Continua la seduta del Consiglio regionale presieduta dal presidente Daniele Leodori e dal vicepresidente Francesco Storace sulla proposta di legge “Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione professionale della Regione Lazio“. Alla relazione dell’assessore alla Formazione, ricerca scuola e università Massimiliano Smeriglio è seguita la discussione generale nell’Assemblea da parte di nove consiglieri regionali. Il presidente della Commissione consiliare competente, Cristian Carrara (Pd): “Questa legge, che mette ordine a un sistema che già esiste, ha un’anima in realtà ed ha un’anima bella. Perché è riferita ai ragazzi, ai minori e mira a combattere la dispersione scolastica. E’ rivolta a chi vuole imparare un mestiere che altrimenti non imparerebbe. Questa proposta di legge pone fine a un regime incerto che finora è riuscito solo in maniera frammentaria a dare risposta alle migliaia di giovani. Il sistema delineato dalla presente proposta di legge prevede dunque la realizzazione di corsi di istruzione e formazione professionale per ragazzi tra i 14 e i 18 anni e più specificamente percorsi triennali per il conseguimento di una qualifica professionale, percorsi almeno quadriennali per il conseguimento di un diploma professionale. La parola “arte”, nelle lettere, in fin dei conti deriva dalla parola “artigianato”, da qualcosa che si fa con le mani, che si costruisce dall’inizio alla fine. In definitiva, chi impara a costruire una sedia non è diverso dal filosofo, anzi, costruisce dall’inizio alla fine un mondo e un mondo utile e completo“.
Silvana Denicolò (M5s). “Che il presidente della Regione Lazio mostrasse uno spiccato impegno per affossare la formazione professionale pubblica già dalle precedenti esperienze istituzionali, era chiaro fin dalla sua presenza come presidente nella provincia di Roma, per cui, per noi questa non è una novità. Che desiderasse condividere questa proposta di legge con gli enti privati di ispirazione religiosa, ancor prima di presentarla a questo Consiglio regionale, è una circostanza che fa cadere ogni dubbio sui propositi ecumenici di questa operazione. Non è facile esprimere una valutazione sulla proposta di legge, essa non ha alcuna attenzione per la cosa comune o per gli interessi dei cittadini e della società. Non è facile perché è di molto imbarazzo verificare che questo testo sia letteralmente la dittatura di alcuni enti privati, accomodata alla meno peggio, per mantenere il pretesto di questa urgenza di avere una normativa sulla formazione professionale. Noi siamo qui per tutelare la formazione pubblica. Il lavoro nel Lazio non c’è. Allora, perché chiacchieriamo di questa proposta di legge sulla formazione professionale? Prendiamoci la nostra responsabilità e chiediamoci dove sono le falle di questo sistema“.
Marta Bonafoni (Sel) “Abbiamo contribuito in Commissione a migliorare il testo della proposta di Legge. Di questa legge c’era e c’è bisogno. Il punto di vista per cui siamo qua lo dicono i dati e lo dicono le storie di tanti ragazzi. E i dati sono un bollettino di guerra. Per l’appunto, vicende che ci riguardano in maniera importante e profonda, altro che enti, altro che l’astrazione di alcuni discorsi pronunciati in Aula. Il nostro compito è invertire una tendenza che in questo Paese da troppi anni ha intrapreso, ossia un’istruzione non più capace di essere ascensore sociale, ma addirittura un’istruzione protagonista di una discesa sociale, basata sul ceto, sulla provenienza geografica, sulle condizioni di partenza. Dunque, siamo qui per governare la realtà. L’istituzione e la politica hanno il dovere di fare questo: di guardare all’oggi per poter progettare il domani, non per altre ragioni siamo dentro quest’Aula, senza parametri ideologici di nessun tipo. Bisogna essere pronti a guardare quel che c’è e a non sottrarre naturalmente risorse a nessuno, e ci arriverò. Un realismo che nulla snellisce. Noi abbiamo creduto a questa legge che nulla toglie al pubblico e che viene regolamentato il privato“.
Giuseppe Cangemi (Ncd). “E’ una buona legge che pone la centralità sui minori o il ruolo importante di una educazione. Ecco, forse l’unica critica è che manca il termine “educazione”. Si parla molto di scuola come concetto e come indirizzo formativo e meno, invece, di una scuola che è formazione ed educazione insieme. Ci sono anche distanze politiche che ci contraddistinguono, ma forse questa è l’unica cosa che la invito a rivedere: il ruolo centrale di una scuola che sia anche educativa e non solo formativa. Bisogna fare in modo che sia veramente una scuola per tutti, una scuola dove vi sia libertà di scelta educativa della famiglia, pari dignità nell’istruzione e nella formazione professionale, una scuola che sia veramente alla portata di tutti. Questo è lo sforzo che lei, assessore, deve garantire a quest’Aula, e con la sua introduzione a questo ragionamento d’Aula credo che abbia convinto anche i più critici. Valorizzare le eccellenze, nel ruolo anche, che ha sottolineato, della dottrina sociale della Chiesa. Un riferimento anche da parte di chi ha una visione laica del tema. Quindi, ha centrato le criticità. Nella nostra idea di mondo e di vita, quindi di quella identità comunitaria che contraddistingue le forze politiche, lei ha centrato gli aspetti che per noi sono qualitativi e sono, comunque, importanti da sottolineare. E’ una legge che aggiunge e non toglie“.
Pietro Sbardella (Misto). “A me dispiace che la consigliera Denicolò continui a insistere su un tasto che sostanzialmente è quello che nega la sussidiarietà. Ritengo che in alcuni servizi, in alcune cose proprie del pubblico nulla ci sia di male ad affidarlo a privati che lo fanno meglio. E questo vale per la mia concezione in tutto. Ci sono tanti servizi. L’assessore ha fatto riferimento alla dottrina sociale della Chiesa. Io non penso che quel libro sia un testo di cultura dogmatica, ma sia un approccio al sociale che fa incontrare anche mondi laici che per diritto naturale sono magari più propensi a essere vicini alle difficoltà. Perciò plaudo a questa apertura verso un modo di concepire questo servizio ai cittadini, verso questo strumento ai cittadini. Plaudo quindi a un’apertura a trecentosessanta gradi al mondo sussidiario, a questo settore, non mi scandalizzo e invito a ragionare sul percorso che stiamo facendo, a vedere che probabilmente quello che si intende per “pubblico” ha prodotto più danni, sprechi e incrostazioni di quanto siano riusciti a fare ottimi esempi di organizzazioni sia laiche che cattoliche, in questo settore. Tutto quello che viene accreditato, per me è pubblico. Se funziona meglio e lo fa, soprattutto in un settore come questo, con più “amore”, che sia laico o cattolico, purché vicino soprattutto ai soggetti più deboli, secondo me è un aspetto del nostro fare pubblico a cui dobbiamo comunque tendere“.
Giuseppe Simeone (PdL-FI). “Ritengo anche io questa, una buona legge, assessore, quindi complimenti per il lavoro che ha fatto. Come ha visto, il nostro Gruppo non ha presentato emendamenti perché ritiene che l’impianto della legge che lei sottopone a questo Consiglio sia in linea con quello che si vorrebbe. Questo significa che qualcosa abbiamo fatto. La proposta di legge afferma i diritti fondamentali, l’apprendimento, il diritto all’istruzione e alla formazione professionale e non fa distinzione, così come dice la Carta costituzionale. Quindi, fughiamo un altro sospetto, ossia quello di dire che la formazione deve essere solamente pubblica, gli enti formatori non sono da riconoscersi alla pari della Regione o di altri istituti pubblici. Questo è anche un altro buon principio. Un altro discorso lo dobbiamo rivolgere a quello che è il post scolastico, perché non basta dare un’istruzione o una formazione a un giovane per dire “siamo a posto con la nostra coscienza”. Creeremmo ulteriori disoccupati. Anziché disoccupati ignoranti, creeremmo disoccupati con un’arte, con una professione. Ma sempre disoccupati sono! E in mancanza di un lavoro è sempre manodopera che può ritornare alle organizzazioni malavitose“.
Riccardo Valentini (Pd). “E’ una legge che ha molto cuore e molta passione. Oggi conoscenza e sapere sono veramente gli strumenti della democrazia, gli strumenti dell’empowerment dei cittadini. Parliamo spesso di come i nostri cittadini possono ritrovare un valore nella partecipazione e nella democrazia. L’empowerment delle conoscenze e del sapere è un passaggio fondamentale che spesso viene negato a molti giovani. Quindi, la formazione e l’istruzione professionale devono ridare la dignità a queste persone e cercare anche di dare fiducia che con l’aumento della conoscenza e con il prendere coscienza della propria capacità possono trovare lavoro. L’attenzione della Regione deve essere alta. La clausola valutativa che abbiamo nella legge è importante e spesso non si tratta soltanto di adempimenti burocratici la scelta di mettere delle clausole valutative che ormai fanno parte di tutte leggi, ma dobbiamo considerarle proprio come uno strumento importante di valutazione, di verifica. Questa potrebbe essere sicuramente un’attenzione importante: controllare, verificare, l’accountability delle nostre leggi, che siano effettivamente efficaci trattandosi di risorse pubbliche, ma il principio di chiamare a sistema, chiamare tutti gli attori che si occupano di questo settore insieme a fare squadra, perché questo è un tema fondamentale e importante“.
Michele Baldi (LcZ). “La preoccupazione del Movimento 5 Stelle è quella di una deriva privatistica rispetto a un interesse invece pubblico. Questa deriva io non la vedo. Dobbiamo cercare di dare una risposta seria e concreta con realtà che, di fatto, sono equiparate al pubblico, perché questo è il punto fondamentale. Non entriamo su situazioni diverse che non siano più che trasparenti. Fatemi dire una cosa di tipo personale: la chiarezza dell’esposizione dell’assessore Smeriglio, con la sua storia politica e personale penso sia una garanzia forte non solo sul discorso della laicità. Anche se ci possiamo confrontare, lui più laico, io più credente, non è questo, oggi il punto di questa legge che interessa, quanto il fatto che questa sia una legge di pubblica utilità e di sana gestione di risorse di fondi, su cui tutti ci abbiamo messo e ci stiamo mettendo la faccia. Io spero che i tanti emendamenti, dettati dalla buonafede possano in qualche modo tirar fuori delle argomentazioni che, d’intesa con l’assessore, d’intesa con la maggioranza e mi pare, in questo caso, con tutto il Consiglio regionale, possano integrare, in modo tale da accelerare l’iter di una legge che rappresenta una speranza forte per migliaia e migliaia di ragazzi“.
Eugenio Patané (Pd). “Voglio soffermarmi su alcuni aspetti, anche per interloquire soprattutto con la consigliera Denicolò, ma anche con gli altri consiglieri che hanno esplicitato alcuni dubbi su questa legge. Essa ha un obiettivo: quello di parlare e di dare risposta a circa 10.000 ragazzi che stanno nel nostro territorio, in una fascia di età tra i quattordici e i diciotto anni e che sono impegnati oggi in circa sessanta centri di formazione professionale che stanno sul nostro territorio. Mi piacerebbe che discutessimo pragmaticamente, concretamente dei problemi che abbiamo di fronte su questo tema. Non è in ballo la discussione di un conflitto binario tra il pubblico e il privato, se sia meglio il pubblico o il privato; non è in discussione un conflitto binario sullo Stato e la chiesa; non è in discussione un dibattito di valore o di merito se fa meglio l’uno o se fa meglio l’altro. Oggi abbiamo di fronte un tema specifico, quello di riuscire a capire come si serve l’interesse pubblico, come riusciamo a raggiungere meglio l’interesse pubblico. Questo è il punto. Se in territori di marginalità, come pubblico non riusciamo a dare risposte, ben venga che, secondo il principio di sussidiarietà, ci sia un rapporto tra il pubblico e privato“.
REPLICA DELL’ASSESSORE Massimiliano Smeriglio: “Intanto ringrazio tutti i Consiglieri che sono intervenuti, da ultimo credo che abbia spiegato molto bene la differenza con la legge n. 23 il consigliere Patanè, che soprattutto ha posto la domanda più importante, cioè come si serve l’interesse pubblico. In tutta la costruzione di questa legge siamo partiti dalla domanda, non dall’offerta. So che è un po’ doloroso, ma siamo partiti dalla domanda, cioè dai ragazzi, e dalla migliore organizzazione possibile che si possa soffrire ai ragazzi. Ha fatto bene il consigliere Carrara a dire che è una legge che prova ad avere un cuore, un’anima, cioè una proposta che non è soltanto amministrativa ma che tiene dentro una visione che fotografa l’esistente, ovvero come nel corso dei decenni si è conformata la proposta formativa di istruzione nella nostra regione. Ecco, in questo senso penso che alcune affermazioni della consigliera Denicolò non corrispondano alla realtà: affossare la formazione pubblica. Qui c’è una risposta alla formazione pubblica, altro che affossare. Casomai c’è una discussione a livello governativo che forse vuole andare in quella direzione. Ci sono altre Regioni che hanno cassato la realtà, hanno passato l’istruzione agli IPSIA, punto e basta. Poi dei ragazzi lì presenti, in carne e ossa, cioè degli invisibili che trovano in quella forma specifica di progetto educativo una risposta, in tempi di tecnocrazia al potere nessuno si è fatto domande un po’ più ambiziose. Noi proviamo a fare questo, continuare a dare una risposta, una parzialità, ma proviamo a darla rispetto a come si è organizzato il sistema − ripeto − in decenni. Noi abbiamo concertato con tutti (con enti laici, cattolici, con tutti). Non è vero che abbiamo concertato solo con gli enti cattolici. Non c’entra la formazione datoriale. Le sto dando anche delle informazioni. Non c’entra niente la formazione datoriale. Le organizzazioni datoriali sono Confindustria, FederLazio, CGIL, CISL. Non stanno in questo sistema. Non c’entra granché il fondo sociale e non c’entra Garanzia Giovani. C’entra, invece, il fatto che, anche dentro una discussione − credo anche votati da lei − in Commissione, sono stati proposti emendamenti, per esempio, sulla tutela del Contratto collettivo nazionale di lavoro, che noi abbiamo approvato perché era importante incardinare, in questo caso, anche l’offerta, cioè i lavoratori di questo sistema. La consigliera Bonafoni ha ricordato quello che è, cioè una giungla contrattuale. Ha ricordato la nostra avversione all’idea delle classi separate, della segregazione di alcuni soggetti. Il principio dell’autonomia e dell’integrazione sta nell’incontro tra soggetti diversi, non nel mettere i bianchi da una parte, i neri dall’altra e le diverse abilità dall’altra ancora. Non abbiamo fatto una grande polemica, e potevamo farla. Mi sembra anche un approccio piuttosto grave quello che è stato proposto. Il consigliere Cangemi ci sfida ancora di più. Noi parliamo di progetto educativo. Forse avremmo dovuto farlo con più forza, però nella scrittura − anche condivisa − questa dimensione qua, che va oltre l’addestramento professionale, di come noi proviamo in quel sistema a formare dei cittadini consapevoli, quindi anche portatori di diritti-doveri, credo stia al centro di questa riorganizzazione che noi stiamo proponendo, anche con l’assunzione di responsabilità della Regione, che sostanzialmente dice: “La programmazione la vogliamo riaccentrare. Lasciamo vivere − quindi, non c’è nessun affossamento del sistema pubblico − le situazioni che sono incardinate presso le Province, lasciamo vivere le situazioni incardinate presso il vecchio Comune di Roma”, che ha fatto istruzione dentro una deroga, quella sì, discutibile nel corso degli anni, se vogliamo andare proprio a fondo nelle situazioni. Ha fatto bene il consigliere Simeone a ricordarci che c’è una discussione più impegnativa, che io ho appena accennato, ma che chiaramente è più impegnativa, ed è quella sull’articolo 117 della Costituzione, quindi sulla legislazione concorrente. Noi dobbiamo arrivare a quella discussione un po’ più preparati, un po’ più organizzati, quindi con una legge incardinata. Non è scontato l’esito di quella discussione con il Governo, con il livello nazionale, ma forse se ci arriviamo con più forza e con un modello che mettiamo in campo facciamo il nostro dovere in questa situazione. Da ultimo, le piccole battute su chi è più o meno di sinistra. Io non lo so chi è più o meno di sinistra. Io provo a guardare la realtà e so che quando lo Stato sociale non c’era, alla fine dell’Ottocento, inizi del Novecento, in cui non se ne occupava nessuno, di questo comparto se ne occupava il nascente Movimento socialista, il Movimento operaio e le organizzazioni della dottrina sociale della Chiesa. Questo è un principio di realtà. Non si può sfuggire a questa dimensione. Persino il fascismo ha consentito ad alcune organizzazioni di sopravvivere per l’identità, per la forza, per la tradizione che portavano con sé. Dentro la ricostruzione italiana, dagli anni Cinquanta-Sessanta, del modello industriale queste organizzazioni hanno avuto una funzione storica. Io, sinceramente, faccio proprio fatica a pensare che il legislatore sia uno che passa un cancellino su una lavagna, che cancella vite, identità, storie, percorsi professionali, opportunità. Questo noi non possiamo farlo. Penso, più onestamente, che noi dobbiamo accompagnare un processo, dare loro degli obiettivi, renderlo più trasparente, garantire le valutazioni, garantire la trasparenza sui processi economici. Questo sì, questo è l’oggetto della legge, non riscrivere la storia di centocinquant’anni di welfare auto-organizzato, di mutuo aiuto che in questa Regione si è sviluppato sia sul terreno laico che su quello cattolico“.