Nell’ambito dell’attenta attività di controllo, i militari impegnati nell’operazione “isole pontine” hanno rinvenuto sull’isola di Palmarola, evidentemente meta preferita dai bracconieri perché lontana da luoghi abitati, oltre 1.000 cartucce (1.150) inesplose, pronte all’uso e accuratamente occultate all’interno di grotte apparentemente abbandonate, oltre a n.3 fucili calibro 12, in buona efficienza, di cui n.2 aventi matricola abrasa o illeggibile, mentre il terzo oggetto di furto in comune di Sperlonga.
Tali armi, erano abilmente occultate nel terreno (collocate in tubi in PVC), all’interno di un piccolo bosco leccio. Le indagini continuano per cercare di risalire ai responsabili di tali comportamenti illeciti che evidenziano il persistere del fenomeno del bracconaggio e i cui autori denotano collegamenti ad ambienti criminali, stante la notevole disponibilità di armi clandestine. A tale proposito occorre ricordare che lo stesso Nucleo nel 2016, aveva effettuato analoga operazione sempre sull’isola di Palmarola, che aveva portato all’arresto di un bracconiere e al sequestro di tre fucili, uno con matricola abrasa e 2 di provenienza furtiva, oltre ad un consistente numero di munizioni.
Terracina, Fondi, Lenola e Sperlonga: un arresto per droga durante controlli del sabato sera
L’uomo, a seguito di perquisizioni personale e domiciliare, veniva trovato in possesso di grammi 29,6 di sostanza stupefacente, del tipo “cocaina”.
L’arrestato è stato, temporaneamente, ristretto in regime degli arresti domiciliari, nelle more della celebrazione del rito direttissimo, previsto per la mattinata di domani.
Nell’ambito del medesimo contesto operativo, si procedeva, altresì a:
― controre 78 persone e 69 automezzi;
― ispezionare 03 esercizi pubblici;
― accertare 01 infrazione di cui all’art. 14 della legge n.125/2001 (totale euro 333,00);
― effettuare 03 perquisizioni personali ed 01 perquisizione domiciliare, due delle quali, con esito positivo.
Terracina, sorveglianza speciale e confisca di beni per un appartenente al clan Licciardi
Eduardo Marano, secondo le contestazioni, rientra a pieno titolo nella categoria delle persone socialmente pericolose in quanto appartenente ad un’associazione di stampo camorristico. Lo stesso, oltre ad essere legato da stretti rapporti di parentela con la famiglia che ha dato il nome al clan e dalla quale si sono succeduti i capi storici, viene ascritto al gruppo criminale anche da numerosi collaboratori di giustizia le cui dichiarazioni hanno dato riscontro alle numerose operazioni di polizia che nel tempo sono state condotte. I “collaboratori di giustizia”, nel delineare l’organigramma criminale dell’associazione, hanno concordemente inserito proprio la figura di Marano. Sull’esistenza del clan e sulla sua connotazione di organizzazione ascrivibile alla criminalità organizzata, tuttora operante, hanno fatto luce le numerose pronunzie giurisprudenziali che hanno acclarato l’esistenza e l’operatività del “clan Licciardi” nell’ambito della cosiddetta “Alleanza di Secondigliano”.