Si prendono cura delle nostre case e dei nostri anziani. Sono le collaboratrici domestiche e le colf, figure sempre più presenti nelle famiglie italiane. Spesso donne di origine straniera, il loro lavoro rappresenta un giro di affari di oltre sette miliardi di euro. Una cifra importante, emblematica delle modifiche sociali degli anni 2000 (famiglie sempre meno numerose con tutti i membri impegnati in attività di studio o lavoro) ma che, secondo u articolo pubblicato nei giorni scorsi sul Sole24Ore, non sarebbe rappresentativa della realtà.
Le figure di Colf e collaboratrici domestiche sarebbero infatti due delle categorie più colpite dalla piaga del lavoro nero con gli esperti che stimano come circa la metà dell’attività da loro svolta sia svolta in modo irregolare.
A rimetterci sono ovviamente i lavoratori e le lavoratrici che a volte operano senza aver sottoscritto alcun tipo di contratto ma sempre più spesso vengono invece assunti per un monte ore minimo rispetto al lavoro effettivamente prestato. Un metodo quest’ultimo che a prima vista avvantaggia sia il datore di lavoro (che non versa i contributi) che il lavoratore (che riceve uno stipendio più sostanzioso) ma che si tramuta in un’assoluta mancanza di diritti per il lavoratore. Una classica guerra tra poveri rispetto alla quale la politica non ha trovato ancora nessuna soluzione soddisfacente.
“E’ necessario rilanciare una battaglia per dire basta ai diritti negati nel lavoro domestico e di cura – tuona Nicola Tavoletta, direttore provinciale delle Acli -.Gli strumenti ci sarebbero per far emergere il lavoro nero. Defiscalizzare il lavoro domestico ad esempio spingerebbe le famiglie a regolarizzare. Non bisogna poi dimenticare che stiamo parlando di circa un milione di persone che tra qualche anno rischiano di ritrovarsi in totale stato d’indigenza perché prive di pensione o con una pensiona minima”.
Sul tema pensioni e versamento contributi è intervenuta anche Maria Cristina Di Pofi, consigliere provinciale ACLI con delega all’orientamento giuridico. “Esiste un sistema dettagliato per il versamento di contributi per queste categorie di lavoratori e anche l’indicazione di un livello minimo di retribuzione che deve essere garantita. I contributi per i lavoratori domestici si pagano trimestralmente il giorno 10 del mese successivo al trimestre di riferimento. Ad esempio entro il dieci gennaio per il periodo ottobre, novembre, dicembre. In genere l’Inps, verso la fine di gennaio di ogni anno, provvede ad aggiornare gli importi da versare per l’anno in corso, con decorrenza dal primo gennaio, con apposita circolare che viene pubblicata sul sito dell’Inps nella sezione “news” ma che è sempre possibile reperire nella sezione “INPS comunica”: cliccando sulla sezione “elenco completo” delle “ultime circolari” è possibile ricercare le comunicazioni anche per argomento. Con la circolare n. 13 del 27 gennaio 2017 , l’Inps ha invece comunicato che, per l’anno 2017, restano confermate le fasce di retribuzione, già in vigore per l’anno 2016 e pubblicate con la circolare n. 16 del 29 gennaio 2016, su cui calcolare i contributi dovuti per l’anno 2017 per i lavoratori domestici”.
“Essere a conoscenza delle norme che regolano i rapporti contrattuali nel lavoro domestico e di cura è necessario per tutelare sia le famiglie che le lavoratrici e i lavoratori – conclude Nicola Tavoletta – e per difendere quanto c’è di più caro e dignitoso per l’essere umano, la famiglia e il lavoro. Solo valorizzando ogni tipo di lavoro e rispettando le regole si può migliorare la qualità della vita e diminuire le disuguaglianze. Per questo ci battiamo perché il lavoro sommerso riemerga anche in questo ambito e ci stiamo spendendo, con tutte le nostre forze, perché venga al più presto approvato il disegno di legge sul riconoscimento giuridico della figura del caregiver, altra fetta importante di popolazione a oggi senza tutela alcuna”.