Le prossime elezioni politiche, si apprende dal Consiglio dei Ministri, si terranno il 4 marzo 2018. Ecco, passaggio per passaggio, tutti gli appuntamenti e gli snodi principali che attendono la politica e le istituzioni fino al voto.
I simboli vanno depositati al Viminale tra il 44esimo e il 42esimo giorno (entro le 16) prima del voto (dunque tra il 19 e il 21 gennaio). Le liste devono invece essere presentate tra il 35esimo e il 34esimo giorno prima del voto (dunque tra il 29 e il 31 gennaio). Per legge, mentre la campagna elettorale politica di fatto è già cominciata e comincerà ufficialmente da oggi, lo svolgimento dei comizi elettorali può svolgersi solo dal 30esimo giorno prima del voto fino a 24 ore prima. Questa norma riguarda in particolare gli spazi di affissione e l’autorizzazione all’uso delle piazze e dei luoghi pubblici. Nelle 24 ore prima del voto si deve rispettare il silenzio elettorale. Per quanto riguarda i sondaggi, infine, è vietata la loro diffusione nei 15 giorni che precedono le elezioni.
Entro 20 giorni dal voto, cioè entro il 23 marzo, si svolge la prima seduta delle Camere. Si eleggono in quella data gli uffici di presidenza provvisori, poi si procede all’elezione dei due presidenti. Al Senato si procede a due votazioni a maggioranza assoluta, poi a una a maggioranza dei votanti e infine a una quarta e definitiva votazione di ballottaggio. Se si votasse anche sabato e domenica (24 e 25 marzo), si potrebbe avere un presidente di Palazzo Madama già domenica 25 marzo. Per la Camera si vota a scrutinio segreto nel primo voto a maggioranza dei due terzi dei componenti, per due scrutini servono i due terzi dei voti, a maggioranza assoluta dal quarto scrutinio in poi. Potrebbero servire più votazioni rispetto al Senato.
Entro due giorni dall’insediamento della Camera e tre da quello del Senato, i singoli parlamentari indicano di quale gruppo intendono far parte. Una volta che si sono formati i gruppi parlamentari e dopo l’elezione dei presidenti delle Camere, il presidente della Repubblica può avviare le consultazioni per la ricerca di una maggioranza che sostenga il governo e per l’indicazione del nuovo presidente del Consiglio.
Il presidente della Repubblica convoca nello studio alla Vetrata del Quirinale i suoi predecessori, cioè i presidenti emeriti (in questo caso Giorgio Napolitano), poi i presidenti delle camere e infine i vertici dei gruppi parlamentari. Sergio Mattarella intende verificare i risultati numerici del voto, i risultati numerici dei gruppi parlamentari e sentire le intenzioni dei diversi gruppi per verificare se e chi abbia la maggioranza in Parlamento. Potrebbe non bastare un ‘giro’ di consultazioni, che solitamente richiedono due o tre giorni.
Il presidente del Consiglio uscente, in questo caso Paolo Gentiloni, dopo le elezioni si dimette, per cortesia istituzionale, ma viene confermato dal presidente della Repubblica per il disbrigo degli affari correnti. Non esiste infatti la possibilità di una vacatio di poteri esecutivi. Il ‘vecchio’ governo resta in carica fino al giuramento di quello ‘nuovo’. Il nuovo governo, in caso di risultato chiaro alle elezioni, non potrà quindi entrare in carica prima della prima settimana di aprile, nella più rosea delle previsioni. Va ricordato che il governo, per legge, deve presentare alle Camere il Def entro il 10 aprile. Molti osservatori, comunque, sondaggi alla mano, temono che non si possa individuare una maggioranza stabile anche ben oltre la data di aprile.