In questi giorni 14 scienziati hanno denunciato che “il Servizio Sanitario Nazionale è in grave crisi, c’è il rischio di non riuscire più ad assistere tutti“, perchè nel 2025 sarà destinato solo il 6,2% del PIL alla sanità.
Le condizioni in cui versa il nostro Sistema Sanitario Nazionale sono drammatiche. Sono anni che lo Stato non investe quanto necessario in termini di risorse. Con la pandemia, tutto è peggiorato. Liste d’attesa infinite, accessi alle prestazioni nel privato aumentati esponenzialmente (per chi può permetterselo), persone fragili abbandonate dal SSN. Il Movimento per la Sanità Pubblica chiede subito di investire per aumentare il personale sanitario, rafforzare la sanità territoriale e altri interventi necessari a evitare che il Sistema Sanitario Nazionale di sfasci. Sei con loro?
Un gruppo di donne e uomini con ruoli idee e funzioni diverse, insieme ad un gruppo di professionisti sanitari, ma anche semplici cittadine e cittadini preoccupati per l’attacco alla già indebolita sanità pubblica, hanno deciso di fare qualcosa. Ecco la ragione di questo appello, dare vita ad una vasta mobilitazione in difesa della sanità pubblica. Vi chiediamo di firmare, diffondere e condividere perchè senza una sanità pubblica efficiente e con risorse adeguate non esiste il diritto costituzionale alla salute.
Ecco l’appello:
Per la sanità pubblica
La salute è un diritto fondamentale per tutte le persone, che la nostra Costituzione tutela e che lo Stato deve garantire.
Purtroppo le condizioni in cui versa il nostro SSN sono drammatiche. Rispetto alla riforma del 1978 c’è stato un cambiamento demografico non ancora metabolizzato in modo adeguato: siamo una società invecchiata e che invecchierà ancor di più. Sono anni che lo Stato non investe quanto necessario in termini di risorse finanziarie, professionali, riforme. L’impatto della pandemia sull’intero sistema aveva aperto la speranza per adeguati investimenti sul servizio sanitario. Così non è avvenuto, quanto meno in termini congrui.
Un sistema già indebolito, costretto a dare priorità alla gestione della pandemia, ha raggiunto risultati efficaci grazie allo straordinario impegno professionale, ma contestualmente si è infiacchita la capacità di risposta assistenziale ai bisogni delle persone, le liste d’attesa sono incrementate, l’accesso a prestazioni a pagamento è aumentato in modo esponenziale, il ricorso a sistemi assicurativi è stato stimolato e, più in generale, è aumentato l’abbandono delle persone fragili per salute, età, condizioni economico-sociali. All’impatto pandemico si sono aggiunte le ricadute economico-finanziarie dovute alla guerra in Ucraina, l’inflazione, il caro bollette, aggravando ulteriormente la situazione finanziaria delle Regioni, dei Comuni e delle famiglie.
Siamo di fronte ad un pericolo incombente: il superamento dell’universalismo sanitario del SSN con l’avvio di fatto di un universalismo selettivo la cui conseguenza sarà una sanità che si rivolge prioritariamente ai poveri, progressivamente più povera, aggravando quelle diseguaglianze che sempre più caratterizzano il nostro Paese.
È unanimemente riconosciuto che già oggi le differenze inaccettabili nella società, in rapporto a istruzione, condizioni di vita e di lavoro, età e genere portano anche a diseguaglianze di salute. Le persone socialmente più disagiate si ammalano di più ed hanno maggiori difficoltà di accesso tempestivo a servizi di buona qualità.
La fine dell’universalismo peggiorerà ulteriormente le cose.
Oggi serve con urgenza un coordinato insieme di provvedimenti con l’obiettivo di:
– avere più medici, infermieri, personale sanitario e assistenziale per garantire accesso ai servizi, recupero liste d’attesa, riorganizzazione dei servizi territoriali. Personale adeguatamente formato e valorizzato, riconoscendone il ruolo strategico e adeguando salari, diritti, progressioni di carriera;
– rafforzare l’assistenza territoriale per dare concretezza alla presa in cura delle persone, sostegno ai caregiver, integrazione sociale e sanitaria per garantire la domiciliarità. Particolare attenzione va posta alle aree interne, montane e collinari;
– rivedere l’organizzazione della medicina generale e pediatrica di libera scelta e assicurare l’operatività di team multi professionali;
– mettere in sicurezza gli ospedali a partire dai PP.SS e dall’Emergenza-Urgenza;
– fare realmente delle Case della Comunità una sede in grado di semplificare l’accesso ai servizi, un luogo di partecipazione dei cittadini, del volontariato, del terzo settore;
– rafforzare i dipartimenti di salute mentale, prevenzione, sicurezza sui luoghi di lavoro;
– rivedere e innovare anche i percorsi formativi con maggiore collaborazione fra SSN e Università;
– investire in ricerca pubblica e intervenire sul mercato farmaceutico. L’opposto della recente riforma di Aifa.
Riforme a scala nazionale, rafforzamento dell’universalismo nell’accesso ai servizi hanno un valore insostituibile ma necessitano di maggiori risorse. Poiché il Paese non può indebitarsi ulteriormente, se vogliamo evitare il ritorno a sistemi mutualistici-assicurativi, queste risorse vanno reperite con un sistema fiscale equo e progressivo.
I segnali che emergono dalla legge di bilancio di questo Governo vanno in direzione opposta: risorse nettamente insufficienti per servizi sociali e sanitari, l’espansione della flat tax, i condoni e il sostegno all’evasione fiscale.
Ancora più preoccupante l’accelerazione del percorso legislativo per introdurre, anche in Sanità, l’Autonomia differenziata. Premessa per una dirompente risposta frastagliata, Regione per Regione, a problemi trasversali che riguardano l’intero sistema sanitario e che da tempo richiedono una risposta unica e nazionale: un altro grimaldello per abbattere l’universalismo e per consolidare le disuguaglianze regionali che caratterizzano da sempre il nostro SSN.
I necessari provvedimenti per la messa in sicurezza del nostro Servizio Sanitario Nazionale non sono più rinviabili.
IL MOMENTO È ORA!
I commenti non sono chiusi.