Sergio Lo Giudice, Senatore del Pd e membro della Commissione Giustizia del Senato, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “Ho scelto Cusano”, condotta da Gianluca Fabi e Livia Ventimiglia su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano (www.unicusano.it).
Riguardo le parole del Presidente della Cei Angelo Bagnasco sul voto segreto per il ddl Cirinnà. “La Chiesa, come tutte le confessioni religiose, ha il diritto di esprimere le proprie posizioni sul dibattito pubblico –ha affermato Lo Giudice-. Ma non sulle procedure del dibattito al Senato, su cui l’unico che deve esprimersi è il Presidente Grasso. Anche chi non vuole evocare un’ingerenza nei confronti dello Stato, non può non rimanere scandalizzato quando il Presidente delle Cei pretende di influenzare il Presidente del Senato. All’interno della Chiesa ci sono due posizioni molto diverse, quella rappresentata da Bagnasco e Ruini con un richiamo molto diretto ai politici cattolici a seguire le indicazioni del Vaticano; e quella di Papa Francesco che invece punta la sua attenzione altrove e si sta abituando ad un racconto della cristianità più legato a concetti di misericordia, di attenzione agli ultimi, a quelli che soffrono. Le questioni che riguardano l’etica sessuale non sono più un punto dirimente per tutta la Chiesa. Voglio sottolineare che sia Renzi che Grasso hanno risposto in modo molto fermo a questo tentativo di intromissione da parte della Cei. La libertà del Vaticano di intervenire nel dibattito politico dovrebbe essere accompagnata dal fatto che poi i politici si comportino sapendo che amministrano e governano una pluralità di posizioni. Purtroppo ancora oggi continua ad essere presente un’idea per cui il punto di vista valoriale di una maggioranza debba valere come regola a cui fare attenere gli altri. E’ la negazione della laicità dello Stato, delle concessioni religiose e filosofiche che ci sono all’interno della società. Il timore che la Chiesa possa influenzare la votazione c’è. L’Italia ha sempre avuto un ritardo storico rispetto ad altri Paesi nella promozione di norme che riguardassero la promozione della famiglia. Poi però è sempre arrivato un punto in cui il livello di maturazione era così avanzato che la legge si è dovuta adeguare. E’ successo per l’aborto, per il divorzio, ecc… Qualunque siano le decisioni e i comportamenti dei genitori, i bambini devono avere tutti lo stesso trattamento e lo stesso inquadramento giuridico”.
Ieri in Senato Maurizio Gasparri ha accusato Lo GIudice di aver «comprato» il proprio figlio. “Il fatto che un senatore –ha replicato Lo Giudice- parli di questa legge come di una legge che serve a comprare dei bambini è la dimostrazione di una crudeltà mentale, una sterilità d’animo e una barbarie nell’affermazione politica, che non merita alcun tipo di risposta. Stiamo parlando di persone, di cittadini italiani, di bambini, che vanno rispettati nella loro identità e si tratta di decidere se lo Stato deve dargli una vita più serena o se lo Stato deve mettere degli ostacoli a questa serenità. Mi auguro che anche l’Italia possa fare questo piccolo passo verso la civiltà. Se dovessi scegliermi un interlocutore ne sceglierei uno differente da Gasparri”.
Caso Bagnasco, Di Giorgi, senatrice del Partito Democratico, commenta le affermazioni del Cardinale ai microfoni di Radio Cusano Campus, l’emittente dell’Università degli Studi Niccolò Cusano (www.unicusano.it) , nel corso del format ECG Regione, condotto da Roberto Arduini Andrea Di Ciancio.
E’ normale, dice Di Giorgi, che Bagnasco esprima la propria opinione: “Credo che ci siano ambiti moltp diversi e molto separati e quindi che ci sia il diritto, ovviamente, del Presidente della CEI di dare il proprio giudizio in merito a quanto sta accadendo. E’ stato fatto anche sul lavoro e sulla povertà. Il Cardinale ha parlato della necessità di un voto di coscienza, ha chiesto che i politici vengano lasciati liberi di votare secondo coscienza e in questo momento ciò non è garantito. Sorprendersi della presa di posizione del Carinale è un po’ ipocrita, il Vaticano è sempre intervenuto su certe tematiche. Che si dica che è giusto dare la libertà di coscienza è normale, non mi scandalizza e tutti questi strali non mi sembra che siano adeguati“.
Aurelio Juri, politico sloveno di nazionalità italiana, ex parlamentare europeo, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “Il mondo è piccolo”; condotta da Fabio Stefanelli su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano (www.unicusano.it).
“Il problema migratorio sta creando un Europa peggiore non migliore –ha affermato Juri-. Gli equilibri politici nazionali nei Paesi balcanici non si sono risolti del tutto, quindi basta poco in quest’area per far riaccendere il fuoco nazionalista. Sull’esempio che il Presidente ungherese Orban ha dato a tutta l’Europa dell’Est, i Paesi della rotta balcanica stanno diventando di destra. Per loro l’Europa è qualcosa dalla quale solo prendere, senza dare nulla. Ricordo che dalla primavera ad oggi oltre 400mila profughi hanno attraversato la Slovenia. E’ un problema grave, che se non viene gestito bene, rischia di scatenare un nuovo conflitto balcanico. Bisogna intervenire in tempo, già ai confini della Grecia e della Turchia. Un problema umanitario si sta trasformando in un grave problema politico. I profughi rischiano di arrivare in un’Europa peggiore del Paese che hanno lasciato. Stanno arrivando così velocemente e in tanti, che l’Europa non riuscirà più ad accoglierli. Quando dodici anni fa l’Unione Europea ha accolto dieci nuovi membri ha sbagliato, ha preso molti Paesi tra cui la Slovenia che non meritavano di entrare in questa comunità, perché non avevano ancora chiari i valori da rispettare. E’ quello che sta avvenendo con i Paesi dell’Est che rifiutano la ridistribuzione dei migranti. E’ stato un passo affrettato che oggi stiamo pagando”.
“Il fondo per le vittime di violenza in Italia è destinato solo agli stranieri, per gli italiani invcece no, siamo all’assurdo”. Lo ha detto a Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano, l’Avvocato Massimiliano Santaiti, legale di Chiara Insidioso Monda, massacrata di botte a Roma dal fidanzato Maurizio Falcioni e uscita dal coma dopo molti mesi. “C’è una direttiva comunitaria del 2004 –ha spiegato Santaiti- che impone a tutti gli Stati membri dell’UE di dotarsi di un fondo di garanzia per le vittime di violenza, che non potevano essere risarcite dai loro carnefici in quanto incapienti. Dopo varie condanne, l’Italia ha recepito questa direttiva solo in parte, ovvero solo per la parte relativa ai reati transfrontalieri. Quindi una cittadina tedesca che subisce violenza qui in Italia da una persona incapiente può essere risarcita dallo Stato italiano, mentre una cittadina italiana no. E’ una vergogna tutta italiana. L’Italia è l’unico Paese in Europa a non aver ancora recepito questa direttiva. E’ vero che una sentenza pesante può lenire in qualche modo le sofferenze della vittima di un reato e della sua famiglia, ma è altrettanto vero che queste persone poi rimangono abbandonate a loro stesse. E’ emblematico il fatto di Chiara anche per questo. Lei è l’unica donna vittima di violenza che, scampata alla morte, è rimasta in quelle condizioni. Le altre, o sono morte o si sono rifatte una vita. E’ una ragazza di 21 anni che, una volta uscita dall’ospedale, dovrà andare a stare in una sorta di ospizio, insieme ai malati di Alzheimer. Stiamo cercando di portare avanti questa battaglia, per invitare il Parlamento ad istituire questo fondo a garanzie delle italiane vittime di violenza. L’unico politico che finora ha dimostrato interesse alla nostra richiesta è l’Onorevole Luca D’Alessandro, che ha presentato questo disegno di legge alla Camera, che è in attesa di approvazione”.
Il papà di Chiara aveva provato ad impedire che la ragazza frequentasse Maurizio Falcioni. “Il papà di Chiara –ha spiegato Santaiti- era già preoccupato per la situazione tra lei e il suo fidanzato. Nel settembre del 2013, quando lei aveva 18 anni, Chiara si allontanò da casa e il padre non sapeva dove era andata a finire. Io gli consigliai subito di andare dai carabinieri a sporgere denuncia. I carabinieri la ritrovarono, seguendo il segnale del cellulare. Era andata a stare a casa di Falcioni, che abitava a pochi metri da loro. Tutti lo conoscevano come il balordo del quartiere, un 35enne tossico che viveva di espedienti. I suoi vicini gli avevano detto che Falcioni stava girando intorno a Chiara. Il padre cercò di convincerla che quell’uomo non era adatto a lui. Nascondeva addirittura la chiave nelle mutande, per evitare che Chiara potesse scappare di casa di notte. Anche perché sembra che Chiara gli avesse confidato che Falcioni l’aveva iniziata alla cocaina. Poi il padre la mandò dalla madre a Cerveteri. Ma Falcioni riuscì a ricontattarla. Così il papà di Chiara andò dal padre del Falcioni per cercare di convincerlo a dissuadere il figlio a lasciare stare Chiara. Ma il padre di Falcioni lo derise. Mentre Maurizio Falcioni gli disse: ‘Vedrai che Chiara la riporto qua’. E infatti Chiara a un certo punto sparì da Cerveteri e tornò a casa di Falcioni. Il padre di Chiara tornò dai carabinieri, che però si trovavano con le mani legate perché Chiara era maggiorenne e non c’era alcun reato in atto. Questo evidenza un vuoto legislativo, perché da anni è venuto a mancare il caso di plagio. Ogni giorno ci sono episodi di plagio nella società, però non si può far nulla. La circonvenzione d’incapace è un reato visto solo in funzione del patrimonio. I carabinieri potevano intervenire solo se Chiara avesse dato soldi a Falcioni. Questo vuoto legislativo porta a far sì che non si prevengano certe situazioni”.
Il criminologo Pasquale Ragone, direttore della rivista Cronaca&Dossier e autore della controinchiesta sulla morte di Luigi Tenco (“Le ombre del silenzio”), è intervenuto ai microfoni della trasmissione “La storia oscura”, condotta da Fabio Camillacci su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano (www.unicusano.it), in merito al caso del suicidio del cantautore.
Il cantautore morì a Sanremo il 27 gennaio 1967 e subito si archiviò come suicidio. Da allora troppi dubbi e incongruenze sono emersi, tanto che una richiesta di nuovi accertamenti è stata depositata presso la Procura di Imperia. “Non si trattò di suicidio, ma di omicidio –ha affermato Ragone-. L’arma di Luigi Tenco non ha mai sparato e non è mai entrata sulla scena del crimine. Questo lo sappiamo grazie alla documentazione originale fornita dalla Procura, che abbiamo pubblicato. Secondo noi quell’arma è sempre rimasta in macchina, non è mai entrata nella stanza. Quando la polizia interviene nella stanza, fa un elenco degli oggetti ritrovati nella stanza e non c’è l’arma del cantautore, una Walther PPk 7,65. E non c’era neanche il biglietto attribuito a Tenco. La polizia scientifica, come da richiesta del Procuratore, cerca il bossolo, fa una comparazione balistica e sul bossolo presente sulla scena del crimine ci sono le tracce di una beretta modello 70, invece la scientifica dice che c’è la traccia dell’arma di Tenco. Un’ulteriore prova è stata l’analisi balistica. Con il contributo di uno dei massimi esperti di balistica in tutta Italia, il prof. Martino Farneti, abbiamo evidenziato che i segni presenti sul bossolo non sono compatibili con quelli lasciati da una Walther PPk 7,65”.
“Tenco fu una vittima politica –ha affermato Ragone-. Siamo partiti da una documentazione che riguarda la vita militare del cantature e siamo arrivati a scoprire la presenza di personaggi, legati poi all’eversione di destra, di cui non si conoscevano legami con fatti importanti come il tentato golpe borghese del ’70. Abbiamo scoperto che molti dei nomi ritrovati, legati in qualche modo a Tenco, avrebbero poi avuto a che fare negli anni successivi al tentato golpe borghese. Questi gruppi di malaffare ed eversione erano legati al mondo della musica italiana. Ci saremmo aspettati un interesse maggiore da parte della Procura riguardo questi aspetti”.
E’ singolare l’invito che un parroco di Saonara, in provincia di Padova, ha deciso di rivolgere ai fedeli per ogni venerdì di quaresima.
Don Francesco, a Radio Cusano Campus, l’emittente dell’Università degli Studi Niccolò Cusano, nel corso del format ECG Regione, condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio, ha raccontato qual è la sua sollecitazione penitenziale: “Ogni venerdì di Quaresima invito tutti i fedeli al digiuno da sms, smartphone, chat varie e televisione. Con gli altri bisogna instaurare relazioni reali, concrete, non virtuali“.
Don Francesco va avanti con le motivazioni che lo hanno spinto a creare il no sms day: “Vedo troppi ragazzi, spesso anche qualche bambino, sempre chini su quello schermo, sempre intenti a scrivere sms o a chattare su whatsapp. Così ho pensato a questo tipo di particolare digiuno. Invito alle persone a un dialogo più diretto tra di loro. Serve molto impegno e molta abnegazione per non inviare nemmeno un messaggio durante la giornata. Inoltre invito tutti i fedeli ogni venerdì di Quaresima, a rinunciare alle spese superflue e a non guardare la televisione. Altri aspetti del No sms day. Ci vuole sacrificio“.