“Siamo tutti responsabili di quello che sta succedendo. Le politiche migratorie sono un tema assai controverso che spesso la politica preferisce trascurare perché scomodo. Da che parte mettersi? Manteniamo una misura umana e vediamo il migrante come noi, come tanti nostri figli, che vanno via dall’Italia in cerca di una condizione economica migliore; come persona in difficoltà che fugge da una situazione che non garantisce un futuro per se e per i suoi figli; oppure preferiamo, come qualcuno vorrebbe farci credere, pensare al migrante come persona che a causa di un colore diverso della pelle o per una lingua diversa o per una cultura che non comprendiamo, possa essere messo nell’elenco di coloro che vengono qui per sfruttare una situazione di comodo.
Ormai anche i migranti sanno che l’Italia non ha nulla da offrire ai loro figli, perché con difficoltà riesce a garantire servizi anche per i suoi figli, e scappano. Scappano anche da quelli che dovrebbero essere servizi a loro destinati. Un‘Italia che è stata logorata da chi negli anni del berlusconismo dilagante ci ha fatto credere che siamo tutti uguali e che i ricchi e i poveri possono avere lo stesso tenore di vita e ci ha fatto dimenticare le lotte per i diritti che i nostri nonni hanno fatto per noi. Lasciatemi passare queste categorie perché sono quelle che ormai, purtroppo, definiscono la nostra società. Ci hanno messo nella condizione di scatenare una lotta tra ultimi. Siamo pieni di rabbia, perché non vediamo garantiti i nostri diritti e di conseguenza non riconosciamo i diritti degli altri. Parliamo con la pancia. Ci hanno fatto dimenticare che la sinistra e la destra non sono la stessa cosa. Non abbiamo coraggio di dire veramente come la pensiamo in fatto di migranti, perché la popolarità potrebbe scendere: dire qualcosa di troppo compromettente metterebbe a repentaglio i risultati delle future elezioni.
Ho fatto tante e importanti battaglie per questo territorio. Ho conquistato spazi su tavoli in cui il Comune di Cori non aveva mai avuto troppa voce in capitolo, proprio perché non ho mai avuto paura di dire la mia. Ora voglio dire cosa ne penso di questa gestione schizoide che viene fatta delle politiche migratorie in Italia. Sentiamo spesso parlare di temi come gli arrivi dei richiedenti asilo via mare o la loro trafila per ottenere un permesso di protezione internazionale, spesso tortuosa e a forte rischio di sfociare nell’irregolarità, con la permanenza di migliaia di persone sul territorio italiano senza alcun permesso. Secondo le statistiche ufficiali, al momento in Italia vivono in queste condizioni circa 600.000 persone, una ogni cento italiani e stranieri che abitano regolarmente nel territorio italiano. Di recente questi numeri sono aumentati notevolmente grazie ai cosiddetti “decreti sicurezza”.
La ragione principale per cui questa stima è così alta è dovuta all’assenza di vie legali praticabili per trasferirsi in Italia per lavorare dai paesi al di fuori dell’Unione Europea.
La legge che di fatto le impedisce è stata introdotta nel 2002 dal governo di centrodestra guidato da Silvio Berlusconi e porta il nome dei due principali alleati dell’allora presidente del Consiglio: Umberto Bossi (Lega Nord) e Gianfranco Fini (Alleanza Nazionale). Da allora si parla ciclicamente di modificare o abolire la “Bossi-Fini”, ma nonostante il centrosinistra nel frattempo abbia governato per quasi nove anni, la legge è rimasta in vigore.
Poi, negli ultimi anni si è giunti al decreto sicurezza di matrice salviniana, che ha visto nei suoi passaggi fondamentali l’abolizione della protezione umanitaria, lo smantellamento del sistema di accoglienza diffuso, devastato dai tagli e dalla riduzione dei servizi per l’integrazione, la cancellazione della registrazione anagrafica, il ritorno ai grandi centri di accoglienza. Una legge ingiusta e discriminatoria, frutto di politiche dettate dall’emergenza e dalle necessità elettorali che trovano il punto di origine nella Bossi-Fini, che di fatto ad oggi impedisce di entrare regolarmente nel nostro Paese.
Per invertire la rotta servono proposte concrete in grado di ridurre il danno dei “decreti insicurezza”, perché tutto l’investimento fatto sulla gestione dei flussi migratori attraverso i CAS (gestiti direttamente dalla Prefettura) a scapito degli importanti tagli fatti sulla gestione degli SPRAR, e quindi della possibilità di far diventare il territorio comunale attore principale e responsabile dei flussi migratori locali ha portato ad una profonda marcia in dietro. I flussi migratori vengono gestiti direttamente dalla Prefettura che può collocare gruppi numerosi di migranti all’interno di strutture gestite esclusivamente da privati. Tutto questo ha fatto sì che, per esclusive questioni economiche di budget a disposizione delle prefetture e di guadagno per le cooperative che affittano le grandi strutture ospitanti, molte scelte di controllo della qualità di vita di queste persone e di conseguenza la possibilità di gettare le basi di integrazione e interazione con i territori ospitanti andasse a monte. Il personale all’interno delle strutture è stato ridotto all’osso. Non si riesce a garantire il controllo di tutti gli ospiti presenti. Anche le forze dell’ordine sono in difficoltà.
Basta parlare di emergenza quando si parla di immigrazione. L’immigrazione è un fenomeno costante nel nostro Paese e in Europa è arrivato il tempo di cambiare, di dare un forte segnale di discontinuità per battere la cultura dell’odio e avviare vere politiche di integrazione. Alzare i muri si è sempre mostrata una strada perdente.
Tornando a Cori e riprendendo quanto riportato precisamente dal Sindaco, è assurdo pensare che un’amministrazione comunale potesse mettere il veto sull’accoglienza nella struttura, che com’è noto non è di proprietà comunale, bensì ecclesiastica, e che la stessa proprietà ha voluto affittare a una cooperativa che offre questo tipo di progetti di accoglienza. Quindi tutte le affermazioni false e tendenziose di un eventuale ritorno economico al Comune sono assai pericolose e mistificatorie di una realtà complessa, che poco ha a che vedere con la volontà politica di un’amministrazione comunale. La responsabilità a cui siamo chiamati noi amministratori è stata, come ha detto bene il Sindaco, quella di rispondere alla richiesta di istituzioni superiori che avrebbero dovuto garantire controlli e sicurezza.
Per rispondere agli attacchi dell’”Altra Città”, credo che sia proprio l’opposizione, che sui propri banchi ha anche rappresentanti leghisti, a doverci spiegare come il decreto sicurezza di matrice salviniana ci abbia tutelato in questa situazione, piuttosto che manipolare le informazioni rispetto a quanto accaduto. Spiegate per bene ai nostri cittadini che cosa dice il decreto sicurezza e fate capire per bene quanta è l’insicurezza che ha creato. Cavalcare l’onda se non si è buoni surfisti è pericoloso. Ritengo che viviamo in un territorio che ha anticamente mostrato una profonda vocazione all’accoglienza e alla solidarietà e credo che facendo scelte che privilegiano valori come il rispetto dell’individuo e la valorizzazione della dignità di ogni uomo non si possa mai sbagliare. Da qui partono le nostre basi. Siamo tutti cittadini del mondo”.
Chiara Cochi
Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Cori