L’approvazione del decreto legge di riordino delle Province provoca un fuoco di fila di accuse e polemiche dai territori, che giudicano il provvedimento, al di là delle inevitabili rivalità territoriali, con toni decisamente negativi. Il tutto contro la volontà dell’esecutivo, ben espressa l’8 agosto scorso con il decreto 95, che fissava la necessità di riorganizzare gli enti “al fine di contribuire al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica imposti dagli obblighi europei necessari al raggiungimento del pareggio di bilancio”. Fa appello direttamente alle origini lombarde del premier Mario Monti il presidente della Provincia di Varese (annessa a Como e Lecco) Dario Galli: “rileviamo con grande delusione che il varesino Mario Monti non riesce a cogliere l’assurdità di accorpare una provincia di quasi un milione di abitanti come la nostra di Varese, senza tenere minimamente conto delle sue peculiarità”, spiega l’amministratore del Carroccio. E a suo dire, visto che “molti esponenti di Pd e Pdl si sono espressi localmente contro l’accorpamento della Provincia di Varese, a questo punto ci aspettiamo che ai fatti seguano le parole e che nei prossimi passaggi parlamentari il decreto non venga approvato”. Contro l’accorpamento di Prato, Pistoia e Firenze lancia i suoi strali Filippo Bernocchi, assessore del Comune di Prato e membro dell’ufficio di presidenza Anci. “Non ha alcun senso logico, istituzionale o economico – spiega – immaginare una Città metropolitana (Firenze) con un’estensione così ampia” e contro questo scenario sollecita il governo a “rivedere la propria posizione in Parlamento”. Originale, rimanendo in Toscana, la protesta del sindaco di Prato, Roberto Cenni, che ha concesso un’intervista presentandosi seduto, nella piazza del Comune, sul wc di un bagno di proprietà del Municipio per protestare contro la decisione di far rientrare Prato nella Città metropolitana di Firenze. Il presidente della Provincia di Teramo, Valter Catarra, critica l’accorpamento con l’Aquila, osservando che, pur non essendoci “nessuna pregiudiziale nei confronti dei fratelli aquilani, non c’é dubbio che con questo decreto il territorio provinciale perderà numerosi presidi istituzionali e la città di Teramo lo status di capoluogo”. Al coro di proteste si accoda da Perugia (che insieme a Terni costituirà l’unica Provincia dell’Umbria) il presidente della Provincia e di Upi Umbria, Marco Vinicio Guasticchi, che parla di “solita politica dei ‘pannicelli caldi’”, aggiungendo che “sulle Province si va giù con l’accetta e non si pensa al destino dei dipendenti e alle ripercussioni sulla vita dei cittadini in termini di servizi primari e situazioni alternative”. Di norma “devastante” parla Cosimo Sibilia, presidente della provincia di Avellino (accorpata a Benevento). “Altro che risparmi, in questo modo si creano solo problemi. Non solo: alla Provincia di Avellino – denuncia l’amministratore campano – è stato confermato il taglio di 5,5 milioni di euro sul bilancio corrente, con conseguenze notevoli sull’erogazione dei servizi”. C’é poi chi ha precorso i tempi e ha pensato bene, già nella stesa giornata di oggi, di manifestare davanti al Quirinale. Come ha fatto una delegazione di sindaci, consiglieri comunali e provinciali del territorio di Crotone che ha consegnato al Capo dello Stato una lettera in cui si sottolinea che “il prospettato riordino degli enti intermedi è sentito per i 180 mila abitanti della provincia di Crotone come una vera e propria soppressione di fondamentali prerogative, circostanza che rischia di trascinare il nostro già martoriato territorio indietro di venti anni”. Al coro degli indignati si è aggiunto infine anche il governatore del Piemonte, il leghista Roberto Cota: “purtroppo quello che avevo detto ai presidenti di Provincia e ai sindaci si è puntualmente verificato”, ha detto l’esponente leghista. “Che senso ha parlare di riordino dopo aver raso al suolo le Province? Metto in guardia i piccoli Comuni – ha avvertito – perché a breve sarà il loro turno”.