Dacia Maraini è autrice di un numero impressionante di opere che percorrono tutta l’età contemporanea con una grande varietà di contenuti e di stili. Ha scritto romanzi, racconti, testi teatrali, poesie, saggi, libri per bambini, ecc…
E il valore letterario e narrativo delle sue opere è universalmente riconosciuto.
Altrettanto apprezzato è il suo impegno nella società per i temi civili e sociali che ha affrontato; e per l’impronta battagliera e femminista delle sue opere sempre a fianco delle donne e dei deboli. Anche se non ha voluto mai identificarsi del tutto con i suoi contenuti e non ha mai rinunciato a scrivere per il piacere di raccontare.
Ha frequentato i grandi nomi della letteratura italiana del teatro e della critica: da Moravia a Pasolini, da Siciliano a Piera degli Esposti.
Gli rendiamo omaggio per tutto ciò che Lei rappresenta, ma non avendo particolari titoli per celebrarla, vorremmo seguire la traiettoria del nostro percorso legato alle emozioni per incontrare la sua testimonianza coinvolgente e autorevole.
L’incontro con Dacia Maraini è il primo appuntamento del Festival delle emozioni del 2021. Siamo ad una ripresa delle nostre attività che speriamo sarà piacevole, definitiva e rigenerante dopo la lunga notte della pandemia. Sarà una meravigliosa occasione.
Essendo Lei testimone di mille storie, storie che ha ascoltato e che ha creato, vogliamo ricevere il suo messaggio su come scrivere e leggere storie sia indispensabile per dare significato alla vita. Vogliamo sentire come le mille storie dei suoi libri hanno riempito di significato la sua vita e come esse possano riempire la nostra. Possano cioè riempirla oggi in questo periodo di nuova nascita, quando è necessario costruire nuovi significati.
Negli ultimi decenni si è diffusa la teoria che afferma che la nostra identità sia sostanzialmente un identità narrativa. L’”Io”, il Sé, quella che noi chiamiamo la nostra identità non è che una rappresentazione narrativa. Nello spazio mentale, che chiamiamo coscienza, noi siamo i protagonisti di un racconto che ha un inizio, uno svolgimento e una fine; soprattutto questo racconto aspira ad avere un significato.
In poche parole il meccanismo è questo: per sopravvivere cerchiamo di controllare la realtà cioè il caos che ci circonda; per controllare il caos cerchiamo di dare significato a ciò che ci succede; per costruire detti significati raggruppiamo gli eventi in storie.
Il controllo e il significato è il meglio che nel tempo noi “Sapiens” abbiamo elaborato per sopravvivere. Non appena succede una cosa nuova noi ne cerchiamo il significato allo scopo di evitare conseguenze spiacevoli e anche per averne vantaggi e gratificazioni.
Mettiamo subito in fila le cose nel tempo, nelle cause e negli effetti. E se le cose si mettono male evitiamo ciò che si può evitare o ci disponiamo all’azione.
Dunque la nostra essenza è creare una trama, imbastire una storia che ci restituisca un significato che ci faciliti la vita.
Ecco l’origine del nostro “Io” narrativo.
Possiamo proprio dire, facendo il verso a De Gregori, che “le storie siamo noi!”
E le testimonianze di questo percorso non sono poche: l’arte del narrare è la prima che conosciamo fin quando siamo infanti e dormiamo 18 ore su 24. Proprio in quei giorni la mamma ci racconta le storie più belle cantando le sue ninne nanne, che noi non ricorderemo mai, ma che cominciano a costruire la nostra identità narrativa. Più tardi ascoltiamo estasiati i racconti di mondi misteriosi e di fatine portentose.
E poi vengono le storie della nostra gioventù intrecciate insieme alle storie degli altri, dei nostri amici, le storie d’amore, le storie del nostro lavoro e della nostra impresa di vita.
E infine vengono le storie che leggiamo per passatempo (almeno così pensiamo), i polizieschi, i racconti romantici, i racconti horror, quelli dei fantasmi o della fantascienza. Non è passatempo! Sono tutti racconti per nutrire il nostro “Io”, per dare risalto e splendore al nostro quotidiano e personale racconto spesso un po’ sbiadito o non particolarmente succoso, ma che noi vorremmo ricco di intense emozioni.
L’arte del narrare è la prima che abbiamo creato molti millenni fa quando ancora non sapevamo scrivere. Non appena si presentava l’occasione correvamo a sentire un vecchio aedo cieco che ispirato cominciava:
“Cantami, o Diva, del Pelìde Achille
l’ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Achei …”
E dopo il grande e unico Omero sono venuti tanti creatori di storie. E noi le loro storie le amiamo tutte, perché non solo raccontano di noi, ma perché noi siamo quel racconto.
Il raccontare possiede un secondo punto di grande interesse per ciò che riguarda la nostra identità personale ed emotiva.
Il racconto letterario utilizza gli strumenti propri dell’arte per parlare la lingua delle emozioni e per parlare alle nostre emozioni.
Attraverso i contenuti e attraverso la struttura e lo stile questo tipo di racconto produce una comunicazione di valori, di significati, di aspirazioni e di immaginazioni che superano il livello esplicito dei significati oggettivi e fattuali delle sole parole. Questo significato ulteriore della poesia e del racconto letterario è un significato non comunicabile cognitivamente. È un significato tecnicamente indicibile e prevalentemente emotivo.
Questa comunicazione di tipo artistico, come tutte le arti, tocca la nostra identità più profonda, la nostra identità emotiva e la plasma, la aiuta a crescere e la rende positiva.
Dacia Maraini ha scritto tante storie ed è una delle persone più conosciute nella nostra storia letteraria moderna. Lei racconta le nostre storie e le racconta con il suo tocco artistico fino a parlare al nostro “Io” più profondo.
Ha prodotto storie su storie, per grandi e per piccini, storie di donne (quelle che preferisce) e di uomini. Nel fare ciò rispondeva ai suoi bisogni e ai nostri, raccontava per sé e per noi.
Ecco dunque come vogliamo celebrarla: ascoltando la sua testimonianza di creatrice di storie e di significati. Storie e significati per Lei e per noi.
Vogliamo ascoltare come narrare sia stata la sua medicina e come possa diventare la nostra.
Noi siamo in viaggio per scoprire il nostro “Io” narrativo e vogliamo che Lei ci guidi per una tappa.
Raccontare è stato “dolce per sé”; sarà dolce per noi.
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