L’irruzione dell’Intelligenza Artificiale apre nuovi scenari per i giornalisti, pone nuovi problemi per la professione, e rischia, in mancanza di risposte adeguate, di aggravare velocemente la crisi occupazionale ultradecennale del settore.
Un quadro che richiede uno sforzo di tutti gli attori – giornalisti, editori e istituzioni- per elaborare strumenti nuovi a garanzia dell’informazione, ineludibile presidio di democrazia. L’unica strada è la valorizzazione della imprescindibile cifra umana del prodotto giornalistico, il valore antico e intramontabile della testimonianza e del racconto, dell’analisi e della critica, proprio gli elementi che paradossalmente una rincorsa maldestra alla necessaria transizione digitale ha messo spesso da parte negli ultimi anni, indebolendo le identità dei prodotti editoriali, minandone a volte la stessa credibilità.
Di fronte alla crisi dei canali tradizionali di distribuzione, su tutti la carta stampata e ora anche la tv generalista, l’opportunità della digitalizzazione è stata interpretata dagli editori essenzialmente come un modo per ridurre i costi, tagliando soprattutto sul lavoro, per esplorare nuove frontiere pubblicitarie, talvolta persino in spregio degli obblighi deontologici: una visione miope, che non ha dato i frutti sperati, e che rischia di determinare l’avvitamento irreversibile del settore.
La via maestra per rilanciare i prodotti editoriali è invece quella della valorizzazione del lavoro dei giornalisti, quelli delle redazioni e i freelance. Non può esistere informazione di qualità, capace di attrarre utenti, se non ci sono investimenti e giuste retribuzioni, che invece gli editori continuano a voler ridurre spesso nel caso dei collaboratori al di sotto della soglia della dignità. Urge che il sindacato avvii lo studio di una regolamentazione di tutti i contratti atipici sempre più frequentemente utilizzati. Negli ultimi giorni in Parlamento si è tornato a parlare di prepensionamenti, lo strumento utilizzato in questi anni per ridurre gli organici redazionali, condannando a volte gli stessi giornali all’irrilevanza. Ricette sbagliate allora come oggi.
I Grandi della rete, come motori di ricerca, social, distributori di contenuti, si nutrono di informazione, di prodotti che devono trovare la giusta retribuzione, non di rado ceduti dagli editori senza corrispondere ai giornalisti il dovuto, secondo le previsioni del Cnlg e della legge che tutela il diritto d’autore. Lì è la ricchezza del nuovo mercato editoriale e su questo bisogna confrontarsi con gli editori per rinnovare il Contratto nazionale di lavoro giornalistico, da troppi anni scaduto, ora, con un’inflazione che erode pesantemente le buste paga, più che mai.
Su questo si gioca il futuro della categoria, che deve tornare a mobilitarsi.
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