Una città che in questi anni ha colpevolmente assistito alla chiusura di tutti gli spazi culturali pubblici. Tutti chiusi per un motivo o per un altro, qualcuno davvero anche poco comprensibile, privandola, di fatto, di un luogo, almeno uno, adeguato per attività culturali come mostre, presentazioni, concerti, eventi, dibattiti e confronti pubblici.
In questi anni sono stati molti i tentativi da parte della cittadinanza di chiedere spazi attrezzati multifunzionali, con petizioni e proposte come quelle della Casa della Cultura presso l’ex Mercato Arene o quello di destinare Palazzo Braschi (uno dei gioielli architettonici della città) a Pinacoteca comunale sulla scia dell’omologo palazzo Braschi di Roma.
Il danneggiamento e la chiusura del Palazzo della Bonificazione Pontina e dell’annesso Museo della Città, a seguito del disastro climatico del 28 ottobre 2018, ha poi creato una ulteriore ferita nel tessuto già ampiamente danneggiato della città, per non parlare della ferita della chiusura sine die della Biblioteca Olivetti, su cui torniamo in seguito.
Una città che vive nella speranza di un teatro romano, in fase di ricostruzione, sul quale si scommette tutto (e sicuramente è apprezzabile la presenza attiva nei processi di valorizzazione della via Appia come patrimonio UNESCO) ed al quale viene affidato un immane ruolo catartico di risoluzione di ogni problema culturale e turistico di questa città. Ora, ci auguriamo che la inaugurazione del teatro romano possa avvenire presto, anche se pure su questo andrebbe fatta chiarezza comunicativa condividendo un piano e dei tempi con la cittadinanza e cominciando a ragionare sulla valorizzazione e gestione futura del teatro che sono le vere sfide che ci attendono, ma non si può continuare a vivere nell’attesa sbarrando nel frattempo tutti gli spazi pubblici di incontro, confronto e crescita culturale. Non volendo toccare il tasto dolentissimo della mancanza di un Teatro e di una sala concerti, pure chiesti a gran voce dalle decine di associazioni, maestri e solisti di altissimo livello, ensamble musicali o compagnie di teatro della Città (alcune riconosciute a livello nazionale e internazionale) o della vergogna degli spazi pubblici, mai realizzati, che il privato costruttore beneficiario degli accordi avrebbe dovuto garantire al Calcatore e al Parco Arene, come Centri Congressi e spazi multifunzionali, è evidente a tutti che utilizzare come spazio culturale multifunzionale l’atrio aperto del Comune, come fatto in questi mesi, o la Sala dell’Ex Tribunale al chiuso, è del tutto inappropriato, dal momento che è evidente a tutti che non sono adatte per questo scopo. Assistiamo ormai ad una sala Appio Monti, restaurata e riaperta pochi anni fa per mostre cittadine, ormai diventata una banale appendice di un ristorante che, nonostante diverse proteste, si è allargato a dismisura, una Sala a Villa Tommasini ormai destinata a Centro Anziani, l’auditorium di San Domenico e molte chiese del centro storico, ormai spazi chiusi sine die, senza, per molti di essi, neanche capire bene il perché e soprattutto senza uno straccio di piano di recupero e riapertura. Chiuse, stop. E quando, come successo con l’ultimo concerto della Rassegna Tracce si apre alla musica la Chiesa del Purgatorio, si comprende bene che grandi opportunità potrebbero aprirsi.
La Fondazione Città di Terracina nata con la finalità di promuovere il patrimonio culturale della città ha fallito evidentemente il suo scopo, mostrando tutti i limiti di una operazione politica di facciata, utile solo a buttare fumo negli occhi. Dopo qualche timido tentativo di riapertura del Castello Frangipane per rassegne estive, ben poche sono state le iniziative (al netto di quelle archeologiche tutte stimolate dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici) che si ricordano in città. La cultura poi esige le sue “infrastrutture” che vanno pensate, organizzate e gestite bene guardando ai costi ma anche ai ricavi e all’indotto turistico ed il fatto che diventino solo un costo per l’incapacità di valorizzarle e trasformarle in opportunità economiche per la città non può di certo giustificare il fatto di tenerle chiuse.
Allora, puntare tutto sul Teatro Romano anche se, indubbiamente, potrebbe essere il volano di una significativa rinascita culturale e turistica di questa città, ci sembra un approccio sbagliato, ci sembra come quando, a livello nazionale, si pensa di risolvere i problemi secolari del sud del nostro Paese con la costruzione del Ponte di Messina. Ecco, noi pensiamo che questa città ha bisogno sicuramente del teatro romano, ma anche di tanti altri spazi culturali che vanno riaperti e gestiti, di un tessuto infrastrutturale culturale, con un piano di intervento urgente per superare le criticità attuali, molte di relativa entità, valorizzandoli affinchè diventino una opportunità di promozione turistica e di economia sana e sostenibile all’interno di un sistema culturale organizzato ed efficiente.
Relativamente alla Biblioteca Olivetti chiusa dal 5 maggio 2021, nel 2022 sono stati stanziati 375.000 euro (300.000 dalla Regione e 75.000 dal Comune) per gli interventi di recupero e miglioramento dei servizi culturali e delle condizioni per la sua fruizione fisica ed intellettuale. A fronte del finanziamento l’amministrazione procedeva ad affidare il progetto definitivo/esecutivo, tra l’altro necessario per poter svincolare la seconda tranche del finanziamento regionale, solo con la determinazione dirigenziale 213 del 9 febbraio del 2023, nella quale tra l’altro non viene esplicitato neanche un termine di consegna del progetto stesso. L’intervento non compariva nel Piano Triennale delle opere approvato dal commissario prefettizio a maggio scorso e neanche nel Bilancio di previsione approvato dallo stesso commissario ed è stato inserito nel Piano delle opere 2023-2025 solo con al recente delibera di Giunta, n. 37 del 13 settembre 2023, di aggiornamento del Piano delle Opere, prevedendo di realizzare il tutto entro il 2023 e nel bilancio di previsione con l’assestamento approvato il 28 luglio scorso. Con il comunicato stampa ufficiale del Comune del 22 settembre apprendiamo che è stato richiesto alla Regione Lazio di concedere una proroga del termine di affidamento dei lavori, accordata con un provvedimento recente del 18 settembre 2023, e che questa proroga consentirà la verifica della progettazione, i conseguenti atti amministrativi e l’espletamento della gara d’appalto, per arrivare all’affidamento dei lavori entro il corrente anno. Il comunicato però non chiarisce né se il progetto definitivo sia stato effettivamente predisposto e né se ci siano i tempi tecnici per procedere alla verifica e successiva approvazione del progetto definitivo/esecutivo prima di espletare la gara d’appalto, tenendo conto degli stringenti vincoli regionali per l’erogazione del contributo, visto che la proroga scade il 31 dicembre 2023. Per questo motivo, abbiamo presentato nei giorni scorsi una interrogazione al Sindaco e alla Giunta che verrà discussa nel prossimo consiglio comunale ed una richiesta di accesso agli atti con l’obiettivo di comprendere, a vantaggio di tutti i cittadini, le ragioni per cui si sia dovuti arrivare a richiedere una proroga alla Regione per i termini di affidamento dei lavori, nonostante i finanziamenti siano stati assegnati nel 2022 e se ci siano le reali condizioni per poter rispettare i termini di proroga concessi con scadenza al 31 dicembre 2023.
Ora pare del tutto evidente che questo intervento, slitterà al 2024, ma ci sarebbe da chiedersi i motivi per cui, pur in presenza del finanziamento questo progetto è stato gestito con questa lentezza, inefficacia ed irresponsabilità, come se il fatto che la città fosse priva dei servizi di biblioteca non costituisse un problema ed una priorità per chi l’ha amministrata in questi anni.
Gabriele Subiaco Consigliere al Comune di Terracina per Europa Verde, co-portavoce di Europa Verde Terracina, Consigliere Nazionale di Europa Verde.
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