Per il nostro Paese quella di quest’anno è un’estate bollente e non solamente per le temperature, ma anche per le fiamme che hanno surriscaldato l’ambiente in particolare in alcune zone del sud Italia. Si tratta di un problema che oramai conosciamo bene, ma dal report di Legambiente emergono numeri allarmanti, molto superiori a quelli dello scorso anno, quando da inizio anno al 15 luglio gli ettari bruciati erano 26.270. Dall’inizio del 2023 invece, in Italia sono andati in fumo 51.386 ettari di terra, e a questi si devono ancora aggiungere gli incendi dal 25 al 27 luglio che hanno devastato 31.078 ettari di vegetazione e quelli ancora non quantificati di agosto.
Da inizio anno fino al 27 luglio, nella provincia di Palermo sono bruciati 17.957 ettari di vegetazione (pari al 35% del totale nazionale), in quella di Agrigento 6.592, in quella di Messina 3.963 e in quella di Siracusa 3.957.
Se guardiamo invece alla Calabria, nello stesso periodo in provincia di Reggio Calabria sono andati in fumo 6.388 ettari e nella provincia di Cosenza 591.000.
In Puglia la provincia più colpita è quella di Foggia dove sono bruciati nello stesso periodo 1282 ettari, mentre in Abruzzo nella provincia dell’Aquila 284 ettari.
Antonio Nicoletti, responsabile aree protette e biodiversità di Legambiente ha spiegato a Interris.it le origini del fenomeno incendio, chi li provoca e come si può e si deve intervenire per limitarne i danni.
Signor Nicoletti, perché le regioni interessate sono sempre le stesse?
“Nella maggior parte dei casi si tratta di incendi di origine dolosa provocati da incendiari, e non da piromani, e sono funzionali agli interessi delle ecomafie e della criminalità. Parliamo dunque di incendiari criminali che sono consapevoli di fare dei danni alle persone e all’ambiente, e di creare difficoltà agli abitanti ed ai villeggianti che frequentano questi territori. Si pensi a quello che sta accadendo in Sardegna in cui oltre al danno alla natura ci sono vacanzieri costretti ad abbandonare le zone in cui si trovano . A Quartu Sant’Elena, nel cagliaritano, complice il forte vento, è stato distrutto un campeggio e per fortuna non ci sono state vittime com’è accaduto nel passato in situazioni simili”.
Perché la criminalità ricorre all’incendio?
“Chi agisce sa di colpire un’intera comunità e di condizionare l’economia locale e lo fa sempre per il proprio tornaconto che può essere di diversa natura. Queste azioni possono essere compiute perché si vuole gestire l’attività di pascolo senza troppe limitazioni, oppure per fare un dispetto ai concorrenti che hanno ottenuto una concessione di taglio per un lotto boschivo, o magari per creare panico durante la stagione estiva o ancora semplicemente per far valere e manifestare il proprio potere su quel territorio. Sono tante le motivazioni che spingono la mano criminale a scatenare gli incendi estivi e ad oggi grazie alle investigazioni delle forze dell’ordine e e ai reati accertati dalla magistratura abbiamo definito un’ampia casistica di questi eventi”.
Come si può provare ad evitare tutto questo?
“É necessaria una forte azione di prevenzione durante tutto l’arco dell’anno. Innanzitutto, bisogna partire dal ridurre la presenza di biomassa combustibile che in Italia è vastissima e riguarda soprattutto le aree agricole inutilizzate. Per farlo si devono gestire meglio e manutenere i terreni in quanto le zone incolte sono facilmente incendiabili. In queste aree si dovrebbe pensare a ripristinare l’attività agricola preventiva e attiva o autorizzare il pascolo prescritto, in quanto queste condizioni riducono la presenza di biomassa incendiabile e riescono dunque ad impedire alle fiamme di estendersi”.
Quali sono le conseguenze più evidenti di queste azioni?
“Il danno causato dagli incendi non si limita al solo patrimonio boschivo ma ha un impatto ed effetti diretti e indiretti sugli habitat, sulla biodiversità animale e sul suolo. Inoltre, ci sono aziende messe in ginocchio e attività turistiche che hanno perso le prenotazioni per l’intera stagione in corso. Non abbiamo una stima delle ripercussioni in quanto il valore della biodiversità è difficile da quantificare, ma sicuramente questi eventi colpiscono il nostro Paese in modo profondo con dei danni che nel caso del turismo potrebbero influenzare anche la prossima stagione estiva”.
Che ruolo ha il cambiamento climatico?
“Si tratta di un fenomeno che amplifica gli effetti degli incendi. I cambiamenti del clima infatti provocano la desertificazione e la siccità che portano ad un accrescimento vertiginoso delle temperature e di conseguenza all’aumento dei rischi, oltre a rendere gli ecosistemi agricoli e forestali più deboli e meno resilienti agli incendi. Siamo di fronte a una condizione che sembra peggiorare di anno in anno per cui è fondamentale frenare i cambiamenti climatici e agire con degli interventi di manutenzione e di prevenzione per impedire che ogni estate i criminali possano impossessarsi di questi terreni e mandarli a fuoco senza alcun problema”.
L’estate 2023 è iniziata a rilento con tante piogge, come siamo arrivati a tutto ciò?
“L’acqua caduta tra maggio e giugno non ha aiutato a mitigare i rischi di incendio mentre, invece, le temperature alte delle settimane successive hanno creato le condizioni favorevoli anche per la presenza di materiale combustibile secco. Gli incendiari conoscono molto bene questo fenomeno e hanno colpito subito le zone incolte”.
Come si recupera un terreno bruciato?
“Non c’è un standard che definisce i tempi di ripresa in quanto dipende da molti fattori. É però certo che in un campo che ha subito questo danno si deve intervenire con degli investimenti mirati e come recita la legge 353 del 2000, imponendo dei vincoli. Diventa dunque indispensabile che negli anni a seguire in queste aree non venga esercitata la caccia, il pascolo, la raccolta di prodotti del sottobosco e che non ci sia un cambio di destinazione d’uso”.
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