“Questa mattina ho effettuato una visita, informale, all’ospedale Santa Maria Goretti di Latina. Ho trascorso tre ore per i reparti. Ho visto la situazione in cui versa il pronto soccorso. Ho visto gli occhi delle persone in attesa e di coloro che, contro ogni logica, erano costretti a sostare su letti appoggiati nei corridoio. Ho visto le sale di visita in cui sono stipati i pazienti neanche fossero merce in attesa dello smistamento. Ho visto quello che dovrebbe essere il punto di accesso del cittadino all’ospedale, in una condizione degna neanche delle strutture per sfollati durante la guerra. Il tutto con medici ed infermieri che devono districarsi in una giungla di apparecchiature e letti ammassati e che continuano con dedizione, professionalità e passione a lavorare per assistere i loro pazienti nel migliore dei modi. Ho visto un signore su una barella in attesa di un posto letto e l’ambulanza ferma, quindi inutilizzabile. Le stesse cose che, evidentemente, il direttore generale della Asl di Latina preferisce non vedere o che ha visto ed ha deciso di ignorare. Non avrebbe senso altrimenti il fatto che nell’atto aziendale, della situazione del pronto soccorso non sia stato neanche fatto cenno. Caporossi e i suoi sodali Parrocchia e Cordoni nel redigere l’atto aziendale hanno pensato bene di dedicarsi a compilare i tasselli di dirigenze e incarichi apicali ma non hanno mai guardato all’interesse dei cittadini nè tantomeno a garantire servizi all’altezza delle cure che meritano. Il quadro che è emerso questa mattina ha superato di gran lunga le mie aspettative. Pensavo che la situazione fosse critica. Mi sono reso conto che è tragica. Caporossi e i suoi moschettieri ci parlano di una sanità che dovrebbe avere i suoi perni nel Dea di II livello al Goretti e in quello di I livello a Formia. Il risultato è che hanno tolto ad entrambi ogni possibilità di essere tali. Ci parlano di modelli validi nel resto d’Italia, peccato che si tratti di modelli che loro non hanno contestualizzato adeguandoli alle caratteristiche geografiche di una provincia di 600 mila abitanti, estesa longitudinalmente, in cui muoversi è un atto di fede. In cui il modello concentrico non funziona, in cui l’assistenza territoriale per essere tale deve avere dei presidi nelle aree nevralgiche del territorio. Hanno scritto che il Goretti è Dea di II livello e nello stesso tempo hanno cancellato, come se non fossero mai esistite, l’unità di andrologia e di fecondazione assistita. Hanno smembrato la radiologia tradizionale dalla radiologia interventistica che oggi sono uno dei fiori all’occhiello della sanità di Latina e del Lazio. Hanno lasciato un reparto intero vuoto, con i relativi posti letto, accorpando urologia al reparto di chirurgia. Rendendo quella che doveva essere una strategia per il periodo estivo, e per far fronte alla carenza di infermieri, una decisione definitiva che penalizza la dotazione di posti letto per entrambi i reparti. Hanno spostato endoscopia da Formia a Latina con il risultato di ingolfare un reparto in cui il personale è già sottodimensionato. Risultato, i Dea di II e I livello esistono solo sulla carta e sono, se non si interviene adeguando le strutture, migliorando i servizi, aumentando la pianta organica, dei mostri senza testa grazie alle decisioni assurde di Caporossi e del suo gruppetto che nega anche l’evidenza delle cose tanto da rispondere a queste osservazioni dicendo che si tratta di mie interpretazioni. Un atto aziendale non si interpreta. E non sarà per loro possibile interpretare, perchè il nostro messaggio nella forma e nella sostanza sarà chiarissimo, la mobilitazione che metteremo in atto se Caporossi non si apre al confronto e non cancella queste storture. Se non elimina i disastri che ha compiuto lasciando, almeno, le cose come stanno. E’ una capacità non comune, legata probabilmente a chi ricopre incarichi non per concorso ma per investitura politica, quella di riuscire a cancellare le eccellenze della nostra sanità donando in cambio confusione, disservizi e inefficienza a danno di medici ed infermieri che non sono pedine senza anima e costringendo i cittadini a perdere la partita con i propri diritti”.
Giuseppe Simeone