“La cosa peggiore è il silenzio. Questa storiaccia della casa di Montecarlo è ancora peggio oggi di quando fu denunciata dai dirigenti de La Destra. La procura di Roma propose e ottenne l’archiviazione, e noi prendemmo atto della decisione. Ma se tutto diventa sporcizia, illegalità, tangente, c’è il dovere della parola, della verità e soprattutto della lealtà. Lo dico innanzitutto a Gianfranco Fini. Non è indagato, ma il mondo che lo circonda sì. E non possiamo accontentarci di una intervista come quella di ieri al Fatto – e chissà se ne troveremo altre stamane – in cui si autodefinisce un “coglione”. Se Fini vuole scrivere sul nostro giornale per annunciare che si costituirà parte civile nei confronti di suo cognato e di suo suocero, Il Giornale d’Italia è a disposizione. Perché non vorrei che passasse l’idea che “coglioni” si sia un po’ tutti. È pesantissimo scorrere le pagine di un’ordinanza sconvolgente, con la descrizione di meccanismi legati a fiumi di denaro e con una casa che era destinata alla “buona battaglia” e invece viene trasformata in una lavanderia per operazioni internazionali di riciclaggio se non addirittura per tangenti. Abbiamo già avuto modo di manifestare pubblicamente la nostra amarezza per quanto si apprende dalle cronache giudiziarie; ma meraviglia anche il silenzio – con la lodevole eccezione di Gasparri – della fondazione Alleanza nazionale, che ha dimostrato particolare attaccamento al proprio patrimonio quando si è trattato di agire con pesantezza contro di noi per la sede di via Paisiello – l’appartamento gemello che è stato sottratto dalla nostra azione alla speculazione – tacendo ipocritamente su quanto si è appreso negli anni e nelle ultime ore sulla casa di Montecarlo. Con tanto di maxi evasione fiscale. Recentemente avevamo avuto modo di conversare di politica con Fini, spiegandogli la nostra posizione, antitetica alla sua, su Europa e immigrazione ad esempio. Conversavamo perché non siamo capaci di rancore, persino con chi aveva escluso solo noi dal Parlamento. Ma venire a sapere che quella casa serviva a chi lucra sul gioco d’azzardo, sulle slot machine che rovinano tantissima gente, è qualcosa che fa accapponare la pelle. E di
fronte a tanti episodi di malcostume che si scoprono troppo spesso, mi attenderei piuttosto dalla fondazione An un gesto di sottrazione di un simbolo glorioso al pubblico ludibrio. Quella storia non va macchiata. Delusione, enorme delusione è il sentimento che proviamo. Con la voglia di riscattare questo nostro mondo, offeso nella sua etica persino da frequentazioni con personaggi assolutamente al di sotto di ogni sospetto. Difficile sapere come far sopravvivere a questo ulteriore macigno – altro termine non c’è – un progetto politico che ha affascinato tante generazioni. Non basta dire che noi non c’eravamo in quella avventura patrimoniale…, serve qualcuno che ristabilisca l’onore di una comunità. Altrimenti è davvero tana libera tutti, con tanti saluti ad ambizioni senza alcuna prospettiva. Chi ha orecchie per intendere, si muova rapidamente. E finalmente parli per dire che cosa vuol fare. Con rispetto della verità”. Lo scrive su Il Giornale d’Italia Francesco Storace, vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio, come riferisce una nota.