Dott.ssa Alessandra Troncarelli
Assessore politiche sociali, welfare ed enti locali
asspolitichesociali@regione.lazio.it
Gentilissima,
Ho avuto modo di apprezzare il suo impegno e la sua dedizione durante tutto l’iter che ha portato all’approvazione del piano sociale regionale denominato ‘Prendersi cura, un bene comune’.
Abbiamo avuto modo di condividere l’esigenza di creare un piano regolatore regionale delle politiche sociali e del welfare che punti a migliorare il sistema integrato dei servizi e degli interventi sociali e sociosanitari in tutto il territorio in favore delle famiglie, attraverso investimenti per contrastare la povertà, al potenziamento dei servizi domiciliari, alla qualità dell’assistenza garantita con l’introduzione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, ai punti unici di accesso ai diversi servizi, con l’obiettivo primario di renderli certamente più accessibili a tutti.
Purtroppo mi trovo costretto a segnalarle un episodio che merita di essere preso in considerazione, in quanto tocca una criticità del sistema di protezione sociale della nostra regione.
La vicenda in questione è finita alla ribalta della cronaca attraverso un articolo redatto dalla nota giornalista de ‘La Repubblica’ Concita De Gregorio dal titolo “Massimo danno minimo sforzo”, pubblicato nella rubrica ‘Invece Concita-Il luogo delle vostre storie’ in data 8 ottobre.
Maria Luisa D’Alessandro, insegnante 53enne residente a Roma denuncia l’odissea della figlia disabile di 14 anni colpita da paralisi cerebrale spastico-distonica dovuta al parto.
Sfortunatamente la ragazza non può muovere nulla se non gli occhi, tanto da scrivere con lo sguardo attraverso un e-tran (tavoletta di plexiglas trasparente dove è impresso l’alfabeto).
Solamente dopo diversi anni di terapia è ora in grado di masticare.
Il problema posto dalla madre è costituito dal fatto che da circa due anni il centro di riabilitazione al quale si è rivolta per le cure della figlia, le ha chiuso il progetto per limiti d’età.
Un elemento che costringe i familiari della fanciulla a doversi rivolgere ad altre strutture nella speranza di aiuto, senza contare le difficoltà ulteriori rappresentate dalle lunghe liste di attesa.
Nell’articolo sopracitato la signora D’Alessandro afferma che ‘non ci sono fondi sufficienti per tutti i disabili (veri) e ci dicono che la Regione Lazio ha da anni adottato questa politica di esclusione degli adolescenti’.
Nei mesi scorsi ho avuto modo di intervenire a sostegno della creazione di un osservatorio regionale sulle politiche sociali, sottolineando la necessità di un monitoraggio costante sul territorio e auspicando il potenziamento dei servizi, soprattutto sotto il profilo economico.
Anche in virtù di questo ulteriore strumento di controllo, introdotto dall’amministrazione regionale, le chiedo di potersi interessare a questo caso, magari entrando in contatto diretto con la famiglia della 14enne, affinchè si trovi una soluzione positiva alla vicenda e con il chiaro intento di assicurare alla ragazza un accesso rapido alle strutture di riabilitazione della regione.
Ulteriori informazioni e delucidazioni inerenti a questo spiacevole caso sono comunque inserite nell’articolo di stampa che le allego a margine di questa missiva.
Confidando nella sua disponibilità a fornire con rapidità quanto sopra richiesto, considerata anche la delicatezza del tema trattato, resto in attesa di cortese cenno di riscontro.
Cordiali saluti
Giuseppe Simeone