Il Tar del Lazio ha dichiarat inammissibile il ricorso con il quale il gruppo consiliare regionale del Movimento 5 Stelle contestava la nomina di Riccardo Casilli a Commissario straordinario dell’Ipab Istituto Romano San Michele di Roma. A firmare il ricorso erano il capogruppo regionale pentastellato Silvia Blasi, e i consiglieri regionali Valentina Corrado, Silvana Denicolo’, Davide Barillari, Gaia Pernarella, Gianluca Perilli e Devid Porrello. Censuravano il decreto con il quale il 4 marzo scorso fu nominato Casilli, sostenendo che lo stesso avrebbe attribuito in capo a un medesimo soggetto i poteri di indirizzo politico e di gestione amministrativa in violazione del principio di separazione di tali poteri sancito dalle disposizioni contenute nello statuto dell’Ente. Il Tar ha ritenuto suscettibile di accoglimento l’eccezione di inammissibilita’ opposta dalla Regione Lazio. Per i giudici amministrativi, la controversia “che oppone i componenti di una rappresentanza politica eletta in consiglio regionale ad organi dello stesso Ente di riferimento, riguardando un conflitto tra organi o componenti di organi dello stesso ente – si legge nella sentenza – non possa trovare la sua soluzione nell’ambito del giudizio amministrativo che e’ la sede per dirimere sul piano giurisdizionale le controversie ed i conflitti intersoggettivi di differente natura o che traggano origine da provvedimenti amministrativi pregiudizievoli delle prerogative dei diritti o delle facolta’ riconosciute dalla legge alle cariche elettive, nel caso di specie non rinvenibili”. Il provvedimento regionale contestato, quindi, “non limitando in alcun modo i poteri di controllo o di sindacato propri dell’ufficio di consigliere regionale, non fa sorgere in capo ai ricorrenti, anche se considerati quali meri cittadini eletti o elettori della Regione Lazio, alcuna legittimazione attiva in ragione della carenza di un interesse diretto, concreto ed attuale con la situazione giuridica soggettiva che si assume lesa”. Pertanto, il ricorso e’ stato dichiarato “inammissibile per carenza di legittimazione attiva dei ricorrenti”.