Francesco Giri, 32 anni, laureato in Odontroiatria è stato eletto in Consiglio comunale con LBC. Arriva con la sua Vespa, si toglie il casco e la stretta di mano scioglie un sorriso determinato e serio.
Francesco rappresenta certamente l’anima più politica di Latina Bene Comune. Per lui il dialogo è l’essenza della politica, è aperto, non ha sovrastrutture o preconcetti.
Mi parla dell’Europa che deve diventare più politica e meno economica, delle comuni radici di tutti i paesi che compongono l’Unione e che, secondo lui, si riassumono nell’Impero romano e nel Cristianesimo.
La passione per la politica nasce fin da subito, in famiglia, a scuola. Quando Silvio Berlusconi vince per la prima volta le elezioni, nel 1994, lui ha otto anni. E’ di sinistra, ma ha un’anima moderata e rimpiange persino alcuni esponenti politici della tanto vituperata
prima repubblica.
Sei stato eletto nella lista dei giovani, fu una bella esperienza. Cosa ne è stato di quella formazione?
«Secondo me è stato un errore non fare gruppi consiliari divisi».
Sei stato uno dei pochi consiglieri di Lbc a dichiarare per chi avresti votato alle elezioni. In particolare, alle regionali, hai sostenuto Fabrizio Porcari e Leu. Cosa pensi di quel partito a livello provinciale?
«In passato mi sono definito un “bersaniano”, anche se non amo queste personalizzazioni. Per quanto riguarda il territorio, da anni sono legato da sentimenti di stima ed amicizia nei riguardi di Fabrizio Porcari, che aveva cercato di coinvolgermi.
Ad oggi, forse bisognerebbe ammettere che è stato un esperimento a rompere, non a costruire».
Per quali ragioni a Latina, considerata almeno dal 1993 il laboratorio politico della destra italiana, ha potuto affermarsi una lista civica tendenzialmente di sinistra?
«Lbc nasce dopo una esperienza pluriennale di altre realtà civiche ed associative messe in rete le une con le altre, quasi una federazione di associazioni. C’è stato un humus sociale che ha dato origine al nostro movimento. Nel 2016 ci siamo trovati in una condizione
francamente irripetibile: il Movimento Cinque Stelle era fuori dai giochi, le divisioni che hanno caratterizzato le coalizioni tradizionali specie il Pd, animato da divisioni oramai annose. Tutto questo ha giovato al risultato di Latina Bene Comune, ma ricordiamoci che il vero dato di Lbc è il 18% e cioè i voti del primo turno».
In campagna elettorale i maligni sostenevano che la cartina al tornasole delle lacerazioni interne al Pd stesse nella tua candidatura. Ricordiamo che tu sei nipote di Claudio Moscardelli…
«Inizialmente mi è dispiaciuto che girassero queste voci, poi con il tempo ci ho riso sopra. Ricordo bene la telefonata che feci a mio zio, dove gli comunicavo l’intenzione di candidarmi con Coletta. Lui mi rispose che stavo sbagliando ma che avrei dovuto fare ciò che
mi sentivo».
Sei stato Presidente della Commissione trasporti, poi ti sei dimesso. Perché?
«Sono stato alla presidenza della commissione trasporti per poco più di un anno. Noi avevamo concordato già in origine che vi fossero degli avvicendamenti nel presiedere le commissioni. Tutti noi siamo occupati con il lavoro, era un impegno gravoso».
Un errore politico, invece, il più grande che ha fatto questa amministrazione?
(sospira) «Credo che ne siano stati fatti tanti. Io penso che Lbc abbia fatto un errore in particolare: in un primo momento, sentendosi probabilmente anche un po’ accerchiati da una serie di insidie esterne, ha prevalso la linea della chiusura. Forse abbiamo rischiato di apparire un po’ troppo autoreferenziali. Credo fermamente nel dialogo politico, altrimenti non c’è crescita politica. Si deve parlare e ci si deve confrontare con tutti, senza pregiudizi».
Quali sono per i te i punti fondamentali per lo sviluppo futuro di Latina?
«Sull’ordinaria amministrazione, intanto, è doloroso vedere Latina non così brillante. Sicuramente, ad oggi, i risultati non sono in linea neanche con le nostre aspettative.
Per il futuro, Latina va ripensata non soltanto come comune, ma anche come capofila di un territorio più vasto. E’ chiaro che il rilancio di Latina e del suo territorio passa dalle infrastrutture, senza infrastrutture questo è un territorio destinato alla morte.
Sulla Roma- Latina, che opinione hai?
«Permettimi di rispondere a titolo personale. E’ sotto gli occhi di tutti che la Pontina, che è l’unico picciolo che collega Latina al resto del Paese è del tutto insufficiente e pericolosa. Che così nonpossa più andare avanti è un dato di fatto».
C’è secondo te empatia tra l’amministrazione e la città?
Questa è una bella domanda. L’empatia non è qualcosa di innato, si crea. E’ faticoso. Ripeto, il dato politico è quello del primo turno: il 18%. E’ quella la fetta di latinensi che ha avuto una fascinazione per Lbc. Governare una città rappresentandone non una parte maggioritaria, ti pone davanti il tema di creare un percorso di accettazione di una maggioranza talvolta avvertita come un corpo estraneo.
Un percorso empatico va costruito, anche sapendo rischiare. Attualmente, per rispondere alla domanda, forse oggi la maggioranza della città non è empatica con questa amministrazione».
Croce e delizia di questa stagione è stata la toponomastica, mai così centrale come in questo periodo. L’architetto Celina Mattei, presidente della Commissione, l’ha definita una questione culturale, secondo te cos’è? Le scelte fatte, hanno contribuito a dividere la comunità?
«Credo che ci siano degli elementi sia culturali che politici. Del resto, la politica è la cultura di una comunità. Dal punto di vista amministrativo, credo che le priorità siano altre. Quando abbiamo intitolato la sala della protezione civile a Rita Calicchia, giornalista stimata da tutti, è stato un bel momento. La scelta dei giardinetti è stata una scelta fortemente voluta dal Sindaco…».
Vedi, li chiami “giardinetti”, non Parco Falcone e Borsellino…
«Hai notato un lapsus. Obiettivamente, per tutti noi della nostra età che ci siamo cresciuti con i nonni, i genitori, sono i “giardinetti”.
Il fatto che ora siano intitolati a Falcone e Borsellino è certamente un motivo di orgoglio per la città però da quel momento l’amministrazione ha cominciato ad essere percepita come una realtà di sinistra, anzi, di estrema sinistra».
Se si votasse domani mattina, ti ricandideresti?
(ride) «Questa è una bella domanda. Nell’arco di quasi due anni la mia vita ha subìto degli stravolgimenti a cui non ero preparato.
Mi ricandiderei? Dipende, dipende dai contenitori che ci saranno da qui ai prossimi anni».
Salutiamo allora e ringraziamo Francesco per la bella chiacchierata a cuore aperto.
Matteo Palombi