In una mano il certificato elettorale, nell’altra il torrone o la bottiglia di spumante. Il Tar ha deciso: la Regione Lazio dovrà votare entro l’anno, cioé, fatti salvi i tempi tecnici, all’incirca tra Natale e Capodanno. E oggi i giudici sono stati chiari. Polverini indica le elezioni entro 5 giorni o ci penserà il Viminale. Ma la presidente dimissionaria resiste, ricorre al Consiglio di Stato e insiste sulla sua linea ovvero election day regionale e taglio dei consiglieri da 70 a 50. “Devo rispettare lo Statuto della mia Regione”, spiega Oggi i giudici del Tar del Lazio hanno infatti accolto il ricorso del Movimento Difesa del Cittadino presentato dall’avvocato Pierluigi Pellegrino e hanno disposto che le elezioni debbano essere svolte entro 90 giorni dallo scioglimento del Consiglio, cioé entro il 28 dicembre. Renata Polverini, dunque, ha cinque giorni per emanare il decreto e convocare le urne. Se non lo farà, a far rispettare la sentenza ci penserà il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri (o un suo delegato) nominata commissario Per l’opposizione è musica: “Una straordinaria vittoria per i cittadini del Lazio – ha commentato a caldo il candidato del Pd alla Regione Nicola Zingaretti – Ora parlino programmi e idee per voltare pagina e rimettere in moto la nostra Regione”. Per il segretario regionale Enrico Gasbarra “il diritto al voto era ed è inviolabile e non poteva esistere alcun alibi”. “Ora, non inventino più scuse” incalza Sel. Il ricorso? Per i Radicali sarebbe una “agonia”, per i Verdi un dispendioso “accanimento terapeutico”. E intanto si preparano per la fiaccolata di giovedì proprio per ribadire “urne subito”. Ma il ricorso si farà: “La decisione del Tar – motivano da via Colombo – è in totale contraddizione con le recenti pronunce della medesima sezione del Tar alle Regionali 2010”. Il nodo, in buona sostanza, è l’interpretazione del verbo ‘indire’: significa ‘emettere il decreto’ o ‘fissare la data’?. Allora, sottolineano i coordinatori del Pdl di Roma e Lazio Gianni Sammarco e Vincenzo Piso, l’interpretazione fu esattamente l’opposto, e si andò a votare a 164 giorni dalle dimissioni di Marrazzo. “Devo rispettare l’istituzione – commenta infatti Polverini – regolata da uno Statuto, al quale due anni fa Tar e Consiglio di Stato si sono richiamati” quando furono ‘tagliati’ tre consiglieri eletti in maggioranza. “Resta ferma la mia volontà – aggiunge – di assecondare il governo” verso l’election day e di “lavorare per ridurre il numero dei consiglieri da 70 a 50” Per il Tar, comunque, sia il riordino delle province sia “la mancata riduzione dei consiglieri” non sono motivi validi per ritardare le urne. Ecco perché ora, per i magistrati, Polverini deve fissare la data “entro il più breve termine tecnicamente compatibile”. Un bel rebus: i 45 giorni di campagna elettorale sono intoccabili, per cui se Polverini firmasse stasera, 11 novembre, il decreto indicherebbe il limite di mercoledì 26 dicembre. Ma la domenica successiva, il 30 dicembre, cadrebbe al di fuori dei 90 giorni dallo scioglimento della Pisana (28 settembre).