Informare i “colleghi utenti” sullo stato di salute del servizio sanitario della Regione Lazio, con numeri alla mano e senza le strumentali polemiche, lo riteniamo un fattore altamente democratico e da contraltare legittimo a quello che affermano oggi chi è alla sua conduzione.
Per chi entra da paziente tra le corsie di un ospedale pubblico, in un ambulatorio, un pronto soccorso, sembra che si addentri in uno dei gironi infernali ben descritti dal sommo Dante Alighieri.
Gli impietosi numeri ci confermano che negli ultimi 14 anni, nel Lazio, sono state effettuate riduzioni di personale quasi il doppio rispetto al resto d’Italia:-10,2% (pari a 5.342 operatori sanitari in meno) a fronte del -5,8% nazionale.
Le strutture laziali dispongono solo di 7,1 operatori sanitari ogni 1.000 abitanti (la Lombardia ne ha 9,6%), così come quantifica “Il Rapporto Oasi 2018” dell’Università Bocconi.
In 7 anni il Lazio ha perso 2.497 infermieri (ogni dipendente è chiamato a far fronte ad una media di 16 pazienti contro gli 11 del resto d’Italia) e un decremento di medici pari al 10,7% nel quinquennio, equivalente a una perdita di oltre 1.000 unità in valori assoluti: da 10082 a 9003.
Negli ultimi 12 anni il Lazio si è visto tagliare oltre un quarto dei posti letto: la contrazione del loro numero raggiunge il 26,9%, dai 30mila del 2006 agli attuali 21.056.
Mentre snoccioliamo questi impietosi numeri, ci giunge la ferale notizia che l’annunciato rientro della Regione Lazio nella gestione ordinaria della sanità, annunciata da Zingaretti entro il 31 dicembre 2018, deliberato dal governo Gentiloni non è ancora in agenda.
Con tutte le difficoltà che questo determinerà per il comparto sanità anche per il 2019.
MCT