La riforma delle autonomie locali dovrebbe essere portata a compimento approvando “norme statali di guida e stimolo alla revisione, necessariamente regionale, dei territori comunali, ricorrendo a forme associative ‘forti’ (quanto a dimensioni minime e massime, a funzioni, a organi di governo, a fiscalità propria) o a processi di fusione che producano – entro tempi brevi e certi – il risultato della riduzione degli apparati amministrativi (e dei centri di spesa) comunali“. Lo scrivono nel loro appello alle Commissioni Affari Costituzionali e ai gruppi parlamentari di Camera e Senato, 44 professori ordinari di materie costituzionali, tra cui il docente dell’Università di Milano, Valerio Onida.
Nell’appello viene anche sollecitata la necessità di “ricondurre, in tempi brevi e certi, agli enti autonomi territoriali le funzioni amministrative attualmente esercitate dalla miriade di enti e società strumentali regionali e locali (pubblici o privati in controllo pubblico), in larga misura da sopprimere (semplificando e risparmiando non poco), anche perché figli di una pessima concezione dell’autonomia politica degli enti territoriali, con scarsa trasparenza e controlli nelle gestioni e quindi anche fonti frequenti di sprechi e di fenomeni corruttivi“. Nell’ambito della revisione del Titolo V della Costituzione i 44 professori chiedono al Parlamento, tra l’altro, di accelerare “il processo di individuazione delle funzioni fondamentali di Comuni e Province (e Città metropolitane), tenendo conto anche del principio di ‘unicitàper la distribuzione delle funzioni (ad evitare la sovrapposizione di compiti), nonché della distinzione tra funzioni di prossimità e di area vasta nel riassetto delle funzioni locali“.