L’arresto dell’imprenditore calabrese Pasquale Capano, considerato vicino al clan ‘ndranghetista Muto di Cetraro (Cosenza) e vicino agli ambienti criminali della Capitale, dalla banda della Magliana al clan Casamonica, potrebbe essere considerata una delle tante storie di imprenditori ‘contigui’ alla criminalità. Se non fosse per quella lettera choc, scoperta durante le perquisizioni dalla Guardia di Finanza nel suo computer, in cui Capano spiega ad un altro pregiudicato, in una vera e propria lezione secondo il “codice mafioso”, come l’affiliazione ad un clan dell’ndrangheta fosse una scelta di vita. Essere ‘ndranghetisti, dice l’imprenditore nella lettera, è una scelta non più revocabile e che crea un vincolo di sangue tra gli associati ineludibile, chiamati sempre ad un mutuo soccorso, anche e soprattutto in ipotesi di (prevedibili) “infortuni giudiziari“. Nella missiva Capano illustra senza mezzi termini la sua scelta e le motivazioni che ne sono alla base. Emblematici, in questo senso, alcuni passaggi come: “…la prima cosa che mi è stata spiegata nelle prime frequentazioni di alcuni ambienti è stata la differenza fra concetto di amicizia e fratellanza…infatti l’amicizia è espressione di una frequentazione abituale, la fratellanza … rappresenta un ‘legame’“. E ancora “…è proprio su questo principio (fondamento della filosofia massonica) che è stato concepito il “rituale iniziale” di accettazione ed ingresso nella “sacra famiglia e onorata società”, radicato nella storia antica della nostra terra d’origine (la Calabria). …si entrava a far parte dell’onorata società attraverso un atto definitivo (patto di sangue), che si stabiliva il legame di fratellanza, tutto questo perché era stato considerato unico vero meccanismo nel comportamento umano che evitava atti di tradimento …il tempo infatti ha dato ragione agli uomini d’onore di una volta, che consideravano l’onorata società pari alla sacra famiglia, di conseguenza non come opportunità affaristica ma come scelta di vita che imponeva “regole” basate sul principio dell’onorabilità e della fratellanza“. Un legame “di sangue” e “di terra” dunque che giustifica la scelta criminale come una ‘scelta di vita’. Insieme a Pasquale Capano sono stati arrestati anche la moglie Antonella Fusconi e il cognato, Stefano Fusconi, entrambi ai domiciliari. L’imprenditore, da anni residente a Roma, attraverso l’utilizzo di società intestate a prestanome, ha posto in essere una serie di investimenti dubbi nel settore turistico-immobiliare, agevolando, anche indirettamente, il clan Muto. Già nel marzo 2013, il Gico del Nucleo di Polizia Tributaria aveva sottoposto a sequestro preventivo un’importante azienda operante nel settore agricolo-zootecnico, in una nota località turistica lucana, di fatto riconducibile all’imprenditore stesso.