 anni, così come il Nasdaq (anche se ben lontano dai fasti della bolla della New Economy), sintomo che gli investitori non si aspettano grossi scossoni anche se, forse, l’economia americana entrerà in lieve recessione per via dei rialzi dei tassi da parte della FED che, però, sono già previsti in ribasso, probabilmente già nell’H2 di quest’anno.

Il debito preoccupa sì ma, come disse Ronald Reagan a tal proposito, “Il debito pubblico è abbastanza grande da badare a sé stesso” e così, credibilmente sarà anche questa volta.

Matteo Gianola

In Terris

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