“Voglio la verità su Emanuela, non bisogna smettere di indagare per cercare di capire cosa sia accaduto a mia sorella. Era una grande tifosa della Roma. La società giallorossa mi aiuti a sensibilizzare l’opinione pubblica contro l’archiviazione del caso“.
Pietro Orlandi è intervenuto stamattina ai microfoni di Radio Cusano Campus, l’emittente dell’Università degli Studi Niccolò Cusano, nel corso del format ECG Regione, condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio. Vuole la verità su Emanuela, la sorella scomparsa ormai 32 anni fa. E non ha intenzione di arrendersi, nonostante il caso viaggi ormai verso una nuova archiviazione: “Non c’è la prova che sia morta né la prova che sia viva. Voglio la verità su mia sorella“.
Pietro Orlandi, ieri, ha scritto una lettera al Presidente della Repubblica: “Ho scritto a Mattarella che non bisogna mai rassegnarsi alla scomparsa della verità. E’ stata fatta richiesta di archiviazione, ci opporremo in tutti i modi affinché questo caso non sia archiviato. Abbiamo poco tempo, al massimo una ventina di giorni, per impedire che ciò avvenga. La mia idea su cosa sia accaduto a Emanuela? Non lo so. Non c’è mai stata la prova della sua morte, per me è un dovere cercarla viva. La mia speranza è che sia ancora in vita da qualche parte, ma qualunque cosa sia accaduto l’importante è trovare la verità. La verità, non una verità“.
Sull’incontro con Papa Francesco: “Mi disse che mia sorella stava in cielo. Una frase che effettivamente mi fece male ma che mi fece sperare in una collaborazione da parte del Vaticano. Da quel momento, invece, si è alzato di nuovo il muro. Avrei voluto parlare con il Papa e cercare di spiegare le tante motivazioni che mi hanno portato a pensare che nella Santa Sede ci sia qualcuno che non voglia far emergere quanto accaduto“.
Sul rapporto con i servizi segreti: “Vennero a casa nostra pochi giorni dopo la scomparsa di Emanuela. Poi, ufficialmente, non si sono più fatti sentire. Ci sono quotidianamente tantissimi contatti con persone che mi cercano pensando di sapere qualcosa sulla sorte di Emanuela. E’ quasi impossibile raccontare tutte le situazioni in cui ci siamo trovati“.
Su Capaldo, il pm che ha dato l’addio dall’inchiesta: “E’ il dubbio più grande su questa richiesta di archiviazione. Il giudice Pignatone ha preso in mano questa inchiesta solo nel 2012 mentre Capaldo la portava avanti da dieci anni e quindi l’aveva seguita tantissimo. Il fatto stesso che Capaldo si sia fatto da parte la dice lunga su quello che è successo. Capaldo disse che c’erano persone in Vaticano ancora in vita che potevano dare una risposta sulla fine di Emanuela Orlandi, ma nessuno l’ha ascoltato. Hanno fatto morire la cosa lì. Il Vaticano ha ostacolato le indagini, ha impedito che alcuni prelati venissero ascoltati dai magistrati. Pignatone ha seguito le regole, si è attenuto alla procedura. Ha deciso di richiedere l’archiviazione del caso, perché i tanti anni trascorsi non permetterebbero la possibilità di ulteriori indagini e questa è una grande sconfitta per l’Italia e per la giustizia. Non si può cedere il passo a chi non vuole che la verità emerga. Qualcuno sa cosa è successo, ma è una verità che evidentemente non può uscire. 32 anni di indagini senza alcun passo in avanti sono una cosa assurda da accettare. Qualcuno trema all’idea che Emanuela Orlandi sia ancora viva“.
Nel 1993, racconta Pietro Orlandi, tutti furono convinti di aver trovato Emanuela: “Nel 1993 eravamo convinti di aver ritrovato Emanuela. Siamo andati in Lussemburgo in un convento convinti di andare a prendere mia sorella per riportarla a casa. Ci erano arrivate delle foto di una ragazza all’interno di un convento. Le caratteristiche della persona fotografata ricordavano tantissimo Emanuela, anche i magistrati e la polizia erano convinti di averla ritrovati. Andammo in Lussemburgo con il magistrato e il capo della Polizia, io le avevo fatto anche un regalo, mi ero fatto mentalmente un film del nostro ritorno a casa. Una volta arrivati il capo della mobile telefonò ad alcuni giornalisti dicendogli di prepararsi, che saremmo tornati a casa con Emanuela. Poi mia madre vide la ragazza e capì che purtroppo non era Emanuela. Quella fu una botta tremenda. Forse il momento peggiore e più triste di tutta la vicenda“.
Un appello alla Roma al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica per non far archiviare il caso: “Noi abbiamo lanciato una petizione per dire no all’archiviazione e si può aderire dal sito dedicato ad Emanuela Orlandi. Il 14 giugno ci sarà una manifestazione, per portare in piazza anche tutti quei parenti di persone scomparse che si trovano in una situazione di dolore simile alla mia ma sono totalmente abbandonate dalle istituzioni e dai media. Emanuela era una grande tifosa della Roma. La fascetta che aveva in testa, in quella famosa foto che la ritrae, è giallorossa. Sarebbe bellissimo che la Roma potesse creare o fare qualcosa per sensibilizzare l’opinione pubblica affinché questa inchiesta non venga archiviata. Il sogno di Emanuela è sempre stato quello di andare un giorno allo stadio in Curva Sud, un’azione da parte della Roma sarebbe una grande cosa per utilizzare il calcio al fine di veicolare un messaggio importante. Mi piacerebbe tantissimo. Sarebbe una cosa molto bella“.
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Renzi non può governare a colpi di maggioranza. No al partito della nazione, è giusto che il Pd sia plurale. Il disagio della piazza non va ignorato“. Lo ha detto l’On.
Francesco LaForgia (PD) ai microfoni della trasmissione “Ho scelto Cusano”, condotta da Gianluca Fabi, su
Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano.
“L’uscita dal partito di Civati dispiace dal punto di vista umano e politico -ha affermato LaForgia-. Il Pd corre lo stesso rischio che corre il sistema politico con l’Italicum, ovvero quello di piegarsi alla volontà del più forte. Nel breve periodo il decisionismo di Renzi può produrre risultati, ma a lungo andare crea ferite insanabili che non fanno bene al Pd così come al Paese. I processi decisionali devono avvenire tenendo unito il partito, non dividendolo. Riconosco la forza, la capacità e l’energia di Renzi e non ho nostalgia per i vecchi leader del centrosinistra. Però vuoi governare un partito come il Pd e un grande Paese come l’Italia, non puoi farlo a colpi di maggioranza e reprimendo il dissenso. Non si può ignorare il disagio delle piazze, come è accaduto nel caso degli insegnanti. Se Renzi ha in testa il Partito della Nazione, questo snaturerebbe il Pd, che è giusto abbia al suo interno una pluralità di opinioni“.
Stefano Fassina, deputato del Partito Democratico, è intervenuto questa mattina ai microfoni di Radio Cusano Campus, l’emittente dell’Università degli Studi Niccolò Cusano, nel corso del format ECG Regione, con Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio, e ha fatto chiarezza sul suo prossimo, probabile, addio al Pd: “In queste settimane sono totalmente concentrato per cercare di correggere l’intervento sulla scuola, che è molto negativo per i nostri istituti e per tantissimi insegnanti precari. Questo assolve tutte le mie energie. C’è una riflessione in corso, quello che è successo col jobs act prima e sulla scuola poi è il tracciato di un percorso che per me è insostenibile“.
Fassina non è convinto che Renzi e il Governo possano aprire un dialogo sul tema scuola: “Fino a questo momento c’è stata una risposta formale, in parte di irrisione e in parte di apertura che non ha portato a modifiche sostanziali del ddl, chiuso in commissione cultura alla camera sabato notte e che giovedì arriverà in aula. Purtroppo temo che non ci siano sostanziali modifiche all’orizzonte“.
Sulle dichiarazioni del Ministro Boschi sulla scuola e i sindacati: “Entrano nella categoria irrisione. La ministra non ha voluto prendere atto che 618.000 tra insegnanti e tecnici della scuola hanno rinunciato ad una giornata di magro stipendio per manifestare al seguito di un’idea di un’altra scuola. Non erano burocrati del sindacato, erano lavoratori“. Sul Partito Democratico: “Il Jobs Act è la proposta liberista che la destra ha sempre portato avanti e l’idea di democrazia che viene fuori dalla legge elettorale è un’idea di democrazia plebiscitaria, tutte cose che con un impianto ideologico di sinistra sono poco coerenti“.
Su Civati: “Ciascuno di noi fa le proprie valutazioni e raggiunge un proprio livello di insostenibilità. Capisco e rispetto la sua scelta e sono sicuro che davanti ad altri spostamenti e ad altre scelte sarà il primo a disposizione per fare percorsi unitari“. Un giudizio sul Governo: “E’ dentro la ricetta tedesca sull’economia, con scarsissima autonomia e con una sostanziale difficoltà a rispondere alle sfide del Paese“.
FI, PALOZZI -LELI (FI):” PASERO NON È IL COORDINATORE FI DEL XV MUNICIPIO. BORDONI CHIARISCA”
“Apprendiamo da fonti di stampa che il signor Cristiano Pasero, ex consigliere municipale attualmente non in carica, continua a sfornare note stampa firmandosi coordinatore FI del XV Municipio, senza alcuna nomina ufficiale da parte del coordinatore romano Davide Bordoni, il quale, vista l’importanza dell’incarico e nell’attesa di convergere su un’unica persona per il coordinamento del Municipio, ha indossato egli stesso ad interim l’incarico di segretario di questa municipalità. Crediamo che non siano questi i modi per creare unità nel territorio più rappresentativo del centrodestra romano, piuttosto questo è il modo per autoescludersi dal progetto di rinnovamento già iniziato dal nostro partito. Chiediamo, pertanto, chiarezza da parte dell’unica persona autorizzata ad assegnare nomine nel territorio capitolino, Davide Bordoni appunto, affinché finiscano queste manie di protagonismo e non si presenti il partito davanti alla stampa e, soprattutto, ai nostri elettori, come una mandria di ‘cavalli pazzi’ a briglie sciolte, pronti a scalciare alla prima occasione in cerca di quella visibilità che, forse, non hanno mai avuto“. Così in una nota il coordinatore FI per la Provincia di Roma, Adriano Palozzi, e il presidente del Circolo FI XV Municipio, Vincenzo Leli.
FIUMICINO, PALOZZI (FI): “ISTITUZIONI ASCOLTINO LAVORATORI AEROPORTO”
“Voglio esprimere pieno sostegno ai lavoratori dell’indotto dell’Aeroporto di Fiumicino, questa mattina in sciopero per chiedere verifiche concrete e tempestive sulla sicurezza dei luoghi di lavoro nel primo scalo romano. Si tratta di richieste sacrosante e improcrastinabili, che le istituzioni competenti non possono e non devono sottovalutare. In ballo c’è il diritto alla salute di centinaia di professionisti del Leonardo Da Vinci, preoccupati delle ripercussioni del rogo, che ha recentemente devastato il Terminal 3. Per questa ragione servono interventi immediati da parte di Ministero, Enac e Adr, tesi a rassicurare gli animi sull’effettiva salubrità dei locali siti all’interno dell’aeroporto di Fiumicino”. Così il consigliere regionale FI e vicepresidente commissione Ambiente e Mobilità, Adriano Palozzi.