“Il Pd ritiene che sul tema degli enti locali le misure adottate dal governo, pur utili, non sono sufficienti e ha per questo predisposto una mozione parlamentare per chiedere di escludere dall’applicazione delle regole del patto di stabilità interno i Comuni ricompresi fra i 1.000 e i 5.000 abitanti“. È quando scrivono i parlamentari viterbesi del Pd al presidente della Provincia di Viterbo Marcello Meroi, che ha organizzato un incontro sul tema in programma oggi.
I deputati Donatella Ferranti, Giuseppe Fioroni, Alessandro Mazzoli, Alessandra Terrosi e il senatore Ugo Sposetti fanno il punto della situazione. “Sabato scorso il Consiglio dei Ministri ha varato il decreto – dicono – che consente di sbloccare il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione verso le imprese per una cifra complessiva di 40 miliardi di euro, 20 miliardi entro il 2013 e 20 miliardi nel 2014. Non è stato sbloccato tutto il debito ma una parte di esso e in ogni caso si tratta di un segnale importante vista la gravità della situazione dell’economia reale. Fra le misure per l’accelerazione dei pagamenti, alcune intervengono sui vincoli del patto di stabilità degli enti locali. Per esempio l’allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno tale da consentire l’utilizzo degli avanzi di amministrazione disponibile e l’esclusione dal patto di stabilità delle Regioni dei pagamenti effettuati in favore degli Enti Locali sui residui passivi a cui corrispondano residui attivi di Comuni e Province“. Misure non sufficienti per il Pd, che “per questo ha predisposto una mozione parlamentare per chiedere di escludere dall’applicazione delle regole del patto di stabilità interno i Comuni ricompresi fra i 1.000 e i 5.000 abitanti. Questi Comuni, infatti, sono nell’impossibilità di rispettare le nuove regole in considerazione della diversa gestione contabile. Per di più i Comuni sino a 5.000 abitanti sono impegnati in un processo storico di trasformazione istituzionale che prevede la gestione obbligatoria associata di tutte le funzioni fondamentali e pertanto, in prospettiva, sono impegnati a realizzare forme associative stabili quali l’Unione dei Comuni o altre forme associative: appare, quindi, ancor più irragionevole sottoporre i singoli Comuni a nuove regole che peraltro sono apertamente e con determinazione messe in discussione per i Comuni sopra i 5.000 abitanti“.
Altro problema evidenziato nella missiva, l’istituzione, dal primo aprile, della Centrale unica di committenza che sovrintende alle gare per l’acquisto dei servizi e per l’esecuzione dei lavori pubblici realizzati dagli stessi, “che sta creando notevoli difficoltà – concludono i parlamentari viterbesi del Pd – invece di semplificare e razionalizzare le procedure degli enti rischiando di complicarle con relativo aggravio dei costi“.