Nella terza settimana di luglio la città vive un appuntamento che è diventato negli anni un momento straordinariamente importante di fede religiosa, ma anche di cultura e tradizioni popolari: la Festa del Mare, dedicata alla Madonna del Carmelo, tutrice della locale marineria e di tutti i credenti.
La Confraternita del Carmine fu la prima e gloriosa associazione laicale della Chiesa del Santissimo Salvatore, fondata nel 1852.
Leggendo il primo statuto della Confraternita, si nota immediatamente come la carità, le funzioni sacre, soprattutto i suffragi per le anime purganti, sono i momenti spirituali, salienti e indicativi dei confratelli, nella forte tensione interiore per la salvezza dell’anima.
Nell’archivio diocesano di Terracina, nella busta 228, si conservano quattro voluminosi fascicoli contenenti documenti riguardanti la Confraternita del Carmine.
Sono per lo più elenchi di fratelli e consorelle, ricevute e mandati di pagamento, preventivi di spese per feste, verbali di riunioni o di congregazioni generali e di consiglio.
Ma anche la richiesta, che i soci fondatori, tutti residenti nel Borgo Pio, indirizzarono nell’anno 1852 al Vescovo Guglielmo Aretini Sillani, della Diocesi di Terracina, Sezze e Priverno.
La missiva fa comprendere al Vescovo, che la parrocchia di Borgo Pio aveva bisogno di organizzazione e spazio, costretta per quasi mezzo secolo a vivere dentro la piccola cappella di Santa Maria di Porto Salvo, tanto più che la popolazione, nel frattempo, era raddoppiata rispetto al primo ventennio del secolo.
La stessa lettera poneva in evidenza la fede e la devozione dei padri costituenti la Confraternita verso la Vergine del Carmelo e alle anime del Purgatorio.
Due notevoli motivi spirituali per cui nel passato, in Italia, erano sorte tante pie associazioni.
Specialmente nel sud d’Italia la devozione alla Madonna del Carmine era molto sentita e Terracina avvertiva degli influssi meridionali, soprattutto per l’immigrazione dal Regno di Napoli della gran parte delle famiglie dei pescatori che hanno sempre formato una specie di etnia, di gruppo autonomo nel quadro culturale della Città.
Il Vescovo, il 23 Aprile del 1852, approvò la richiesta della costituzione della Confraternita. Solo il 30 Maggio del 1855, però, la Confraternita ottenne l’autorizzazione ufficiale per l’uso della cappella grande a sinistra del transetto d’ingresso nella Chiesa del Salvatore: da allora la cappella assunse la denominazione di “Cappella del Carmine”, dove i fratelli si riunivano per l’esercizio delle loro funzioni sacre.
La cappella sarà l’oratorio del Carmine, ma anche luogo per costruire un altare in legno, la collocazione di banchi, l’edificazione di una nicchia per la statua della Madonna.
Intanto il Comune aveva offerto all’associazione l’uso di un locale in piazza del Semicerchio come deposito degli oggetti di culto della confraternita: banchi, stendardi, lampioni, candele, dal quale fu minacciata di essere sfrattata dopo il 1870, quando cominciarono a spirare venti anticlericali anche a Terracina.
La celebrazione della Madonna del Carmine abbraccia la Festa del Mare.
Per ritornare allo statuto della Confraternita, nel capitolo secondo sono elencate le funzioni religiose, divise in due classi: le obbligatorie, cui tutti sono tenuti a partecipare; le non obbligatorie, giacché dipendenti dalla volontà dei Superiori e a richiesta dei Benefattori, per le quali si stabilivano i turni di partecipazione. Alla prima categoria appartiene la festa del Carmine, stabilita per la terza domenica di Luglio, introdotta dal canto del “Te Deum” e preceduta da un settenario per commemorare le sette allegrezze della Madonna: in sostanza i misteri gaudiosi e gloriosi del S. Rosario. La festa del Carmine, come festa del quartiere della Marina, ha sempre avuto un rapporto culturale con il mare, ma quando all’inizio del secolo scorso la Madonna del Carmine è stata eletta patrona dei pescatori, questo rapporto è divenuto esplicito. Si deve però ricordare che San Rocco è il compatrono dei pescatori, e solo negli anni ’50 questa seconda festa della confraternita venne “fusa” con la festa del Carmine, per questo oggi San Rocco è portato in processione con la Madonna. Questa fu certamente una soluzione di ripiego, dettata soprattutto da ragioni economiche. Non è certo quando fu istituita nella parrocchia del Salvatore la festa di San Rocco, ma con molta probabilità ciò avvenne agli inizi del secolo scorso, difatti si trova menzionata per la prima volta nel secondo statuto della confraternita, redatto nel 1910. Un contributo notevole alla devozione verso il Santo degli appestati fu dato dai “Terellani”, gli immigrati a Terracina dalle montagne di Cassino.
La Vergine solca il mare alla guida della marineria terracinese.
La processione a mare fu istituita nel 1938 dal parroco Mons. Di Manno, il quale ritornando a Terracina dal Congresso eucaristico internazionale di Budapest, era rimasto entusiasta della processione sul fiume Danubio.
Da questa sua impressione nacque il desiderio di compiere la processione a mare, quando si compose una buona flotta peschereccia, e ciò avvenne verso la fine degli anni ’30, fu possibile organizzare una manifestazione religiosa a mare, che peraltro fu subito interrotta dallo scoppio della guerra e le paranze di Terracina furono requisite e utilizzate come dragamine e purtroppo affondate in Tunisia.
Oggi la processione a mare è diventata una tradizione caratteristica, il punto centrale di tutta la festa, alla quale partecipano o come attori o come spettatori migliaia di persone.
La processione conferisce alla festa un tono profondamente turistico.
Vi partecipano non meno di trenta imbarcazioni pavesate a festa; la navigazione nel golfo copre quattro o cinque miglia e la processione rientra in porto dopo due ore circa di navigazione, a notte inoltrata, tra la fantasmagoria dei fuochi d’artificio che si specchiano nel mare e dell’illuminazione della Marina.
Rispetto all’antica processione a terra è caduto un particolare: nei vari punti del quartiere della Marina il parroco benediceva il mare con la reliquia, mentre i portatori alzavano per tre volte la macchina con la statua della Madonna.
Ora è la Vergine stessa che per due ore solca il mare.
La tradizione dei giochi popolari custodita nell’archivio diocesano.
Rispetto al passato la Festa del Mare ha perso per strada diversi momenti caratterizzanti la fase ludica.
Nell’archivio diocesano sono ancora oggi rintracciabili manifesti o stampati che testimoniano i programmi riguardanti le feste del Carmine del secolo passato.
L’estrazione della tombola, che precedeva nel primo pomeriggio il concerto bandistico, era un momento divertente non solo per le possibili vincite, ma soprattutto per il quadro folkloristico in cui si svolgeva.
Sul palco allestito dal Comune, c’era un grande quadro con i numeri che erano girati con una mazza da un addetto, dopo che lo speaker a squarciagola li aveva urlati alla folla.
Anticamente lo spettacolo dei fuochi d’artificio era più romantico e familiare. Erano sparati nella piazza della Marina, dove i fuochisti badavano a piantare i pali delle girandole e delle granate aeree.
La variazione del posto per l’accensione dei fuochi artificiali dalla piazza della Marina alla punta del Porto si rese necessaria per motivi di sicurezza e per l’asfaltatura della piazza e della Via Appia agli inizi del 1930.
La corsa dei cavalli o carriera era una gara molto antica a Terracina.
Già alla fine del settecento la carriera dei cavalli era effettuata, per esempio, nella festa del Salvatore, la cui immagine è venerata, in tono minore, nella chiesa dell’Istituto “G. Antonelli”.
L’ambiente offriva le possibilità per lo svolgimento di questo palio di Terracina.
Il chilometro di rettifilo cittadino, ultimo tratto della “fettuccia” di Terracina, costituiva una specie di pista naturale, da ippodromo, per una simile competizione, la strada era bianca.
Il Comune disponeva a transennare tutta Via Roma con robuste corde dietro le quali si assiepavano gli spettatori.
I cavalli partivano dal ponte del Salvatore, mentre almeno due trombettieri scaglionati lungo il percorso avvertivano la gente dell’arrivo dei cavalli, che terminavano la loro corsa nella piazza della Marina.
Di solito si correvano tre corse: le prime due manche erano a eliminazione, la terza decretava il vincitore.
Oltre alla corsa dei cavalli la cuccagna a mare stimolava la fantasia e il desiderio dei ragazzi.
Un palo orizzontale di sette-otto metri era piazzato sulla prora di uno dei grossi barconi da trasporto, era spalmato di grasso e su di esso, come equilibristi, dovevano camminare i concorrenti per prendere la bandiera rossa posta alla punta del palo.
La corsa delle barche e la caccia alle oche, conclude la panoramica delle attività ludiche delle vecchie feste del mare.
Il percorso della gara a due o più vogatori si spingeva dall’antico Ufficio doganale del porto fino all’altezza degli scogli dell’acqua Magnesia.
Mezzo miglio marino da percorrere andata e ritorno.
A questa gara, di solito, era abbinata quella della caccia alle oche, lanciate in acqua nello specchio antistante al molo gregoriano.
Non era facile per i nuotatori catturarle. Non di raro le oche andavano a finire oltre il molo Gregoriano o negli anfratti più reconditi degli scogli circostanti.
e.l.
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