Una vicenda annosa che inizia, almeno a livello giudiziario, nel 2019 quando l’ex dipendente del Comune di Terracina, con mansioni nell’Ufficio Stampa, fa causa all’ente.
L’uomo, vistosi penalizzato, intenta causa al Comune presso il Tribunale del Lavoro di Latina e chiede di essere ripristinato in qualità di responsabile dell’Ufficio Stampa del Comune, oltreché all’accertamento del suo demansionamento, con tanto di condotta vessatoria, persecutoria e denigratoria tenuta dall’Ente e, infine, la condanna del medesimo Comune a diverse migliaia di euro: oltre 400mila euro di danno biologico, 150mila euro per il “downgrade” subito e 2.500 euro per ogni anno a partire dal 2016 (anno della fine del rapporto del ricorrente presso il Comune) come indennità previsto dal contratto collettivo integrativo 2016-2018.
A dargli ragione è il giudice del lavoro del Tribunale di Latina, Valentina Avarello, con una sentenza disposta lo scorso aprile.
Tutto nasce nel dicembre 2016 quando una delibera dell’allora neo Giunta comunale guidata dall’oggi parlamentare europeo Nicola Procaccini, esponente di spicco di Fratelli d’Italia, decide di sopprimere l’Ufficio Stampa, facendolo diventare un organismo alle dirette dipendenze del primo cittadino con poteri di nomina e trasferendo in seguito il malcapitato dipendente presso l’Urp (ufficio relazioni col pubblico), all’interno di uno stambugio nell’ufficio dell’ex Giudice di Pace di Terracina, tra scatoloni, rifiuti, senza scrivania, sedie, telefono e computer. Praticamente una emarginazione di fatto con una professionalità svuotata, senza contare che lo stesso Procaccini, capo di quella giunta che assunse la decisione, è pure un giornalista con tanto di patentino da professionista, nonché ex portavoce dell’attuale premier Giorgia Meloni. Insomma, quantomeno si suppone avrebbe dovuto avere a cuore i diritti di un operatore dell’informazione, se non altro per spirito di categoria. Macché.
La vicenda lavorativa del dipendente, poi, si conclude a causa in corso, dal momento che, nel 2022, lo stesso viene collocato in quiescenza e il rapporto di lavoro cessa. Nel mezzo, a propria difesa, come ricorda il giudice, l’amministrazione sosteneva che in realtà le mansioni del dipendente, pur trasferito tra sporcizia e scatoloni, fossero comunque connesse alla sua qualifica.
Fatto sta che il Tribunale del Lavoro, per dirimere la vicenda, ha proceduto a una istruttoria che “ha pienamente confermato – scrive la il giudice Avarello – l’assunto attoreo”. Tradotto: il dipendente aveva assolutamente ragione a reclamare. A dare manforte all’istruttoria del Tribunale di Latina, due testimonianze rese dalla dirigente dell’Urp e da un ex consigliere comunale, in carica dal 2011 al 2021. Entrambi hanno confermato, peraltro, che il dipendente dal dicembre 2016 all’ottobre 2018 è rimasto privo di incarico e attività.
Praticamente, secondo quanto dichiarato dai testimoni, le mansioni svolte dal dipendente come ufficio stampa furono svolte, dopo la sua cacciata, da un portavoce scelto da Procaccini: l’ufficio stampa fu proprio soppresso. “Lui – ha spiegato la dirigente dell’Urp in riferimento al dipendente mobbizzato – non faceva niente…mi rispose che non faceva nulla durante tutto il giorno…non aveva neanche un telefono”.
C’è di più. La dirigente disse al Sindaco Procaccini che andava trovata una soluzione per il dipendente proprio per evitare futuri contenziosi con l’ente. “Il Sindaco rispose testualmente “non me ne frega niente, può fare quello che vuole“. Praticamente, per due anni, il dipendente, fino ai testi escussi hanno riferito che il Sindaco fosse a conoscenza della circostanza e che, notiziato della problematica lavorativa, ha riferito “non me ne frega niente“.
Lo stesso Sindaco ha poi relegato il dipendente in “un ufficio fatiscente” con “mansioni minime e dequalificanti”. Il Tribunale di Latina è sicuro: vi è stata una condotta “mobbizzante” perpetrata dal Sindaco Nicola Procaccini, “consistita in consapevoli comportamenti persecutori, finalizzati all’emarginazione del lavoratore”. Procaccini, peraltro, definitivamente archiviato dalla vicenda giudiziaria “Free Beach” che ha terremotato, nell’estate 2022, la Giunta della sua sodale politica Roberta Tintari, è stato coinvolto nella stessa indagine anche per pressioni esercitate da lui su una dipendente del Suap del Comune di Terracina (leggi link alla fine dell’articolo). Un fatto ritenuto non penalmente rilevante, ma di certo non proprio edificante.
Tornando al dipendente mobizzato, Il danno biologico è stato così calcolato anche sulla base di una consulenza di un medico legale che ha ravvisato disagio e stress nel dipendente in relazione alla vicenda lavorativa: “ha manifestato ansia, insonnia e labilità emotiva“. Il medico ha inoltre evidenziato che il dipendente non aveva avuto disturbi del genere prima del mobbing ricevuto, arrivando a quantificare un periodo di inabilità parziale e temporanea al 25% e una menomazione permanente dell’integrità psico-fisica al 12%. Calcoli che fanno derivare la somma da risarcire al dipendente per l’ammontare di quasi 16.983 euro, diviso tra danno biologico e danno biologico temporaneo.
In sintesi, il Comune di Terracina deve essere condannato a tale somma di 16.983 euro, più il risarcimento del danno non patrimoniale quantificato in 54.984 euro. Inoltre, l’ente dovrà pagare le spese di lite nei confronti del dipendente per la somma di 5.669 euro. In tutto, escluse le spese da liquidare al consulente medico legale sempre a carico del Comune di Terracina, l’ente dovrà sborsare la somma di oltre 77mila euro.
8 Settembre 2023
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