La strage di Ardea evidenzia due vere emergenze rimosse dal dibattito politico-mediatico: le carenze dei servizi di salute mentale e la pericolosità delle armi legalmente detenute.
Ricordiamo che i dati relativi ai servizi di Salute Mentale della Regione Lazio – secondo un rapporto del 2020 della Società italiana di epidemiologia psichiatrica – mostrano, rispetto al valore di riferimento nazionale, carenze diffuse rispetto all’offerta di strutture territoriali (-31,6%), e semiresidenziali (-34,5%), anche i posti letto in SPDC (-30,6%) e l’offerta residenziale (-35,0%) sono al di sotto dei valori di riferimento nazionali, la dotazione di personale risulta molto inferiore (-67,6%), le persone in contatto con i servizi a 14 gg dalla dimissione sono nettamente inferiori alla media (-59,2%), a segnalare una carente continuità ospedale-territorio.
Si tratta delle conseguenze di una sanità che ha subito tagli e che contemporaneamente ha visto indirizzare la spesa verso i privati.
In Italia diminuiscono omicidi di mafia o rapine ma aumentano quelli commessi da legali detentori di armi e/ con armi legalmente detenute.
L’omicida di Ardea – la cui pericolosità era nota – ha usato un’arma che era del padre defunto che non è mai stata recuperata.
Quante armi “ereditate” ci sono in giro nella stessa situazione?
Innanzitutto andrebbe fatto un censimento sulle armi che non è accettabile che spariscano nel nulla. Le armi ereditate vanno denunciate alle forze dell’ordine. Bisognerebbe fissare un termine temporale molto breve per denunciarle e vanno inasprite le pene (oggi è prevista una pena di due mesi e 258 euro di di multa).
Dovrebbero essere obbligatori controlli medici annuali sui legali detentori di armi con esami tossicologici e una valutazione psichiatrica su tutti i richiedenti e detentori di licenza. Va subito attuato il registro informatico affinché medici curanti e Asl possano prontamente segnalare a Questure e Prefetture chiunque, in possesso di armi, soffre di problemi psichici. Si tratta di cose caldeggiate da anni dall’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e Politiche di Sicurezza e Difesa (OPAL) di Brescia e dalla associazione “Ogni volta” eppure il parlamento e i governi sono andati in altra direzione.
Se attraverso un database le forze dell’ordine avessero avuto di fronte la coincidenza tra quella pistola non trovata e i problemi psichici dell’omicida forse sarebbero scattati controlli più incisivi. Se i servizi di salute mentale fossero più capaci di presa in carico del disagio forse quel giovane non sarebbe rimasto ad affrontare la malattia con sua madre.
Abbiamo bisogno di più sanità pubblica e meno armi in circolazione.
L’Italia è il paese con il record di morti di covid e di armi da fuoco in Europa.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale
Maurizio Fabbri, segretario regionale Lazio
del Partito della Rifondazione Comunista
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