Il nuovo anno porterà con sé le l’entrata in vigore delle nuove misure di contrasto alla povertà. Ciò che dobbiamo aspettarci è stato sottolineato da Banca d’Italia, la quale ha detto che, con l’introduzione dell’Assegno di Inclusione, ci sarà una stretta che colpirà novecentomila famiglie in Italia, che perderanno l’accesso diretto a una misura universalistica che, in un momento difficile come la pandemia, aveva aiutato molte famiglie in difficoltà. Gli effetti della riforma del Reddito di Cittadinanza, modificato dalla Legge 85, sostanzialmente dice che, la platea degli aventi diritto sarà dimezzata e, per coloro che avranno titolo a percepire l’Assegno di Inclusione, l’importo annualmente percepito sarà inferiore di 1300 euro.
Tutto ciò, in termini di ricadute sui bilanci dello Stato, secondo quanto calcolato dagli economisti, ha fatto risparmiare 1,7 miliardi di euro l’anno. Bisogna però ricordare che, in base agli ultimi dati Istat, confermati anche dai dati dell’Osservatorio Nazionale di Caritas e da una serie di comitati e istituti che hanno un approccio scientifico alla materia, i poveri assoluti del nostro paese sono quasi sei milioni, di cui oltre due milioni e 300 mila famiglie, di cui un milione e 400 mila sono bambini e minori che, in qualche modo, avvertono le difficoltà più forti in quanto, non hanno le condizioni migliori per la loro crescita. Ciò, dal punto di vista culturale, ma anche alimentare, rappresenta per il nostro paese il danno peggiore. La situazione attuale ci dice che, le ricadute sui beneficiari che hanno diritto all’ADI e al supporto per la formazione – lavoro, sarà un restringimento della platea dei beneficiari.
Ricordiamo però che, la legge 85, divide sostanzialmente in due i fruitori della misura, ovvero coloro che hanno un’età inferiore a 18 anni, le persone con disabilità e chi ha un’età superiore a 60 anni, sono divisi da coloro che hanno tra i 18 e i 59 anni, i quali avranno la possibilità di accedere al supporto formazione – lavoro, sostanzialmente un’indennità che viene data a chi frequenta dei corsi di formazione. Si tratta di un contributo di 350 euro mensili, erogati soltanto per un determinato periodo di frequenza dei corsi. Il prossimo primo di gennaio si partirà con queste due misure e ciò significa che, già attualmente, gli uffici dei patronati, sono già stati presi d’assalto in questi giorni in quanto, solo dal 17 dicembre scorso, è stata data la possibilità di presentare le domande in merito e, se fosse stato consentito partire prima, sarebbe stato meglio.
Tutto ciò significa che, entro la fine dell’anno, ci troveremo di fronte a persone che proveranno, attraverso una procedura non semplice, attraverso l’Inps, proveranno ad accedere all’apposita piattaforma per formulare la richiesta oppure si rivolgeranno ai Patronati o ai Caf per avere aiuto nel disbrigo delle pratiche burocratiche. Nel prossimo anno, possiamo quindi aspettarci un aumento delle persone in condizione di povertà e una difficoltà nell’accesso all’Adi per frequentare i corsi di formazione nella propria città che li aiuti nell’inserimento nel mondo del lavoro. Il 2024 si prospetta quindi complicato. Va sottolineato che, la nuova misura di contrasto alla povertà, non è più universalistica come lo erano il Reddito di Inclusione o il Reddito di Cittadinanza dal 2018 al 2023.
La fragilità sociale prescinde dall’età e dalle condizioni di salute di ognuno ma, con le normative attuali, il discorso cambia e, il principio universalistico che sembrava ormai un punto di riferimento dell’ordinamento italiano è venuto meno. Nel 2018, l’Alleanza contro la Povertà, inaugurando un nuovo processo culturale, aveva chiesto al Parlamento di sanare una situazione che, nell’Europa a 27, ci vedeva insieme alla Grecia, come gli unici paesi senza un reddito minimo garantito. Ciò ha segnato l’inizio del Reddito di Inclusione. La legge 85 purtroppo, a nostro parere, segna un ritorno al passato, cancellando il diritto per cui, le persone in difficoltà sociale, non devono essere divise per categoria.
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