E’ un dato di fatto che ogni volta che si va a toccare la localizzazione del poligono di tiro militare di Sabaudia, in area a tutela integrale, in pieno Parco Nazionale del Circeo, unico caso in tutta Europa, e le sue devastanti ripercussioni sotto il profilo ambientale e naturalistico le reazioni diventano aggressive e scomposte.
La chiusura mentale di alcuni soggetti, associazioni ambientaliste comprese, sull’argomento sta creando, a mio avviso, più danni di quanto non ne stia facendo l’utilizzo del poligono stesso in quanto impedisce ogni azione tendente a far sedere intorno allo stesso tavolo tutti gli Enti interessati per trovare, senza isterismi e prevaricazioni, soluzioni in grado di soddisfare esigenze diverse. A chi dispone dell’ unico argomento che esistono norme che legittimano il sito è facile replicare che persino la Costituzione della Repubblica Italiana è modificabile e che la sensibilità per le questioni ambientali fortunatamente è cambiata non poco rispetto al passato.
La vicenda del poligono di tiro militare di Sabaudia fu da me sollevata nel novembre 2008 con il risultato che la semplice considerazione della stridente contraddizione dovuta al permanere di un poligono di tiro all’interno di un Parco Nazionale e in un’area di grande pregio ambientale, la supposizione che il piombo potesse avere un effetto inquinante e la domanda sull’opportunità di aprire un dibattito sul tema scatenarono un putiferio che andava al di là e oltre ogni mia previsione.
Che si andasse a toccare un nervo scoperto era possibile. Che il Parco potesse prenderla male pure. Mi stupii però che l’intervento fosse fatto passare soltanto come una mancanza di rispetto per le forze armate.
Dovetti prendere atto della replica tagliente del Direttore del Parco Nazionale del Circeo che, dopo aver definito nella sua nota integrale l’intervento “carico di sottintesi al limite della querela”, chiarì che tale uso “è previsto dalle norme esistenti” (e ci mancherebbe che non fosse neppure previsto )e che “…in quell’area si mettono i nostri soldati nelle condizioni di saper usare le armi…” chiedendo, naturalmente, anche lui, “rispetto per le forze armate”.
Presi atto
– che “il D.M. Agricoltura e Foreste formulato d’intesa col Ministro della Difesa il 12 febbraio 1979 (che istituisce la riserva naturale dei Pantani dell’Inferno nel Parco Nazionale del Circeo) all’art. 3 prevede che: “è consentito l’accesso alla riserva naturale per motivi comunque inerenti alle attività addestrative e alla vigilanza durante le esercitazioni di addestramento a fuoco nell’adiacente poligono di tiro, […] mentre resta vietata qualsiasi altra attività che non sia riconosciuta necessaria dal Ministero della Difesa. Per quanto riguarda le attività che sono di specifica competenza degli organi del Ministero dell’agricoltura e delle foreste, queste dovranno essere, in ogni caso, subordinate a quelle del Ministro della difesa”;
– che “non è certamente opportuno che un poligono militare sia localizzato in un Parco Nazionale, ed in particolare in una zona umida, ma tale uso è però previsto dalle norme attuali e solo in un ambito di pianificazione generale del territorio -che il Piano del Parco in corso di elaborazione permetterà di affrontare con il dovuto approfondimento- sarà possibile concertare in piena intesa con le autorità militari interessate una soluzione alternativa che possa portare a delocalizzare questa struttura”.
La questione, in sostanza, fu liquidata come disinformazione di chi la poneva e mancanza di rispetto per le Forze Armate.
In quella occasione si apprese tuttavia, dal Direttore del Parco Nazionale, che i tempi potevano essere maturi per “ …..concertare in piena intesa con le autorità militari interessate una soluzione alternativa che possa portare a delocalizzare la struttura”.
Con la discussione del Piano del Parco nel 2012 ritornai sulla questione visto che il documento si era “dimenticato” dell’esistenza di un poligono di tiro e visto che le precedenti note del Parco riportavano che ”il Piano del Parco in corso di elaborazione permetterà di affrontare con il dovuto approfondimento una soluzione alternativa”.
La risposta non tardò ad arrivare. Il Parco parlò di “sceneggiata inutile quanto strumentale” e di aver “accusato l’Ente Parco di non aver previsto col Piano la cancellazione del poligono di tiro” quando anche i bambini sanno che l’Ente Parco non può cancellare il poligono di tiro.Ulteriore risultato fu la mia convocazione presso il Comando dei Carabinieri di Latina per rispondere del contenuto di articoli di stampa concernenti la questione poligono che mi determinò però a fare ulteriori indagini. Si scoprì così che l’attuale poligono di tiro sembrerebbe localizzato in luogo diverso da quello riportato sui documenti ufficiali e addirittura che la duna quaternaria dove si è sparato per decenni e che è stata imbottita di piombo non rientrerebbe nel perimetro del poligono di tiro.
Il Generale Alimenti, comandante della locale caserma di artiglieria, in una nota inviatami nel 2012 descrisse la mia visione del problema come dettata da “preconcetti e condizionamenti politico-sociologici” e “non è obiettiva”. Nota alla quale risposi e che permise un incontro con il Generale nel corso del quale appresi che si stava lavorando, con il contributo del Parco, per una delocalizzazione. Nulla è però successo e nessuno ha risposto ai seguenti interrogativi : è opportuna la presenza di un poligono di tiro militare in pieno Parco Nazionale del Circeo, in area a tutela integrale? Le attività militari che per decenni hanno interessato il sito hanno portato ad un inquinamento da piombo della duna e delle aree circostanti che dovrebbe essere oggetto di bonifica? E’ vero che per decenni le esercitazioni di tiro sono avvenute in un sito che sembrerebbe diverso da quello indicato dai documenti ufficiali come poligono di tiro? La duna quaternaria sulla quale per decenni si è sparato è ricompresa nel perimetro del poligono di tiro?
Il presidente
Dott. Antonio Ciriello