Anni e anni passati senza vedere miglioramenti. Un’Italia dal suolo fragile che crolla a pezzi e di cui ci rammenta soltanto all’indomani di una frana o di un’alluvione, come successo in Sardegna, o in Toscana e in Liguria, tanto per citare le più recenti. E’ questo il senso del nuovo rapporto ‘Ecosistema a rischio‘, giunto alla decima edizione, realizzato da Legambiente e Protezione civile e da cui emerge come nel nostro Paese, a fronte di “6 milioni di persone che vivono in zone a rischio idrogeologico“, sono ancora troppo pochi i comuni che fanno un’adeguata prevenzione contro questo tipo di emergenze.
Il rapporto – che analizza le attività per la mitigazione del rischio idrogeologico di oltre 1.500 amministrazioni comunali italiane tra quelle a maggiore pericolo – oltre a dirci dei ‘6 milioni di italiani in pericolo‘ perché esposti a frane e alluvioni, mette in evidenza che i comuni coinvolti sono “ben 6.633“, pari “all’82% del totale” che si trovano in aree a rischio idrogeologico. In 1.109 comuni sono presenti “abitazioni in aree a rischio“; nelle stesse zone “in 779 amministrazioni (pari al 58%) sorgono impianti industriali“. Secondo il rapporto “nonostante le ripetute tragedie, anche nell’ultimo decennio sono state edificate nuove strutture in zone esposte a pericolo di frane e alluvioni“, in 186 comuni di quelli analizzati. In 242 amministrazioni (il 18%) sono state costruite “strutture sensibili, come scuole e ospedali, in aree a rischio idrogeologico; nel 24% dei casi (324 comuni) sia strutture ricettive che commerciali“. Inoltre, “in 153 comuni sono stati coperti tratti dei corsi d’acqua“. Ma nonostante ciò sono “ancora pochi i comuni che organizzano attività informative e esercitazioni“. C’è “ancora ritardo anche nelle attività di informazione dei cittadini, essenziali per preparare la popolazione a situazioni di emergenza. Troppe le amministrazioni comunali italiane che tardano in un’efficace politica di prevenzione, informazione e pianificazione d’emergenza (oltre 600 i comuni sotto la sufficienza)“.
Sul podio dei comuni più virtuosi per le attività di mitigazione del rischio idrogeologico: Calenzano (Fi), Agnana Calabra (Rc) e Monasterolo Bormida (At). Le ultime tre posizioni della classifica sono invece occupate da San Pietro di Caridà (Rc), Varsi (Pr) e San Giuseppe Vesuviano (Na). Tra i capoluoghi di Regione, la città prima in classifica è Bolzano, per via dell’assenza di strutture in aree a rischio e l’organizzazione del sistema locale di Protezione civile.
Per il capo della Protezione civile Franco Gabrielli “dobbiamo concentrarci sulla prevenzione di protezione civile e su una corretta informazione ai cittadini, strumenti che nell’immediato possono consentirci di salvare vite umane. In 10 anni sembra sia cambiato poco o nulla nell’attenzione rivolta alla salvaguardia del nostro territorio. Rimango convinto dell’urgenza di passare dalle parole ai fatti“. Il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza ricorda come “frane e alluvioni comportino ogni anno un bilancio pesantissimo per il nostro Paese” ma che “le politiche di mitigazione faticano a diffondersi” e le risorse servono più a “tamponare i danni” che a “pianificare una corretta gestione“.