Nello scandalo rifiuti del Lazio c’é anche il giallo di un misterioso, quanto inaudito per la sede in cui è avvenuto, furto: quello della richiesta di arresto di Manlio Cerroni e di sei presunti complici.
Il faldone con la richiesta di arresti domiciliari depositata il 21 marzo dello scorso anno fu trafugato dall’ufficio del gip Massimo Battistini, il magistrato destinato a pronunciarsi sulle misure cautelari. La scoperta avvenne il 16 luglio: dall’ufficio era sparito solo un faldone, quello riguardante il “Supremo” ed i suoi sodali. Un episodio che la procura, nella rinnovazione di richiesta di misure restrittive depositata il 18 ottobre dai pm Alberto Galanti, Maria Cristina Palaia e Simona Maisto, non esita a definire con ogni “probabilità riconducibile alla sfera di influenza esercitata dagli odierni indagati” anche se “commesso da soggetti ignoti“.
Dopo il furto è stato aperto un fascicolo processuale e gli accertamenti sono coordinanti dallo stesso Galanti. Le considerazioni degli inquirenti sulla possibile matrice del furto – si legge nel secondo provvedimento inviato al gip – sono legate alla “ogni presenza degli indagati all’interno della pubblica amministrazione è conclamata da una serie infinita di riscontri“.
Oggi è cominciata la tornata di interrogatori di garanzia dei sette arrestati per associazione a delinquere finalizzata al traffico dei rifiuti. Solo uno dei tre convocati dal gip, ha risposto alle domande: Piero Giovi, socio di imprese e storico collaboratore di Manlio Cerroni. L’indagato ha respinto le accuse sostenendo di svolgere solo attività logistiche e non tecniche tendenti a favorire il monopolio creato da Cerroni. Hanno scelto, invece, di avvalersi della facoltà di non rispondere Giuseppe Sicignano, già supervisore delle attività operative condotte presso gli impianti di Cecchina, e Francesco Rando, amministratore unico di molte imprese riconducibili a Cerroni. Una decisione, hanno spiegato i loro difensori, legata alla necessità di conoscere il contenuto di tutti i documenti depositati dalla procura. Domani sono in programma gli interrogatori di Cerroni, ritenuto il ‘dominus’ del gruppo e patron di Malagrotta, e Bruno Landi, ex presidente della Regione Lazio. Giovedì 16 gennaio completeranno il primo giro di interrogatori Luca Fegatelli, già dirigente dell’Area Rifiuti della Regione Lazio, e Raniero De Filippis, responsabile del Dipartimento del territorio della Regione Lazio. Intanto lo scandalo rifiuti oggi è approdato nell’aula del consiglio comunale di Roma dove si è parlato della recente emergenza durante le festività natalizie quando i cassonetti della Capitale traboccanti di spazzatura in alcuni casi sono stati anche “visitati” da alcuni maiali. In aula dopo polemiche, maialini di plastica portati dal centrodestra e maretta in casa Pd, dopo che un consigliere aveva chiesto le dimissioni dell’assessore all’ambiente, è toccato proprio alla responsabile del settore, Estella Marino ricordare la precedente gestione di monopolio assoluto sui rifiuti. “E’ stato un lavoro difficile in questi mesi anche nello scontro diretto con chi da 35 anni continuava a tenere il monopolio su una discarica, minacciando di mandare Roma in emergenza“, ha detto. Un riferimento al patron di Malagrotta, la ormai ex maxidiscarica di Roma.