L’informazione e l’amplificazione al più grande numero di pubblico possibile, oltre ai contesti istituzionali deputati, delle problematiche sociali importanti, come quella della violenza di genere, è una questione che varca ogni posizione politica.
Da sempre poniamo questo modus operandi al centro del nostro quotidiano impegno pubblico, pur non avendo nessun incarico: né politico né istituzionale.
Un percorso virtuoso, rispetto alla violenza di genere e per riordinare l’intero settore c’è offerto dalla Regione Lazio, che ha licenziato le linee guida rimodulanti le disposizioni per contrastare l’odiosa pratica e per la sviluppo di una cultura del rispetto dei diritti umani fondamentali e delle differenze tra uomo e donna.
La nuova Legge Regionale, nell’individuare gli interventi regionali in materia, definisce le strutture di accoglienza e sostegno per le donne vittime di violenza, distinguendole in Centri antiviolenza, Case rifugio e Case della semi-autonomia, con l’indicazione dei servizi offerti.
E’ un documento composto di molteplici pagine che abbiamo provato a sintetizzare al meglio.
La rivista legge prevede tra l’altro:
– l’istituzione di un’apposita Cabina di regia, presso la Presidenza della Giunta
Regionale, con compiti di coordinamento degli interventi, formulazione delle proposte in ordine alla predisposizione del Piano triennale attuativo degli interventi e delle misure per contrastare la violenza sulle donne, la promozione di una rete regionale antiviolenza, in raccordo con la rete nazionale antiviolenza del Dipartimento per le Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
– l’istituzione dell’Osservatorio regionale sulle Pari Opportunità e la violenza alle donne con, tra gli altri, il compito di rilevazione, analisi e monitoraggio dei dati inerenti allo stato di applicazione delle politiche di pari opportunità, la violenza alle donne e assistita, gli interventi di contrasto alle stesse negli Stati membri dell’Unione Europea, su tutto il territorio nazionale con particolare riferimento alla Regione.
A fronte dell’impianto normativo descritto, la situazione delle strutture dedicate all’accoglienza e al supporto delle donne vittime di violenza e dei/delle loro figli/e minori – nel territorio regionale – necessita di una attenta riflessione.
Infatti, la ricognizione di dette strutture, ha evidenziato, sia per la storia che le ha prodotte che per la mancanza di un indirizzo specifico, l’istituzione di strutture antiviolenza con modalità e criteri di funzionamento non omogenei e con una diversa definizione tipologica di struttura, evidenziando in particolare:
. una discontinuità di interventi;
. una disomogeneità di distribuzione sul territorio della regione dei servizi di presa in carico delle donne vittime di violenza;
. una disomogeneità di azioni intraprese dai soggetti gestori delle strutture di accoglienza;
. una disomogeneità di metodologia nella modalità di contatto e accoglienza delle vittime di violenza;
. una assenza o diversità di strutturazione delle reti dei Centri antiviolenza e delle reti
territoriali.
Le Case rifugio, inoltre, in quanto strutture residenziali, devono essere accreditate ai sensi della L.R. 12 dicembre 2003 n. 41 e devono possedere al fine dell’autorizzazione all’apertura ed al funzionamento.
In particolare, le Strutture residenziali per donne in difficoltà”, la cui tipologia è distinta in “Casa–famiglia per donne in difficoltà”, “Comunità alloggio per donne in difficoltà” e “Comunità di pronta accoglienza per donne in difficoltà” sono individuate quali strutture atte ad accogliere, tra le altre, anche le donne vittime di violenza, non salvaguardando la specificità del fenomeno.
Si ritiene invece che – in considerazione dei particolari bisogni espressi – le strutture
residenziali per donne che hanno subito violenza e indicate come “Casa rifugio” debbano ospitare solo ed esclusivamente vittime di violenza in ogni sua forma.
Al fine quindi di ricondurre le strutture dedicate alla presa in carico delle vittime di violenza e dei/delle loro figli/figlie minori ad un disegno “sufficientemente omogeneo” nel territorio regionale si evidenzia la necessità delle presenti linee guida in cui sono definiti i requisiti minimi che i Centri antiviolenza, le Case rifugio e le Case della Semi Autonomia devono possedere, ai sensi della L.R. 19 marzo 2014, n. 4, e dell’Intesa sancita tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano nella Conferenza unificata del 27 novembre 2014, per far parte della rete dei servizi finanziati dallo Stato e dalla Regione.
Gli obiettivi
Con le linee d’indirizzo s’intendono definire modalità omogenee di funzionamento delle strutture che erogano servizi per donne che hanno subito violenza e i/le loro figli/e al fine di ridurre la variabilità dei livelli di accoglienza e sostegno e garantire standard qualificati nella presa in carico delle vittime di violenza in tutto il territorio regionale, nonché definire criteri per la promozione di reti territoriali finalizzate a prevenire e contrastare la violenza nei confronti delle donne.
I servizi dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio, che, ai sensi della L.R. 19 marzo 2014, n. 4, devono essere erogati alle donne e ai/alle loro figli/figlie a titolo gratuito, dovranno ispirarsi ai seguenti principi:
le competenza
Il personale impegnato nelle strutture di accoglienza deve possedere formazione e specifiche competenze di lettura della violenza contro le donne in un’ottica di genere e possedere i requisiti previsti dalle vigenti normative di settore nazionali e regionali.
La multidisciplinarietà
L’équipe che accoglie le donne e i/le minori deve garantire una multidisciplinarietà di
competenze, in grado di garantire percorsi di sostegno nel rispetto delle differenze culturali e della storia di ciascuna donna.
La chiarezza
Fornire informazioni chiare e comprensibili sia nel contatto telefonico che durante il colloquio anche attraverso il supporto del servizio di mediazione culturale, qualora necessario.
La riservatezza
Nel rispetto della normativa vigente sulla privacy (D.L gs. 196/2003) dovrà essere richiesta l’autorizzazione per il trattamento e l’utilizzo dei dati ai fini del monitoraggio del fenomeno e delle indagini statistiche, fatto salvo comunque l’anonimato della donna.
La fruibilità e accessibilità
Garantire l’accesso a tutte le donne, senza alcuna discriminazione riferita a razza, colore, lingua, religione, opinioni politiche o di qualsiasi altro tipo, origine nazionale o sociale, appartenenza a minoranze, censo, nascita, orientamento sessuale, età, disabilità, status di migrante o di rifugiato.
La Regione, nel rispetto della normativa internazionale e nazionale, propone un modello di governance multilivello dal punto di vista di un coordinamento delle azioni e degli interventi degli attori istituzionali e sociali presenti sul territorio nel rispetto delle specifiche competenze di ciascuno.
Alla programmazione e all’attuazione degli interventi e dei servizi per la prevenzione e il contrasto alla violenza di genere concorrono:
– gli ambiti territoriali, così come definiti dall’art. 43 della Legge Regionale 10 agosto
2016, n. 11;
– le province, così come definite con Legge 7 aprile 2014, n. 56 “Disposizioni sulle
Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni”, con le modalità definite nella Legge Regionale 31 dicembre 2015, n. 17, art. 7 comma 3 lettera c) e nella legge regionale 10 agosto 2016, n. 11;
– associazioni e organismi che abbiano tra gli scopi statutari prioritari la lotta a ogni forma di violenza contro le donne e i minori che abbiano maturato esperienze e
competenze specifiche in materia di violenza contro le donne, che utilizzino una
metodologia di accoglienza basata sulla relazione tra donne, con personale
specificatamente formato sulla violenza di genere.
I Comuni associati in ambiti territoriali, concorrono all’attuazione della programmazione regionale rappresentando le specifiche esigenze del proprio territorio.
Le associazioni e gli organismi, in possesso dei requisiti sopra previsti, possono partecipare ad appositi bandi pubblici per la gestione dei servizi nei Centri antiviolenza, nelle Case rifugio e nelle Case della semi-autonomia.
Le Aziende Sanitarie Locali (ASL), nei programmi delle attività territoriali e nei Piani di Zona, garantiscono le prestazioni sanitarie tramite un approccio integrato oltre che percorsi di cura e supporto specificatamente dedicati alle donne vittime di violenza, attraverso protocolli d’intesa a livello territoriale.
I Centri antiviolenza sono strutture in cui sono accolte – a titolo gratuito – le donne di tutte le età ed i/le loro figli/figlie minorenni, che hanno subito violenza o che si trovano esposte alla minaccia di ogni forma di violenza, indipendentemente dal luogo di residenza.
I Centri antiviolenza, ai sensi di quanto stabilito dall’art. 5-bis, comma 3, del Decreto Legge n. 93 del 2013, convertito con modificazioni dalla Legge n. 119 del 2013, sono promossi da:
Le associazioni e le organizzazioni di cui al comma 2, lettera b) devono:
– essere iscritte agli Albi/registri regionali del volontariato, della promozione o della
cooperazione sociale o iscritte ai registri regionali delle Onlus presso l’Agenzia delle
entrate ovvero ad Albi regionali appositamente istituiti;
– avere nel loro Statuto i temi del contrasto alla violenza di genere, del sostegno, della
protezione e dell’assistenza delle donne vittime di violenza e dei loro figli quali
finalità esclusive o prioritarie, coerentemente con quanto indicato con gli obiettivi
della Convenzione di Istanbul e dimostrare una consolidata e comprovata esperienza
almeno quinquennale nell’impegno contro la violenza alle donne.
I requisiti strutturali dei Centri antiviolenza
– La struttura destinata a sede operativa del Centro antiviolenza, di seguito denominato “Centro”, deve possedere i requisiti di abitabilità e deve essere articolata in locali idonei a garantire le diverse attività nel rispetto della privacy.
– Il Centro può articolarsi anche con sportelli sul territorio dove vengono svolte le diverse attività.
– Il Centro garantisce un’apertura di almeno 5 giorni alla settimana, ivi compresi i giorni festivi.
– Il Centro deve garantire un numero di telefono dedicato attivo h24, anche collegandosi al 1522.
– Il Centro deve aderire al numero telefonico nazionale di pubblica utilità 1522 e deve
assicurare l’ingresso nella mappatura tenuta dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché l’iscrizione negli appositi registri previsti dalle norme regionali e/o accreditamento in relazione a quanto previsto dalla normativa regionale.
– Il Centro adotta la Carta dei servizi, garantendo l’accoglienza con giorni e orari di
apertura al pubblico in locali appositamente dedicati a tale attività.
– Non è consentito l’accesso ai locali del Centro agli autori della violenza e dei
maltrattamenti.
Il flusso informativo
La Regione Lazio s’impegna alla costruzione di un sistema di monitoraggio del fenomeno degli interventi effettuati per contrastare la violenza contro le donne, con l’obiettivo di definire un sistema integrato di flussi di dati forniti dalle Istituzioni e dai servizi coinvolti nell’accoglienza e nel supporto alle donne, secondo le modalità definite dagli organismi competenti a livello nazionale.
A tal fine i Centri antiviolenza e le Case rifugio sono tenuti a inviare alla Regione Lazio i dati e le informazioni da loro raccolti sull’attività effettuata.
La Regione Lazio assolverà tutti i compiti informativi nei confronti dello Stato, per quanto di propria competenza.
Le attività di monitoraggio e raccolta dati saranno svolte nel rispetto dei diritti alla
riservatezza delle vittime di violenza e con le modalità previste dal Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali) e sulla base della normativa nazionale ed europea applicabile.
Per la consultazione dell’intera legge collegarsi al sito internet della Regione Lazio.
Gina Cetrone
Movimento Politico “Sì Cambia”