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Olocausto: perché la sensibilizzazione è necessaria

scritto da Redazione
Olocausto: perché la sensibilizzazione è necessaria

Il 1° novembre 2005, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la Risoluzione A/Res/60/7 ha designato il 27 gennaio, anniversario della liberazione da parte dei soldati dell’Esercito sovietico, al cui “coraggio e devozione” si rende omaggio, del campo di sterminio di  Auschwitz , come “Giornata internazionale di commemorazione in memoria delle vittime dell’Olocausto”.

La risoluzione, approvata all’unanimità, non casualmente, nel sessantesimo anniversario della disfatta del regime nazista, richiama la “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”, del 1948, la “Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio”, dello stesso anno e il “Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici”, del 1966.

Richiamando la “Dichiarazione universale dei diritti umani”, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ribadisce che “l’Olocausto, che provocò l’uccisione di un terzo del popolo ebraico e d’innumerevoli membri di altre minoranze, sarà per sempre un monito per tutti i popoli sui pericoli causati dall’odio, dal fanatismo, dal razzismo e dal pregiudizio”.

D’altronde il principio fondativo delle Nazioni Unite, di preservare le generazioni future dal flagello della guerra rinvia al legame indissolubile delle Nazioni Unite alla tragedia immane della Seconda guerra mondiale. La “Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio” era stata adottata proprio per evitare che si potessero ripetere genocidi come quello perpetrato dal regime nazista. Nel preambolo della “Dichiarazione universale dei diritti umani” si precisa anche che “l’ignoranza e il disprezzo dei diritti dell’uomo hanno portato a degli atti di barbarie che sconvolgono la coscienza dell’umanità”.

Attraverso la “Risoluzione” si chiede al Segretario Generale alle Nazioni Unite di istituire un programma di sensibilizzazione sull’Olocausto, nonché misure volte a mobilitare la società civile per ricordare l’Olocausto e prevenire futuri atti di genocidio. Il Dipartimento per l’Informazione Pubblica (DPI) delle Nazioni Unite ha assunto la guida nella creazione di una vasta iniziativa, che mira a incoraggiare lo sviluppo di programmi di studio sul tema della Shoah da parte degli Stati Membri delle Nazioni Unite e mobilitare e sensibilizzare la società civile. Il Dipartimento per l’Informazione Pubblica intraprende ogni anno una serie di attività sul tema. Tra queste: eventi speciali, proiezioni audiovisive, preparazione di contributi accademici e materiali informativi, collaborazioni con organizzazioni intergovernative e altre iniziative, per diffondere la consapevolezza e ricordare le gravi minacce rappresentate dal genocidio e dai crimini contro l’umanità.

Meritano di essere riproposti alcuni passaggi del denso messaggio del Segretario generale delle Nazioni Unite di allora: Kofi Annan, prestigiosa e autorevole personalità della minoranza cristiana-copta dell’Egitto: “In questa giornata le Nazioni Unite celebrano per la prima volta un evento che, a partire da oggi, sarà commemorato ogni anno in questa stessa data: la Giornata Internazionale di Commemorazione delle vittime dell’Olocausto. In nessun modo si può tornare indietro ed eliminare quella tragedia senza precedenti che l’Olocausto ha rappresentato. Questo deve anzi essere ricordato, con vergogna e orrore, fino a quando duri la memoria umana. Solo ricordando, infatti, saremo in grado di pagare un tributo adeguato a quanti ne sono stati vittime. Milioni di innocenti, Ebrei e membri di altre minoranze, furono massacrati con le modalità più atroci che si possano immaginare. Non dobbiamo dimenticare mai quegli uomini, quelle donne, quei bimbi, o l’agonia attraverso la quale sono passati. Il ricordo è un monito doveroso per tutti coloro che invece sostengono che l’Olocausto sia un’invenzione, oppure che si tratti di un’esagerazione. La negazione dell’Olocausto è il prodotto del fanatismo e noi dobbiamo rigettare queste false affermazioni, da chiunque, in qualunque modo e dovunque esse siano pronunciate. Ricordare rappresenta al tempo stesso una forma di salvaguardia per il futuro. L’abisso che è stato toccato nei campi di sterminio nazisti è iniziato con l’odio, il pregiudizio, l’antisemitismo. Ricordare le origini di questo male ha il dovere di rammentarci di non abbassare mai la guardia contro l’emergere di tali segnali. Il tema di questa Giornata Internazionale di Commemorazione è ‘oltre la memoria’. E con questo spirito, impegniamoci a raddoppiare i nostri sforzi e il nostro impegno per prevenire il genocidio e i crimini contro l’umanità”.

È significativo che Kofi Annan concluda il suo messaggio con il binomio genocidio-crimini contro l’umanità. La categoria giuridica e il termine stesso di “genocidio” (un neologismo composto da “genos”, stirpe, in lingua greca, e “caedere”, uccidere ma anche sterminare) sono un’elaborazione del giurista ebreo-polacco Raphael Lemkin, a partire dallo studio della vicenda della persecuzione e dai massacri degli Armeni in Turchia negli anni della Prima guerra mondiale e, soprattutto, della tragedia della deportazione e dello sterminio degli Ebrei durante la Seconda guerra mondiale. A partire, in questo secondo caso, anche dalla sua personale esperienza.

Connotazione peculiare del genocidio è il suo essere un crimine perpetrato intenzionalmente e sistematicamente dallo Stato, con la mobilitazione dei suoi apparati, che cercano o, in ogni caso, si giovano, nella società civile, se non della collaborazione, certamente dell’indifferenza-distrazione di molti.

Il termine “olocausto”, molto diffuso nei decenni precedenti soprattutto negli ambienti anglosassoni, è ormai sostituito da “Shoah”, “tempesta devastante” nel linguaggio biblico, preferito dagli studiosi ebraici perché il rinvio al sacrificio insito in olocausto, può generare equivoci e soprattutto per sottolinearne, con il nuovo termine, l’unicità contro le ricorrenti interpretazioni negazioniste o riduzioniste. Al riguardo è straordinaria la caustica battuta di Harry Block-Woody Allen, lo scrittore in crisi creative nel film “Harry a pezzi”, del 1997: “Non solo so che abbiamo perso 6 milioni di ebrei, ma quello che mi preoccupa è che i record sono fatti per essere battuti”.

Anna Foa, storica di valore e intellettuale impegnata di grande sensibilità, ha scritto su GariwoNetwork: “L’essere la Shoah all’estremo della scala del male, il suo essere perciò un fondamentale, unico, punto di accesso al male, tale da consentire uno sguardo privilegiato sul mondo del terrore, non vuol dire che dobbiamo rinunciare a esercitare questo sguardo su ciò che è successo prima e dopo la Shoah, su ciò che succederà domani o che sta già succedendo oggi”.

In un altro passaggio, l’autrice di “Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento”, pubblicato da Laterza nel 2009, conclude: “La memoria della Shoah è di tutti, per insegnare a tutti ad evitare altri genocidi, razzismi, antisemitismi. E il fatto che finora non ci sia riuscita, che i genocidi e i crimini di guerra abbiano continuato a succedersi di fronte ai nostri occhi troppo spesso distratti, non annulla questo impegno, semmai lo rende più urgente”.

 

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