Tralasciare la sicurezza dei cittadini al caso o all’evento più o meno fortuito, è una pratica di governo che mina alle fondamenta le regole della convivenza civile. Quando si parla di sicurezza non si intende la sola amministrazione quotidiana, peraltro esercitata egregiamente dalle forze di polizia. Si intende un riferimento ideale, valoriale e di giusta distribuzione di diritti e di doveri. In questi giorni, alla fine di una frenetica e confusa campagna elettorale a Latina, il tema della sicurezza riemerge prepotente attraverso una violenta spedizione punitiva e l’omicidio di un cittadino indiano. Le modalità e l’efferatezza del disegno criminale messo in atto da un gruppo della stessa etnia, ci induce a riflettere proprio sulla mancanza di progettualità della sicurezza urbana da parte del sindaco che, nei cinque anni passati, l’ha sempre considerata un “affaire” della polizia ed ha lasciato il conto da pagare ai cittadini. Senza il rispetto delle regole e dei valori di base, il tessuto sociale pontino non riuscirà a proiettarsi verso il futuro né tantomeno a immaginare forme migliori di convivenza. La mancanza di integrazione sociale e culturale, necessaria dopo la massiccia ondata di immigrazione clandestina, sta provocando sul territorio pontino un particolare e variegato modello di giustizia e di sicurezza. L’episodio criminale con l’omicidio del giovane immigrato indiano, ci racconta di uno spaccato preoccupante, ovvero il regolamento di conti all’interno di una comunità, di una enclave con le sue leggi tribali. La politica degli annunci inutili dell’amministrazione comunale è la plastica dimostrazione di una inadeguatezza politica circa il governo della città. Inadeguatezza aggravata da un approccio ideologico riguardo l’immigrazione e confermata dai fatti e dai freddi numeri della Questura. Una sottovalutazione gravissima confermata dal programma elettorale del bis sindaco, il quale dedica alla sicurezza urbana poche righe assolutamente inefficaci. Non bisogna essere analisti della Dia, per comprendere che l’aumento del reato di danneggiamento o di incendio doloso, rappresenti un sistema criminale dedito ad imporre le proprie regole a chi non si piega(per esempio l’estorsione). Abbiamo concluso male la passata consiliatura, ma stiamo iniziando peggio l’attuale. E pensare che già nell’ultima semestrale, la Dia aveva mostrato attenzione alle organizzazioni mafiose o paramafiose straniere, considerandole pericolosissime sia per la pervasività insita nelle comunità di origine sia per l’efferatezza. Disarticolare il caporalato è senz’altro compito delle forze dell’ordine, ma considerarlo solo un reato legato allo sfruttamento lavorativo è sviante perché distoglie l’attenzione dal tema più profondo dell’immigrazione illegale che, in questo caso, viene gestita dalla mafia endogena ma coadiuvata da terminali criminali stranieri. Iniziare a considerare la presenza di mafie straniere sui nostri territori come “emergenza sicurezza”, sarebbe già un salto di qualità importante e ci permetterebbe di affrontare anche in chiave politica il fenomeno. E’ preoccupante, infatti, lo stallo politico di una città che non ha mai creduto alle ricette fornite da Coletta. Ciò nonostante, si dovranno ancora subire queste politiche se la coalizione di cdx sposerà le sue idee.
I commenti non sono chiusi.