Oltre a rivestire ruoli istituzionali, Caldarini è stato soprattutto anche un uomo politico profondamente impegnato sul territorio, infatti quando nel 1990 fui eletto segretario provinciale dell’Msi lo trovai subito al mio fianco e per me fu un grande faro, un punto di riferimento politico, umano e valoriale. Un faro nella vita pubblica così come lo fu anche e soprattutto nella vita privata per la sua famiglia e i suoi affetti. Sia per loro che per noi che siamo stati la sua seconda famiglia, Giuseppe – per tutti Sesé – è stato un uomo al quale si deve riconoscere la sua grande coerenza, un uomo che non ha mai negoziato i suoi valori di riferimento: cattolico, praticante. Sempre impegnato nella sanità, arguto, simpatico, battuta sempre pronta. Mi piace ricordare alcune lotte significative che portammo avanti insieme: l’occupazione dell’ospedale nel 1980 per far partire il reparto di rianimazione presso il Santa Maria Goretti, da cui scaturiì anche la donazione che facemmo a quella struttura per l’aria condizionata, installata per lenire le sofferenze dei malati in terapia intensiva. Oltre alla sanità locale sulla quale aveva realizzato anche una sorta di libro bianco in cui analizzava problemi e soluzioni per sanità pontina con interventi e proposte mirate, Giuseppe era sempre stato impegnato al fianco del mondo agricolo di cui aveva saputo interpretare bisogni e necessità.
Con lui abbiamo avviato una serie di battaglie di moralizzazione della politica pontina ancor prima che scoppiasse tangentopoli. Amavamo ripetere una frase che racchiudeva tutto il senso del nostro impegno: ‘dopo la Bonifica della Palude, la Bonifica della Politica’. Le nostre battaglie portarono quindi per la prima volta nel 1993 la destra alla guida di questa città sotto il governo del senatore Ajmone Finestra.
Ricordo insieme alcune lotte importanti per la nostro città come quella a favore dei salesiani di Don bosco, la battaglia del ponte del Pantanaccio, ma naturalmente la nostra battaglia principe fu quella per la moralizzazione della politica e delle istituzioni cittadine, provinciali e nazionali.
Con Sesé Caldarini è andato via un amico sincero, un rivoluzionario culturale, un uomo che era pronto a correre sempre in aiuto degli ultimi e di chi soffriva. Mi mancò e mi manca tutt’oggi perché pure se determinato frenava spesso il mio impeto passionale ed è stato un fattore di grande equilibrio al mio fianco, consentendo alla Destra in questa provincia obiettivi e mete insperabili negli anni della ghettizzazione della nostra parte politica.
Con lui è andato via un pezzo di storia della nostra comunità politica e umana, con lui è andato via anche un uomo che aveva a cuore gli interessi della comunità pontina.
Ricordo una bella frase che è scolpita sulla sua tomba: ‘sempre sotto il sole di Littoria’. Non era una frase di nostalgia la sua, ma una verità che attingeva alla storia della nostra città perché è dalla storia che si costruisce il futuro.
Ricordo con nostalgia le intense serate insieme passate a disegnare il futuro del nostro partito e le lunghe chiacchierate con i nostri punti di riferimento politici a livello regionale e nazionale.
E’ stato un fulgido esempio di impegno e passione politica: insieme a lui coniammo la definizione di politica come servizio alla nostra comunità.
Molto amato dalle nuove generazioni, apprezzato moltissimo dai più anziani perché sempre disponibile per qualsiasi problema: era capace di salire in macchina e percorrere centinaia di chilometri per portare solidarietà, affetto e aiuto a chicchessia. Non solo a chi apparteneva alla nostra parte politica. Indimenticabile il suo amore per la verità e il suo motto: per la verità mi farei uccidere.
Con lui se n’è andata una delle colonne d’ercole della Destra Pontina, un vero gigante sul piano politico e sul piano umano. Dopo la sua scomparsa, dunque, la politica pontina, tutta, è orfana di una grande protagonista.
Ciao Sesé, ti ricordiamo e ti ricorderemo sempre: insieme a tua moglie Cecilia, ai tuoi figli Julia e Alessandro e ai tuoi fratelli Federico, Fabio e MariaConsiglia.
Vincenzo Zaccheo