I cittadini ci chiedono tagli alla politica, non alla democrazia; agli spechi non alle Province o tagli delle Province perché ritenute tout court inutili. Finalmente abbiamo “un” governo e con questo torna la nenia che aveva accompagnato la deblacle di quello precedente. Aboliamo le Province: uno slogan pubblicitario accattivante ma non più credibile in quanto non è senza le Province che debelleremo i mali della politica, degli sprechi e dello sperpero dei quali siamo costretti quotidianamente a vergognarci, dal nord al sud Italia o la mala gestio dei finanziamenti ai partiti che da garanzia di democrazia reale, si sono trasformati in brillanti della Tanzania, viaggi-trasferte non autorizzate, pranzi e cene, rimborsi carburante, cioccolatini e caramelle, fiori o cadò natalizi per amici evidentemente raffinati. E di questo che gli italiani non vogliono più sentir parlare e non delle Province dove non si spartiscono rimborsi elettorali, non si spendono capitali per mantenere la classe politica ed i suoi lussi. Eppure, nel rispetto assoluto di questo clima delle grandi intese, tutti in coro si torna a promuove l’abolizionismo dell’Ente di area vasta, dimenticandosi gli scandali regionali: dalla Lombardia, alla Regione Lazio, dalla Sicilia al Piemonte, nessuna ha perso l’occasione di proporci ogni sorta di spreco o ruberia di denaro pubblico. Non basta più distrarre l’attenzione per convincerci che il tanto agognato taglio dei costi della politica si concretizzi nella perdita di democrazia, pur di continuare a salvaguardare gli interessi di una casta corrotta che dimentica di servire il proprio Paese. Non è dando in pasto ai cittadini le Province che potremo recuperare la credibilità di una politica che ha perso se stessa e la dignità; non è così che eviteremo il dolore ad un’altra Martina. Occorre una cura drastica, un segnale forte che ci faccia riemergere dal declino verso il quale stiamo andando. Il taglio degli stipendi dei Presidenti di Camera e Senato è un gesto nobile, ma solo un timido inizio; perché non osare di più, gli italiani meritano più coraggio e soprattutto onesta intellettuale e morale e non di perdere un pezzo di Stato sul proprio territorio. Il cittadino trova lo Stato nel Sindaco o nel Presidente della Provincia, è a loro che si rivolge ed è con loro che parla e si confronta, non di certo con i Consiglieri regionali o in quei quella pletora di parlamentari, Ministri e Sottosegretari. Che il Governo abbia il coraggio di dirlo agli italiani che la Democrazia è in vendita e che si preferisce garantire agli ex presidenti di Camera e Senato un ufficio in centro a Roma, un’auto blu di marca estera, una segretaria ed autista piuttosto che un presidio rappresentativo sul territorio, spesso lontano da Roma. Non basterà la scorta a tutti i parlamentari che dovrebbero servire il Paese e non affamarlo, che disarmeremo il prossimo disoccupato disperato!
Armando Cusani