Il reddito di cittadinanza – misura ovviamente perfettibile e presa di mira per una quota molto minoritaria anche da delinquenti e appartenenti a clan (qualche malacarne della criminalità organizzata però si lamenta che l’Rdc abbia tolto manodopera al mondo dei pusher) – è diventato la misura spot dell’ultima manovra di bilancio. Una legge di stabilità che non passerà alla storia se non per aver abolito l’unica misura significativa dei governi negli ultimi cinque, sei anni.
Come se il lavoro cadesse dal pero e chi percepisce il reddito di cittadinanza fosse, per pregiudizio, un pelandrone divanista; soprattutto, come se l’Italia fosse il Bengodi del merito, mentre è spesso tutta una spintarella, una bava e una conoscenza. Ma di quale lavoro parlano questi privilegiati?
Detto a chi, poi? A gente che campa con 500 euro al mese (anche meno) e anche a quelli che hanno trovato un lavoro e che, grazie al reddito di cittadinanza, usufruiscono di un sussidio per non morire di fame, lavorando peraltro.
Il non plus ultra in questa speciale classifica di ipocriti e facce da bronzo della politica non poteva che venire dalle lande pontine, escluso naturalmente Matteo Salvini che inneggiava al reddito di cittadinanza prima della tintarella alcolica del Papeete.
Il riferimento al campione di dichiarazioni da faccia da bronzo, si sarà capito, è il sottosegretario al Lavoro della Lega, il latinense Claudio Durigon. Il Nostro, passato indenne tra gaffe e rapporti indicibili con personaggi processati per metodi mafiosi, ha avuto l’ardire di dire a coloro che perderanno il sussidio di protezione sociale (che tutti i paesi europei hanno) di cercarsi un lavoro.
Questa è la risposta che dà un sottosegretario al Lavoro che, peraltro, aveva lo stesso ruolo nel 2019 quando il Governo Conte I, che si reggeva sulla maggioranza M5S e Lega, varò la misura del reddito di cittadinanza. Un’amnesia totale o per meglio dire il surfare di un politico che dichiara a convenienza, “curando – come cantava Guccini – però sempre di riempirsi la pancia”.
Quindi, il sottosegretario al lavoro del Governo Conte I, nel Ministero retto da Luigi Di Maio, detto “Giggino ‘a poltrona” (il quale sparacchiò a capocchia, in altro senso, nel commentare l’approvazione dell’RDC, sostenendo che era stata abolita la povertà), diventa darwinista e lancia la nuova ideologia della società italiana: chi non ha lavoro, va affamato.
Bernardo Bassoli LAtina TU